17 Febbraio 2011

DIO E LA MATEMATICA

Filed under: Divertenti,PRESENTAZIONI — giacomo.campanile @ 09:54
Sette sono i cieli dell’antichità, ciascuno corrispondente a una sfera dei pianeti visibili (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno) più il Sole e la Luna.

Sette è un numero biblico, è il numero della creazione.

Sette sono i peccati capitali.

Sette sono le virtù:tre teologali (fede, speranza, carità) e quattro cardinali (giustizia, temperanza, prudenza, fortezza).

Sette sono i doni dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio.

Sette sono i sacramenti: battesimo, cresima (o confermazione), eucaristia, penitenza, unzione dei malati, ordine sacro, matrimonio. COMMENTA QUESTA RICERCA.

11 Febbraio 2011

Beata Vergine Maria di Lourdes

Filed under: articoli,Religione,SANTI — giacomo.campanile @ 12:15

Beata Vergine Maria di Lourdes. Religione e devozione popolare.

Beata Vergine Maria di Lourdes


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È l’ora che pia. Inno di Lourdes

Apparizione e miracolo dell’acqua video

Le impressioni a caldo dopo il bagno a Lourdes di Daniele Bossari

Collevalenza, la Piccola Lourdes di Madre Speranza

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IN CHE ANNO CI FURONO LE APPARIZIONI DI LOURDES?

CHI ERA Maria Bernarda Soubirous?

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Maria Bernarda Soubirous, ebbe le apparizioni della Vergine Maria (11 febbraio – 16 luglio 1858) alla grotta di Massabielle.

Lourdes accoglie ogni anno 5 milioni di visitatori provenienti da ogni parte del mondo. Il messaggio di Lourdes consiste nel richiamo alla conversione, alla preghiera, alla carità.

la giovane Bernadette Soubirous, contadina quattordicenne del luogo, riferì di aver assistito a diciotto apparizioni di una “bella Signora” in una grotta poco distante dal piccolo sobborgo di Massabielle.

La giovane affermò: « Io scorsi una signora vestita di bianco. Indossava un abito bianco, un velo bianco, una cintura blu ed una rosa gialla sui piedi »La Signora aveva l’aspetto di una giovane di sedici o diciassette anni. Dal braccio le pendeva un grande rosario dai grani bianchi, legati da una catenella d’oro.

La Vergine sorride al gesto di Bernadette e non dice nulla. Il 18 febbraio, finalmente, la Signora parla. “Non vi prometto di farvi felice in questo mondo – le dice – , ma nell’altro. Volete farmi la cortesia di venire qui per quindici giorni?”. La Signora, quindi, confida a Bernadette tre segreti che la giovane deve tenere per sé e non rivelare mai a nessuno. Nell’apparizione del 24 febbraio la Madonna ripete per tre volte la parola “Penitenza”. Ed esorta: “Pregate per i peccatori”.

Il giorno seguente, la Signora dice a Bernadette di andare alla fonte a lavarsi e a bere. Ma non c’erano fonti in quel luogo, né sorgenti. La Signora allora indica un punto esatto. Bernadette vi si reca e poiché non vede l’acqua comincia a scavare con le sue mani, impiastricciandosi la faccia e mangiando fili d’erba… Da quella piccola buca scavata nella terra dalle mani di Bernadette, cominciava a scorrere acqua in abbondanza. Un cieco si bagnò gli occhi con quell’acqua e riacquistò la vista all’istante.

Da allora la sorgente non ha mai cessato di sgorgare. E’ l’acqua di Lourdes, che prodigiosamente guarisce ancora oggi ogni sorta di mali, spirituali e fisici, e senza minimamente diffondere il contagio delle migliaia di malati immersi nelle piscine.

Ma un fatto ancora più eclatante doveva verificarsi, dopo il miracolo della sorgente, per avvalorare come soprannaturali le apparizioni di Massabielle. La Signora aveva chiesto a Bernadette che i sacerdoti si portassero lì in processione e che si costruisse una cappella. L’abate Peyramale, però, parroco di Lourdes, non ne voleva sapere e chiese perciò a Bernadette un segno irrefutabile: qual era il nome della bella Signora che le appariva alla grotta?

Nell’apparizione del 25 marzo 1858, la Signora rivelo il suo nome. Alla domanda di Bernadette, nel dialetto locale rispose: “Que soy era Immaculada Councepciou…” (Io sono l’Immacolata Concezione). Quattro anni prima, Papa Pio IX aveva dichiarato l’Immacolata Concezione di Maria un dogma, ma questo Bernadette non poteva saperlo.

Il riconoscimento ufficiale delle apparizioni può procedere speditamente, fino alla lettera pastorale firmata nel 1862 dal vescovo di Tarbes consacrava per sempre Lourdes alla sua vocazione di santuario mariano internazionale. Si calcola che oltre settecento milioni di persone abbiano visitato Lourdes.

Ricordo che Alexis Carrel premio nobel per la medicina del 1912 accompagnò una sua paziente terminale a Lourdes che guarì sotto i suoi occhi. Carrel era ateo. Ci mise tre anni a riconoscere nel fatto un miracolo e a convertirsi.

redazione@vivereroma.org

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10 Febbraio 2011

Il santo del giorno: Santa Scolastica

Filed under: articoli,MONACHESIMO,Religione,SANTI — giacomo.campanile @ 12:17
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Santa Scolastica (Norcia, 480 – Piumarola frazione di Villa Santa Lucia, 547) è stata una religiosa italiana. Venerata come santa vergine dalla Chiesa Cattolica, dalla Chiesa ortodossa e dalla Chiesa anglicana, è la fondatrice e patrona dell’ordine cattolico delle benedettine.
RISPONDETE PER L’OTTIMO
CHI ERA SANTA SCOLASTICA?
DOVE FU SEPPELLITA?
Sorella (forse gemella) di Benedetto da Norcia, si consacrò a Dio giovanissima e fu sempre vicina al fratello: prima a Subiaco, poi a Cassino, dove fondò un monastero ai piedi del monte. Della sua vita si conoscono solo poche vicende agiografiche narrate nel secondo Libro dei Dialoghi di papa Gregorio Magno.
I due fratelli si incontravano una volta all’anno in una casa a metà strada tra i due monasteri. Gregorio racconta che in uno di questi incontri, poco prima della sua morte, Scolastica chiese al fratello di protrarre il colloquio spirituale fino al mattino seguente, ma Benedetto si oppose per non infrangere la regola. Allora Scolastica implorò il Signore di non far partire il fratello e subito scoppiò un violento temporale che costrinse Benedetto a rimanere tutta la notte. Gregorio conclude la narrazione dell’episodio affermando: «Poté di più, colei che più amò».
Ancora Gregorio narra che Benedetto, avuta notizia della morte della sorella “da un segno divino”, la seppellì nella tomba dove anch’egli fu sepolto, poco più tardi: «come la mente loro sempre era stata unita in Dio, nel medesimo modo li corpi furono congiunti in uno stesso sepolcro».
Le reliquie di Scolastica e Benedetto sono conservate sotto l’altare maggiore della basilica di Montecassino.
di Giacomo Campanile
redazione@vivereroma.org
Questo è un Articolo pubblicato sul giornale del 10/02/2011

9 Febbraio 2011

Teologia della morte di Dio. teologia radicale

Filed under: LEZIONI DI RELIGIONE,Religione — giacomo.campanile @ 12:37

William Hamilton e la morte
di Dio
È incredibile che un professore di teologia come William
Hamilton (1924-2012), dicesse negli anni Sessanta che
la teologia era morta, soprattutto in un paese materialista
come gli Stati Uniti, l’erede più radicale della riforma
luterana. Bisogna proprio dire che gli anni Sessanta e
Settanta sono stati tra i più significativi dal dopoguerra
ad oggi.

Nel testo che andremo a esaminare, La teologia radicale e
la morte di Dio (ed. Feltrinelli, Milano 1981), scritto con
Thomas Altizer, tre suoi articoli sono molto eloquenti in
proposito, anche se il suo testo più importante fu La nuova
essenza del cristianesimo (ed. Queriniana, Brescia 1969, ma
si veda anche a cura di R. Gibellini, Antologia del
Novecento teologico, ed. Queriniana, Brescia 2011).

Per questo docente del seminario di Colgate-Rochester (Usa)
non era morta solo la teologia (dogmatica), ma anche
la Chiesa (istituzionale), la Bibbia (come strumento di
lettura popolare), il cristianesimo in generale (che andava
ogni volta riattualizzato per renderlo credibile) e persino
il concetto di “Dio” (che all’uomo moderno non dice
più nulla): tutti morti sotto il peso di un irreversibile e
imponente progresso tecnico-scientifico e consumistico.

Al teologo non resta che utilizzare il linguaggio laicizzato
del mondo contemporaneo per riuscire a farsi capire.
Difficile trovare, nello stesso periodo, una radicalità del
genere in Europa occidentale, benché lui stesso dica che
i teologi della morte di Dio avevano tratto ispirazione da alcune opere di Hegel,
Feuerbach (di cui apprezzavano la riduzione della teologia in antropologia),
Nietzsche,Dostoevskij, ecc.

In particolare Hamilton sostiene che la
prima opera di teologia secolare, in area britannica, fu pubblicata nel
1956 da Ronald G. Smith, The New Man, ma ritiene che il movimento americano
della teologia della morte di Dio abbia preso le mosse dall’opera del
vescovo anglicano John A. T. Robinson, Honest to God
(Lealtà verso Dio), del 1963, con cui veniva rifiutato il teismo oggettivato.

In Europa occidentale, restando nell’ambito della teologia, si era arrivati ad accettare la demitologizzazione dell’esegeta Bultmann, oppure si tendeva
ad associare il cristianesimo col socialismo. Se qualcuno
fosse arrivato ai livelli di autoconsapevolezza dei teologi
americani, avrebbe fatto presto a uscire dalla Chiesa e a
impegnarsi in tutt’altra direzione.

Infatti quel che non si capisce nell’atteggiamento di
Hamilton è l’idea di voler tenere “due maschere”:
una “moderatamente devota, zelante e seria, ed è quella che
si mette quando insegna e durante il suo lavoro
ecclesiastico. L’altra è moderatamente mondana, e la mette
per i contatti coi suoi amici laici e nella vita comune.

Qualche volta, deliberatamente, scambia le maschere e
indossa la maschera mondana durante un sermone o una
conferenza o nei discorsi coi parrocchiani. Ciò diventa
causa di innocuo divertimento…” (p. 107).
Ci pare molto difficile che un soggetto del genere avrebbe
potuto insegnare in un istituto religioso di un
qualunque paese europeo.

Le autorità ecclesiastiche di qualsivoglia Confessione, preoccupate per la fede dei
propri adepti, non avrebbero visto in tale dicotomia esistenziale alcun “innocuo divertimento”. Dunque, già negli anni Sessanta Hamilton rifletteva una
crisi di valori religiosi molto forte negli Stati Uniti.

Tuttavia, egli, invece di combatterla assumendo una
posizione contro il sistema borghese o cristiano-borghese,
responsabile di quella crisi, rifiutando cioè, pur
nell’accettazione di una concezione laicistica della vita,
lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla natura,
preferiva dire che se doveva avere un modello da seguire,
avrebbe scelto Dietrich Bonhoeffer, che l’Europa
occidentale – secondo lui – aveva abbandonato come “guida
teologica” (p. 110).
Lottare contro il sistema per lui voleva dire assumere una
posizione da sconfitto o, se si preferisce, da “martire”:
“il suo fragile, bisogno d’amore ha qualche cosa in comune
con l’amore della Croce” (ib.). Indubbiamente molto
kierkegaardiano in questa scelta di vita.
Davvero quindi la teologia della morte di Dio non aveva
fatto altro che portare alle conseguenze più logiche
le riflessioni dei grandi filosofi atei dell’Europa
occidentale?

Noi diciamo che tale consequenzialità è
possibile rinvenirla solo nelle opere di Marx ed Engels, i
quali avevano saputo unire l’ateismo col socialismo. Sotto
quest’aspetto neppure la riduzione dell’idealismo hegeliano
al materialismo naturalistico, compiuta da Feuerbach,
poteva essere considerata sufficiente.

La filosofia borghese ha eliminato la teologia cristiana, ma
una rivoluzione socialista, come p. es. quella dell’Ottobre
russo, aveva avuto la pretesa di superare la stessa
filosofia borghese.

Viceversa, i teologi radicali, rifiutando il nesso
strategico di ateismo e socialismo, finivano con fare della
sofferenza causata dall’antagonismo sociale ed economico un
male invincibile e, in fondo, del tutto incomprensibile.

La loro è stata la classica dimostrazione che non
basta dirsi atei per riuscire ad affrontare meglio le
contraddizioni del presente.
Il sistema va politicamente rovesciato. Senonché questo non
è mai stato un obiettivo di Hamilton, che vedeva nel
Cristo soltanto un “servo sofferente”, totalmente privo di
alcuna strategia eversiva: un Cristo che soccombe alle
figure simboliche di Oreste o Prospero, i quali non hanno
un rapporto travagliato col proprio padre (come Edipo e
Amleto), ma anzi vivono come se non esistesse alcun padre,
e non si lasciano determinare da forze
imponderabili, ma anzi si affidano totalmente alla loro
volontà, che non è certo una volontà democratica.
Nota
1 Oltre ad Hamilton e Altizer vanno annoverati Gabriel
Vahanian e Paul van Buren, ma anche il teologo battista
Harvey
Cox, che difendeva la teologia della liberazione,
simpatizz

8 Febbraio 2011

LODE AL SIGNORE. TESTO E MUSICA GIACOMO CAMPANILE

Filed under: CANTI RELIGIOSI,Musica,Video — giacomo.campanile @ 11:30

LODE LODE LODE

LODE AL SIGNORE

CANTA CANTA CANTA

CANTA AL SIGNORE

AMA AMA AMA IL SIGNORE

AMA IL SIGNORE

PACE PACE PACE

PACE E’ IL SIGNORE

GIOIA GIOIA GIOIA

GIOIA E’ IL SIGNORE

LA LISTA D’ORO. ESERCITAZIONE

Filed under: LEZIONI DI RELIGIONE — giacomo.campanile @ 11:27

LA LISTA D’ORO. ESERCITAZIONE
L’ultima ricchezza, il film 2013 diretto da Michael Landon Jr.

LA LISTA D’ORO. ESERCITAZIONE


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Lui ci ha dato. canto

Laudato sii mi Signore di S.Francesco

L'immagine può contenere: il seguente testo "La lista d'oro. Ogni giorno Elenca dieci cose per cui devi lodare il Signore"

L’ultima ricchezza, il film 2013 diretto da Michael Landon Jr., narra le vicende di un cinico milionario abituato ad avere sempre tutto dalla vita.

Dopo l’ultimo viaggio in cui ha dovuto affrontare le 12 faticose prove imposte da suo nonno per giungere al misterioso “ultimo regalo”, Jason (Logan Bartholomew) è riuscito contro ogni pronostico a portare a termine la missione, a ereditare la società multimilionaria e a imparare una lezione per la vita che l’ha reso un uomo migliore.
Tuttavia, il denaro ricevuto ha scatenato intorno a lui gelosie e invidie da parte di alcuni membri della sua famiglia, che vogliono più di ogni cosa entrare in possesso del patrimonio.

Come se non bastasse, la situazione complicata, la causa in corso, i suoi beni confiscati e le varie responsabilità che gli gravano sulle spalle, gli hanno fatto perdere completamente di vista la sua relazione con Alexia (Ali Hillis).

Quando la donna lo lascia e va ad Haiti per lavoro, Jason si rende conto di aver sbagliato totalmente a stilare la sua scala di priorità.
Confuso, cerca istintivamente consiglio nel migliore amico di suo nonno, dal quale riceve un diario in cui il suo progenitore ha descritto la storia della sua incredibile ascesa.

Ripercorrendo, pagina dopo pagina, gli episodi della sua magnifica vita, Jason comprende finalmente quale sia il suo destino e cos’è che davvero conta nella sua esistenza

Lui ci ha dato i cieli

Non so proprio cosa far per ringraziare il mio Signor:

ci ha dato i cieli da guardar e tanta gioia dentro il cuor.

Rit. Lui ci ha dato i cieli da guardar.

Lui ci ha dato la bocca per cantar. Lui ci ha dato il mondo per amar e tanta gioia dentro il cuor.

Si è chinato su di noi, ed è disceso giù dal ciel per abitare in mezzo a noi e per salvare tutti noi.

E quando un di con Lui sarem, nella sua casa abiterem nella sua casa tutta d’or con tanta gioia dentro il cuor.

“Soul”: il film della Disney è l’odissea di un’anima

Filed under: LEZIONI DI RELIGIONE,Musica,Video — giacomo.campanile @ 11:26

recensione

Joe Gardner è un uomo maturo, eppure sente che la sua vita non è mai veramente cominciata. Appassionato pianista di jazz, aspetta la grande occasione mentre insegna musica in una scuola media e suona quando capita nei locali notturni, facendo preoccupare la madre che vorrebbe per lui le garanzie del posto fisso.

Il giorno in cui passa l’audizione per debuttare con un famoso quartetto, Joe sente finalmente di avercela fatta, ma cade in un tombino scoperchiato e la sua anima si ritrova in uno strano luogo, mentre il suo corpo giace in un letto d’ospedale. Determinato a non morire proprio ora, Joe imbroglia le carte e stringe un patto salvavita con un’inquieta giovane anima, la numero 22.

22 non vuole vivere, e Joe non vuole morire. Le due cose ci sembrano spesso accadere per caso o per destino, e se invece, in entrambi i casi, ci fosse bisogno della giusta preparazione?

Pete Docter è l’uomo della Pixar con una specializzazione nei cosiddetti massimi sistemi, e con Soul mira dritto al punto più alto. Le invenzioni grafiche e visive, le ambientazioni fantasiose, il geniale utilizzo del personaggio del gatto, faranno sognare anche i bambini, ma non c’è dubbio che lo spettatore ideale di questo film sia uno spettatore adulto, anche se la soluzione finale del rebus non può prescindere dalla relazione affettiva con la sua giovanissima spalla.

Il coraggio e l’avventura di Coco, che già ci aveva fatto viaggiare con originale fluidità tra Aldiqua e Aldilà, la precisione psicologica di Inside Out, che ci aveva avvicinato ad un altro tipo di viaggio, psichico e analitico, e una nuova frontiera del disegno digitale, per cui gli esseri umani non sono mai stati così vicino al vero, sono alcuni tra gli ingredienti più evidenti di quello che potremmo definire il La vita è meravigliosa della Pixar: un film in cui l’apparente semplicità del messaggio finale è superata dalla complessità narrativa e cinematografica del percorso.

Come per il jazz, nel quale, spiega Joe, “la musica è una scusa per tirare fuori quello che hai dentro”, così le finestre che il film apre sul “Grande Oltre” e sul “Grande Prima”, e cioè gli argomenti più altisonanti e liminali, sono una scusa per guardare con rinnovata attenzione al nostro piccolo grande “Adesso” e, nel caso di 22 – che incarna un punto di vista preadolescente – per superare l’ansia da prestazione esistenziale e imparare a vedere la vita nella sua straordinaria quotidianità, come una pizza dal gusto irresistibile.

4 Febbraio 2011

Prologo Vangelo di Giovanni in greco

Filed under: LEZIONI DI RELIGIONE,Religione — giacomo.campanile @ 21:41

Prologo Giovanneo in greco

Carissimi studenti rispondete a queste due domande:

1. Quali sono i tre apostoli prediletti di Gesù?

2. Quali sono i quattro evangelisti e quali sono i simboli ? lode gioia

 

Il Prologo o Inno al Logos

 

1 Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος,καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν,
καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος.
2 οὗτος ἦν ἐν ἀρχῇ πρὸς τὸν θεόν.
3 πάντα δι’ αὐτοῦ ἐγένετο,
καὶ χωρὶς αὐτοῦ ἐγένετο οὐδὲ ἕν. ὃ γέγονεν
4 ἐν αὐτῷ ζωὴ ἦν, καὶ ἡ ζωὴ ἦν τὸ φῶς τῶν ἀνθρώπων·
5 καὶ τὸ φῶς ἐν τῇ σκοτίᾳ φαίνει,
καὶ ἡ σκοτία αὐτὸ οὐ κατέλαβεν.(Dal vangelo secondo Giovanni 1,1-5)

“Inno al Logos

« In principio era il Logose il Logos era presso Dio
e il Logos era Dio
Questi era in principio presso Dio.Tutto è venuto ad essere
per mezzo di Lui,
e senza di Lui
nulla è venuto ad essere
di ciò che esiste.In Lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini
e questa luce splende ancora nelle tenebre
poiché le tenebre non riuscirono ad offuscarla. »   (Giovanni 1,1-5)

 

Nel Prologo del Vangelo di Giovanni il segreto della vita - Laboratorio Casa della Vita

 

Inno al Logos

  Inítium sancti Evangélii secúndum Ioánnem.

R/. Glória tibi, Dómine.

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio – LetteraG

Congiunte le mani, prosegue:

In princípio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum.

Hoc erat in princípio apud Deum. Ómnia per ipsum facta sunt: et sine ipso factum est nihil, quod factum est: in ipso vita erat, et vita erat lux hóminum: et lux in ténebris lucet, et ténebræ eam non comprehendérunt.

Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Ioánnes. Hic venit in testimónium, ut testimónium perhibéret de lúmine, ut ómnes créderent per illum. Non erat ille lux, sed ut testimónium perhibéret de lúmine.

Erat lux vera, quæ illúminat ómnem hóminem veniéntem in hunc mundum. In mundo erat, et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognóvit.

In própria vénit, et sui eum non recepérunt. Quotquot autem recepérunt eum, dedit eis potestátem fílios Dei fíeri, his qui crédunt in nómine eius: qui non ex sanguínibus, neque ex voluntáte carnis, neque ex voluntáte viri, sed ex Deo nati sunt.

 Et Verbum caro factum est , et habitávit in nobis; et vídimus glóriam eius, glóriam quasi Unigéniti a Patre, plenum grátiæ et veritátis.

R/. – Deo grátias.

« In principio, c’era colui che è “la Parola”.
la Parola era con Dio,
la Parola era Dio.
Egli era al principio con Dio.Per mezzo di lui Dio ha creato ogni cosa.
Senza di lui non ha creato nulla.Egli era la vita
e la vita era luce per gli uomini.
Quella luce risplende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta. »   (Giovanni 1,1-5

Antropologia filosofica A.A - ppt scaricare

La principale tematica trattata da Giovanni è senza alcun dubbio la sua originale concezione ebraico ellenistica del Messia identificato con il logos che per Giovanni è paragonabile a quell’archè che a partire da cinque secoli prima i fondatori della filosofia già trattarono prima di lui e che videro di volta in volta identificato nell’acqua (Talete), nell’ápeiron (Anassimandro), l’aria (Anassimene), il fuoco o il logos nella concezione propria di Eraclito, il numero (Pitagora), il dio-tutto di Senofane o ancora l’Essere di Parmenide, l’amore e l’odio nella concezione propria di Anassagora, il movimento degli atomi in Democrito o infine il mondo delle idee di Platone fino ad arrivare appena tre secoli prima del Logos Giovanneo al motore che nella concezione propria di Aristotele pur essendo immobile tutto muove.

Così Giovanni con questa sua originale concezione del Cristo costituisce anche un ponte tra due mondi culturali e civiltà diverse: quella ebraica e quella greca.

Con pochi tratti grazie alla sua estrema capacità di sintesi traccia la storia dell’intero universo a partire proprio dal logos che era in principio nel proverbiale “Prologo” del suo vangelo.

E qui non manca di precisare che questo logos è quel messia già annunziato dagli antichi profeti di Israele, e questo messia è il cristo che senza rimanere nel vago chiama per così dire con nome e cognome: Gesù di Nazareth, più noto come maestro delle scritture di cui egli stesso è stato allievo, facente parte del suo entourage più stretto tra i numerosi apostoli e discepoli.

E ancora, allorché i suoi amici cristiani con un più marcato orientamento gnostico opteranno per una interpretazione più disincarnata e astratta del logos che era in principio egli ribadirà fermo e irremovibile contro questa concezione astratta la sua concezione del logos che era in principio fatto di corpo e sangue. Per Giovanni infatti il mistero dell’incarnazione del logos che era in principio non è un mistero in quanto anche lui in un certo senso come i moderni scienziati legati all’esperienza dei sensi dirà quasi omologandosi ad un empirista radicale: non vi parlo di astrazioni ma di..”ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi,ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato”..”la vita si è fatta visibile”.

In una parola così si firma alla fine del resoconto della sua esperienza diretta e vivente del Logos: io, Giovanni, “il testimone”, come più semplicemente amava essere chiamato (Prima lettera di Giovanni).

Anni dopo e a partire da San Girolamo l’utilizzo che Giovanni fa del termine “Logos” viene reso con la traduzione in latino “Verbum”; da allora anche in italiano per lo più il concetto greco-giovanneo di Logos viene assimilato a “il Verbo”.

L’incarnazione del Logos fine della storia[modifica | modifica wikitesto]

Il giudice Pilato a Gesù:”Cos’è Verità?”- Dipinto di Nikolai Ge
Come si può notare il resoconto-testimonianza della buona notizia così come viene riportata nell’interpretazione che Giovanni ne dà alla luce della sua grande capacità riflessiva inizia con le stesse parole con cui inizia l’interpretazione della storia universale riportata dalla Bibbia ebraica dalla quale lui stesso proviene e alla quale è stato formato sin dall’infanzia: “Bereshit” termine ebraico che in greco fa “En Archè” (Ἐν ἀρχῇ) ovvero “In Principio”.

In questo modo il prologo giovanneo che annuncia il tema portante tutta la visione giovannea del logos che era in principio, ripete lo schema della “Genesi”, primo libro della Torah (la Legge) riallacciandosi così a tutta la tradizione dell’ebraismo dell’Antico Testamento, ma rielaborandola dal punto di vista di quanto lui aveva sperimentato nel corso della sua feconda oltre che lunga esistenza, e in questa continuità riflessiva introduce quello che è il tema centrale del quarto vangelo ovvero l’incarnazione di questo logos che era in principio quale vero novum storico dei nuovi tempi il quale a sua volta preludia all’apocalisse che va intesa come un evento che, se deve ancora avvenire, simultaneamente è già avvenuta in quanto la presenza nella storia della persona concreta di Gesù, presenza ormai irreversibile e incancellabile, è già la presenza della fine della storia all’interno della storia stessa. Detto in altri termini: la prima incarnazione del logos che era in principio, cioè l’uomo Gesù, presente nell’uomo Giovanni stesso, questo è l’apocalisse.

Vita di Paolina Borghese.

Filed under: ARTE — giacomo.campanile @ 21:36

Prima che si coricasse, i dottori le avevano detto che la fine era prossima, chiedendole se voleva ricevere i Sacramenti.

Lei però, elegante come sempre a dispetto persino della malattia che la stava divorando, per tutta risposta aveva esclamato: “Vi dirò io quando sono pronta! Ho ancora qualche ora da vivere”.

Così soltanto la mattina seguente accettò di ricevere il prete che le portava il Viatico, ma anziché ascoltarne la predica, fu lei che ne fece una a lui, abituata com’era a parlare senza ascoltare le risposte degli altri, ma anche senza attendersi che gli altri stessero a sentire lei.

Chiamò poi il notaio per dettargli il testamento e tale operazione richiese parecchio tempo, perché i parenti erano numerosi. Ce ne fu per tutti, fuorché per il marito Camillo, col quale i rapporti s’erano guastati da tempo e che solo per uno scrupolo di coscienza era accorso al suo capezzale.

Dopo essersi congedata dai domestici e aver impartito le istruzioni per la sua imbalsamazione, chiese infine uno specchio per verificare il proprio aspetto, timorosa di non essere in ordine per l’appuntamento supremo, e solo quando ebbe sistemato tutto, all’una pomeridiana del 9 giugno 1825, chiuse finalmente gli occhi per sempre, all’età di soli quarantacinque anni.

Questa fu la fine da “super-star” della principessa Paolina Borghese Bonaparte, detta “la Venere dell’Impero”, che con le sue arti ammaliatrici aveva fatto impazzire la Parigi napoleonica, per poi diventare l’indiscussa regina della Roma papalina d’inizio Ottocento.

Sbarcata tredicenne a Tolone dalla nativa Corsica nel 1793 al seguito della madre, donna Maria Letizia Ramolino, si trasformò presto in preziosa merce di scambio nella mani del sempre più potente fratello Napoleone, diventato in rapida serie generale dell’Armata Repubblicana, primo console della Repubblica Francese ed infine imperatore dei Francesi.

Giovanissima, fu da lui concessa in sposa all’amico generale Léclerc, comandante in capo dell’Armata d’Italia, del quale Paolina si innamorò, ma non abbastanza da riservagli l’uso esclusivo di quelli che lei pudicamente definiva “i vantaggi concessimi dalla natura”, ossia il più bel corpo muliebre della Parigi di quei tempi, famoso per la sua carnagione bianchissima curata con frequenti bagni nel latte d’asina.

Paolina iniziò a coltivare numerose relazioni extraconiugali, che sarebbero poi state una costante della sua vita. Attori, pittori, musicisti, generali ed ussari avrebbero via via frequentato la sua alcova, equamente suddivisi fra francesi, italiani e stranieri di passaggio.

Lo scandalo non tardò a scoppiare, per lo scorno del povero Léclerc al quale ad un certo punto Napoleone impose di partire per l’isola di Santo Domingo, con la moglie e il figlioletto Dermide al seguito, per sedarvi la ribellione indigena capeggiata dall’ex schiavo Toussaint Louverture, ma col fine recondito di coprire lo scandalo e far chetare le acque.

Nell’isola caraibica le preponderanti forze militari francesi non tardarono ad avere la meglio sui rivoltosi, a costo d’ingenti perdite di vite umane fra cui quella dello stesso Léclerc, morto sul finire del 1802 per un attacco di febbre gialla.

La sua non inconsolabile vedova già sulla via del ritorno in patria trovò conforto fra le braccia del generale Humbert, mentre la salma del marito viaggiava sottocoperta rinchiusa in una bara di legno chiaro.

Rientrata a Parigi, Paolina riprese la vita spensierata di sempre, incontrando sul suo cammino Camillo Borghese, giovane principeappartenente ad una delle più nobili e facoltose Casate romane.

Bello, elegante, ricchissimo e fascinoso nei suoi tratti mediterranei, il principe aveva tutte le doti per piacere alle signore della Parigi bene, a patto però che non aprisse bocca. Era allora infatti che la sua scarsa istruzione, unita ad un’intelligenza men che mediocre, si manifestava facendolo apparire alla stregua di un sempliciotto, facile preda dei tanti più furbi di lui.

Allettato dalla prospettiva di vedere la sua famiglia imparentata con quella di un aristocratico di così alto lignaggio, Napoleone acconsentì di buon grado alle nozze della sorella col Borghese, raccomandandole di seguirlo a Roma e di rispettarlo “come marito e come uomo”.

Parole al vento perché, appena giunta nell’Urbe,Paolina iniziò ad annoiarsi cercando sollievo ancora una volta negli amanti, frequentati durante le sempre più lunghe assenze del marito.

La prematura morte per un attacco malarico del figlioletto Dermide, di cui Paolina incolpò il coniuge perché l’aveva convinta a mandare il bambino a trascorrere l’estate nella calura di Frascati, a casa dello zio Luciano Bonaparte, guastò irreparabilmente i loro rapporti di coppia.

A nulla valse nemmeno lo splendido regalo fattole da Camillo, che nel 1804 incaricò il celeberrimo scultore Antonio Canova d’immortalare la moglie, seminuda in posa da “Venere vincitrice”, in una meravigliosa statua di marmo bianchissimo che all’epoca destò grande scandalo per il suo realismo.

Dal 1810 la separazione fra i due fu anche fisica, con Paolina impegnata ad seguire il fratello Napoleone in tutta Europa e persino in esilio all’Elba, e Camillo a rifarsi una vita accanto alla duchessa Lante della Rovere, nel suo palazzo di Firenze.

Una parvenza di riconciliazione fra i due ci fu solo “in articulo mortis”, appena in tempo per assicurare a Paolina una degna sepoltura nella Cappella Borghese, all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma.

Nella cripta di famiglia la “Venere dell’Impero”, che in vita sua dai preti aveva sempre cercato di tenersi lontana tanto quanto lo aveva fatto dal marito, riposa paradossalmente accanto ai prelati di famiglia, fra cui Papa Paolo V e il Card. Scipione Borghese, oltreché al coniuge che là sotto la raggiunse sette anni dopo, nel simulacro di un ricongiungimento fuori tempo massimo.

Accompagna quessto scritto “Paolina Borghese come Venere Vincitrice”, di Antonio Cavova, 1804-1808, Galleria Borghese, Roma.

(P.s.: testo

SPARTITI VIENI SALVARMI

Filed under: SPARTITI — giacomo.campanile @ 19:56

MUSICHE DI GIACOMO CAMPANILE

BENEDETTO SIA DIO

ABRAMO

CANTICO DELLE CREATURE

IL SERVO DI YAHVE’

INGRESSO A GERUSALEMME

I PRIGIONIERI DI SION

LE NOZZE DI CANA

TU CHE ABITI

VIENI A SALVARMI

VIENI SPIRITO SANTO

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