25 Febbraio 2008

Dioniso. Una delle grandi divinità dell’Olimpo greco.

Filed under: FILOSOFIA,FILOSOFIA RELIGIONE,LEZIONI DI RELIGIONE — giacomo.campanile @ 08:27

Cronache dal mito – Dioniso, estasi e follia

LEZIONE VIDEO DI Giacomo Campanile

Dioniso. Una delle grandi divinità dell’Olimpo greco.

Nacque da Zeus e da Semele, figlia di Cadmo. Si narrava che questa, per volontà sua o per fraudolento consiglio di Era, avesse chiesto a Zeus di apparirle in tutto il suo splendore, ma rimase incenerita dalla visione del fulmine di Zeus. D., che era ancora nel grembo materno, fu salvato dal rogo grazie al padre che lo cucì dentro la sua coscia, da cui nacque dopo una seconda gestazione divina. Fu quindi affidato alle cure di Ino, sorella di Semele; dopo che questa impazzì, fu cresciuto dalle ninfe del Monte Nisa. Avendo viaggiato in Egitto e Siria, giunse in Frigia presso la dea Cibele, dalla quale apprese quelle danze che divennero parte integrante dei suoi riti, gli orgia.

Dopo avere diffuso la conoscenza dei suoi riti dalla Tracia all’India, giunse a Tebe, città di sua madre dove si fece riconoscere come dio e celebrò gli orgia per la prima volta in terra greca. Il re tebano Penteo gli negò ospitalità ma ne rimase infine vittima, ucciso dalla madre Agave, resa folle dal dio. D. mostrò la sua identità divina anche agli Argivi e sulla nave che lo portava a Nasso. Condusse infine Semele fuori dagli Inferi e con lei prese dimora sull’Olimpo. A Nasso sposò Arianna. 

La teoria di una origine traco-frigia del dio e del suo affermarsi in Grecia in epoca post-omerica è stata contraddetta dalla lettura del suo nome di-wo-nu-so-jo (genitivo) in due tavolette rinvenute a Pilo. D. era considerato l’inventore della vite, del melo, del vino, della birra; gli si attribuiva, inoltre, la crescita e il rinnovarsi della vita dei fiori e degli alberi. Il vino, da lui donato agli uomini, era per i Greci la bevanda che faceva dimenticare gli affanni, che creava gioia nei banchetti, che induceva al canto, all’amore, nonché alla follia e alla violenza e che, nel sacrificio, era strumento di mediazione tra uomini e dei.

Le sue epifanie erano caratterizzate dal polimorfismo: era toro, leone, serpente, capretto, barbaro e greco, giovane e vecchio, femmineo nel vestire e nei capelli fluenti.

D. era invocato nei riti perché rinnovasse il ciclo della vita vegetale, tornasse a far scorrere il vino e, rendendosi personalmente presente tra gli uomini, li possedesse con la sua mania e offrisse loro la possibilità di oltrepassare ritualmente il limite della loro condizione e di avere un contatto più stretto con il divino.

Le più importanti feste in onore di D. erano le piccole Dionisie o Dionisie rurali, in campagna nel mese di posideone; le Dionisie urbane o Lenee, in Atene, nel mese di gamelione, con rappresentazioni drammatiche e processioni; le Antesterie, al principio della primavera (11-13 antesterione), feste della svinatura; le grandi Dionisie, le più importanti, nel mese di elafebolione, con processioni, gare ditirambiche e drammatiche. 

All’inizio del 2° sec. a.C. i misteri di D. penetrarono in Italia con il loro carattere orgiastico; il senato romano nel 186 a.C. proibì i Baccanali, ma nella religione mistica D. ebbe sempre grande importanza fino all’età imperiale.

Jacques Maritain (Parigi, 18 novembre 1882 – Tolosa, 28 aprile 1973) è stato un filosofo francese,

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Filosofo francese (Parigi 1882 – Tolosa 1973), di famiglia protestante, condivise il socialismo radicale di Ch. Péguy, di cui fu amico. Importante per M. fu l’incontro con L. Bloy, in un momento di crisi intellettuale, dalla quale uscì convertendosi al cattolicesimo (1905).

Convinto della possibilità di una reviviscenza del pensiero tomista nel mondo moderno, M. contribuì con padre P. Mandonnet a fondare nel 1924 la Société thomiste e cercò di provare l’attualità e la fecondità dei principî del tomismo, sciolti dal corpo dell’enciclopedia medievale e collegati con problemi e temi del pensiero moderno (La philosophie bergsonienne, 1913; Trois Réformateurs, 1925; Le songe de Descartes, 1932; Les degrés du savoir, 1932; Sept leçons sur l’être, 1934; Quatre essais sur l’esprit dans sa condition charnelle, 1939).

Per il largo pubblico M. è soprattutto l’autore di La primauté du spirituel (1927) sui rapporti tra Chiesa e Stato, uscito nel momento della crisi dell’Action Française, e di Humanisme intégral (1936) sulla possibilità di una società liberale e democratica, eppure cristianamente ispirata: poiché per M. liberalismo e democrazia sono i risultati di un faticoso svolgimento impensabile senza il fermento del Vangelo che ha continuato a operare anche nella storia dell’umanesimo moderno antropocentrico. Discorso poi continuato in altre opere (Les droits de l’homme et la loi naturelle 1942; Christianisme et démocratie, 1943; La personne et le bien commun, 1947; Man and the state, 1951) e che, soprattutto nella forma di un attacco alla tesi di Humanisme intégral, avrebbe suscitato una violenta polemica (1956) da parte di correnti integraliste del cattolicesimo italiano.

Dopo aver partecipato al movimento francese per la resistenza, fu ambasciatore di Francia presso la Santa Sede (1945-48) e professore all’univ. di Princeton dal 1948 al 1960. Da allora visse a Rangueil, presso Tolosa, nel convento dei Petits Frères de Jésus, del p. Charles-Eugène de Foucauld, nel cui ordine era entrato nel dicembre 1971. Con Creative intuition in art and poetry (1953), M. ha arricchito il suo contributo alla delineazione di un’estetica tomistica, ritornando sui temi di Art et scolastique (1920). Del 1965 è il libro di ricordi Carnets de notes, e del 1966 Le paysan de la Garonne, dove in un’analisi dei fenomeni più importanti del mondo cattolico postconciliare M. ribadisce, con una polemica spesso accorata, la necessità di un ritorno al pensiero di Tommaso d’Aquino, e al tempo stesso si dimostra essenzialmente fedele alla propria tesi dei piani autonomi e interdipendenti, cioè al rifiuto di ogni civiltà “sacrale” e alla relativa libertà per il cattolico sul piano dell’azione temporale.

DOMANDE:

COSA SIGNIFICA EVANGELIZZARE?

ESISTE UN DIRITTO ALL’EVANGELIZZAZIONE’

PERCHE’ BISOGNA EVANGELIZZARE?

L’AMORE DI CRISTO COSA CI INDUCE?

S.Crisogono ROMA

Filed under: ARTE — giacomo.campanile @ 07:31

S.Crisogono

S.Crisogono (nella foto sopra), situata in piazza Sidney Sonnino, è una delle più insigni ed antiche basiliche romane: le sue origini risalgono almeno al 499 d.C., quando, per la prima volta, il titulus Crysogoni venne menzionato nell’elenco dei tituli invitati a partecipare, insieme ai relativi presbiteri, al Concilio di Roma indetto da papa Simmaco. Il titulus Crysogoni si sviluppò, presumibilmente nel IV secolo, su una domus privata del III secolo che venne riadattata a luogo di culto per i primi cristiani (queste case furono definite domus ecclesiae). Per quanto riguarda invece la dedica a Crisogono possiamo affermare che questo santo fu martirizzato sotto l’imperatore Diocleziano tra il 304 ed il 305 ad Aquileia (in provincia di Udine), ma tuttora risulta impossibile sapere con certezza se il Crisogono del titulus sia da identificare con il martire di Aquileia o, invece, con un omonimo romano proprietario della domus: il termine latino titulus significa cartello o iscrizione, dall’uso di apporre sugli edifici, su una lastra di marmo, il nome del proprietario della domus o, in seguito, il nome di colui che l’aveva messa a disposizione della comunità cristiana.

1 Abside e cripta dalla scala

Nel V secolo il titulus Crysogoni assunse un impianto basilicale, a navata unica, alla quale furono aggiunti l’avancorpo del nartece ad est e, mediante un prolungamento delle murature, la zona presbiterale ed il catino absidale ad ovest. La chiesa originaria, ad un livello di 6 metri più basso dell’attuale, fu rinvenuta nel 1907 durante una campagna di scavi per conto del Ministero delle Belle Arti ed è tuttora ben visibile nei sotterranei, ai quali si accede dalla sagrestia, mediante una scala moderna che immette direttamente nella zona absidale. Dall’alto (nella foto 1) è immediatamente evidente il corpo semicircolare dell’abside, mentre solo scendendo è possibile rendersi conto che la stessa è affiancata da due ambienti “di servizio”, (che richiamano per posizione i cosiddetti pastofori orientali), il secretarium a nord ed il battistero a sud (nella mappa 2 l’abside al punto 1, il secretarium al punto 2 ed il battistero al punto 3).

2 Mappa

Il secretarium (nella foto 3), di forma quadrata, probabilmente era utilizzato per riporre vesti sacre, documenti ed arredi liturgici, ed aveva un pavimento, tuttora visibile, in tessere marmoree con disegno floreale; in seguito il vano venne utilizzato come luogo di sepoltura, come testimonia il bel sarcofago marmoreo (nella foto 4) con motivi marini del II secolo oggi posto dinanzi all’ingresso.

3 Secretarium

L’altro ambiente, di dimensioni maggiori, è il battistero (nella foto 5), all’interno del quale si scorge ancora un emiciclo della vasca battesimale, di metri 2,6 di diametro, funzionale all’antico rito per immersione: evidenti, nei resti della struttura, i gradini semilunati che permettevano al catecumeno l’ingresso nel fonte. Oggi possiamo vedere soltanto una metà della vasca battesimale in quanto tra il X ed il XII secolo, quando ormai il sacramento del battesimo veniva impartito per aspersione, fu tagliata da un imponente muro trasversale e coperta da un pavimento.

4 Sarcofago con motivi marini

Il ritrovamento di altre due vasche (oggi scomparse) collegate ad un sistema di tubature che scaricavano in una fogna coperta a cappuccina, fa supporre che il locale, prima di diventare un battistero, fosse una fullonica, ovvero una bottega destinata alla lavatura, smacchiatura o tintura dei tessuti, ed aveva l’accesso diretto, come si deduce dai resti di una porta sulla parete di fondo, dalla retrostante via di S.Gallicano.

5 Battistero

Seguendo il percorso absidale si accede direttamente al corridoio rettilineo che conduce alla fenestella confessionis, attraverso la quale i fedeli venivano a contatto con le reliquie di S.Crisogono (una mano e la calotta cranica); qui, sulla parete sinistra, si conservano ancora le pitture dell’VIII secolo che raffigurano i tre santi Crisogono, Rufino ed Anastasia. Sempre dell’VIII secolo sono gli affreschi, voluti da papa Gregorio III, conservati lungo la parete superiore dell’abside (nella foto 6), con decorazione a dischi e losanghe intrecciati, che richiamano la decorazione a finto marmo. L’aula dell’antica basilica paleocristiana (nella mappa al punto 4), a navata unica, era a pianta rettangolare di circa metri 35 x 19: la presenza del possente muro parallelo alla parete settentrionale non deve trarre in inganno ritenendolo una suddivisione della navata in quanto altro non è che il muro di fondazione della chiesa superiore.

6 Abside con affreschi

Nello spazio che intercorre tra questo muro e la parete settentrionale (nella mappa al punto 5) si conservano, oltre a diversi sarcofagi in terracotta, magnifici affreschi, miracolosamente conservati, risalenti al X-XI secolo con storie di S.Benedetto che guarisce il lebbroso, del Salvataggio di S.Placido, di S.Pantaleone che guarisce il cieco e di papa Silvestro che cattura il drago.

7 Nartece

Sul fondo di questo ambiente, tramite una scala moderna, si accede al nartece (nella foto 7 e nella mappa al punto 6), l’antico vano di ingresso alla basilica paleocristiana. Sulla parete meridionale (nella foto 8), invece, si riscontra la presenza di un altare a blocco affrescato con decorazioni a rotae concentriche dell’XI secolo. Nello stesso vano si rileva la presenza di due sarcofagi marmorei (nella foto 9 il cosiddetto Sarcofago con le Muse), ritratti di santi entro nimbo in parete e materiale marmoreo appartenuto all’arredo liturgico della chiesa primitiva.

8 Parete meridionale

Gli affreschi sul muro presentano differenti datazioni: al VI-VII secolo risale la serie di vela, cioè drappi bianchi con al centro la croce gemmata e sopra scene del Nuovo Testamento, di cui ne restano quattro ma solo una riconoscibile: si tratta della scena dei tre ragazzi ebrei nella fornace dove un personaggio ha un libro chiuso in mano, un’altra figura maschile in piedi con pallio bianco con macchie rosse si trova dentro una struttura architettonica color giallo avvolta dalle fiamme; il tutto era incorniciato da una fascia rossa con la scritta VOTUM SOLVIT. Nell’VIII secolo papa Gregorio III (731-741) promosse un sostanziale restauro della basilica: oltre ai sopracitati affreschi, fu eseguito il rifacimento del tetto, il presbiterio venne diviso dall’aula con un muro in mattoni e tufi e venne progettata la cripta semi-anulare, tra le prime ad essere costruite in tutta Roma, alla quale si accedeva tramite scale. Entro la curva dell’abside, al di sopra della cripta, si trovavano l’altare ed il ciborio in corrispondenza della confessione.

9 Sarcofago con le Muse

Abbellimenti e modifiche continuarono sino al XII secolo, quando una nuova basilica venne costruita ex novo, per iniziativa del cardinale Giovanni da Crema, leggermente spostata verso nord rispetto all’antica aula di culto, di cui vennero sfruttate alcune strutture come fondazioni. La nuova chiesa di S.Crisogono non fu tuttavia edificata esattamente sull’antica, ma un poco più a destra (come possiamo notare dalla mappa) in modo tale che le fondazioni del muro perimetrale sinistro si trovassero immediatamente a destra della vecchia abside. Ciò fu dovuto probabilmente all’impossibilità di riutilizzare completamente come muri di fondazione le strutture ormai fatiscenti del complesso antico e forse anche per avvicinare la chiesa alla strada principale di Trastevere, l’attuale via della Lungaretta.

10 Campanile romanico

A questo periodo, esattamente al 1126, risale il bel campanile romanico (nella foto 10), costruito su base quadrata di metri 8 x 8 ed alto metri 45. Realizzato per volontà del cardinale titolare della chiesa, Giovanni da Crema, il campanile sviluppa su cinque piani, di cui il primo ed il secondo con tre aperture centinate a fondo piano, il terzo con due fornici aperti, il quarto ancora con tre aperture, il quinto con due bifore affiancate e con le caratteristiche colonnine con capitelli a stampella. Nella suddivisione dei piani sono utilizzate le tradizionali cornici a modiglioni e denti di sega. Il portico e la facciata della chiesa moderna appartengono invece al 1626, quando la chiesa venne restaurata radicalmente dall’architetto Giovanni Battista Soria per volontà del cardinale Scipione Borghese: ovunque è un ripetersi degli stemmi araldici della famiglia (aquila e drago alato), nel portico, nei soffitti della navata e del transetto, sull’attico, mentre sull’architrave campeggia la seguente epigrafe: “SCIPIO S.R.E. PRESB CARD BURGHESIUS M POENITEN AD MDCXXVI”, ovvero “Il cardinale presbitero di Santa Romana Chiesa, Scipione Borghese, Penitenziere Maggiore, nell’Anno del Signore 1626”. Fu in questa occasione che il campanile, fatto intonacare e sormontare da una pesante cuspide per volontà del cardinale Borghese, rischiò di crollare a seguito di gravi lesioni alla struttura, tanto che si dovettero chiudere alcune trifore; l’ultimo restauro risale al 1866. L’accesso alla chiesa avviene mediante un portico (nella mappa al punto 7), preceduto da quattro colonne doriche; l’interno, a forma basilicale, è suddiviso in tre navate da 22 colonne di granito, probabilmente provenienti dalle Terme di Settimio Severo. Altre due colonne di porfido, giudicate le più grandi esistenti a Roma, sorreggono l’arcata centrale ed altre quattro di alabastro sono nel baldacchino rifatto in forme barocche.

11 Gloria di S.Crisogono del Guercino

Al centro del soffitto si trova la “Gloria di S.Crisogono” del Guercino (nella foto 11), purtroppo solo una copia perché l’originale fu trafugato e venduto in Inghilterra nel 1808, dove ancora oggi si trova presso la Stafford House di Londra. Un riquadro dell’abside rappresenta la “Vergine con i Ss.Crisogono e Giacomo”, opera attribuita a Pietro Cavallini (1290); nel soffitto “Madonna con Bambino” del Cavalier d’Arpino. Fino ai primi del Settecento era qui custodita la statua della “Vergine del Carmelo”, popolarmente detta la “Madonna de Noantri”, trasferita poi nell’adiacente chiesa di S.Agata.

RISPONDI A QUESTE DOMANDE:

COSA SONO LE INDULGENZE?

CHE RAPPORTO C’E’ TRA INDULGENZA E SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE?

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DELL’INDULGENZA?

S.Pietro in Montorio. ROMA

Filed under: ARTE,CHIESE — giacomo.campanile @ 07:25

S.Pietro in Montorio

La chiesa di S.Pietro in Montorio (nella foto sopra) sorge sul luogo dove, secondo la tradizione, l’apostolo Pietro fu crocifisso sulla croce capovolta a testa in giù, sebbene la storia ritenga che il martirio di S.Pietro sia avvenuto nel Circo di Caligola e Nerone nell’ager Vaticanus (corrispondente all’attuale fianco sinistro della Basilica Vaticana). L’appellativo “Montorio” è corruzione di “Mons aureus” o “Monte d’oro”, per la marna gialla, anche detta “mica aurea“, che compone il colle Gianicolo sul quale la chiesa risiede. La chiesa fu fondata nel Medioevo per i monaci celestini (dell’Ordine di Celestino V), nel XII secolo passò ai Benedettini ed alla fine del Quattrocento fu affidata da papa Sisto IV ai frati Francescani. I frati, a seguito della definitiva acquisizione e conseguentemente al diffondersi della notizia che la chiesa contenesse la memoria del martirio di S.Pietro, provvidero a far abbattere il vecchio edificio per costruirne uno nuovo. La nuova chiesa fu eretta così inizialmente per munificenza del re di Francia Luigi XI e, successivamente, ad opera dei reali di Spagna Ferdinando V ed Isabella di Castiglia, per essere consacrata il 6 giugno 1500. Architetto della ricostruzione fu Baccio Pontelli. I bombardamenti avvenuti durante i combattimenti a difesa della Repubblica Romana nel 1849 danneggiarono seriamente la chiesa, distruggendo il quattrocentesco campanile (che fu poi interamente ricostruito), parte dell’abside ed il tetto. La chiesa presenta un’elegante facciata a timpano a due ordini con rosone gotico, preceduta da una doppia rampa di scale che conduce al bellissimo portale ligneo. L’interno, a navata unica terminante in un’abside poligonale, è scandito da tre campate: le prime due coperte da volte a crociera, corrispondenti a due cappelle semicircolari; la terza con volta a vela, fiancheggiata da due nicchioni che ripropongono l’andamento di un transetto. La chiesa conserva notevoli opere d’arte di Daniele da Volterra, di Giorgio Vasari, di Sebastiano del Piombo e di Gian Lorenzo Bernini. Sotto l’altare maggiore, non ricordata da alcuna lapide come avveniva per tutti i giustiziati, è sepolta Beatrice Cenci. Fino al settembre 1789, all’interno della chiesa era conservata, in una teca, la testa di Beatrice, decapitata in piazza di ponte S.Angelo l’11 settembre 1599: dopo 190 anni Jean Maccuse, soldato francese, profanò la teca e, dopo essersi divertito a prendere a calci la disgraziata testa di una delle donne più belle di Roma, andò via con il misero resto in tasca. Il francese, colpito da una terribile maledizione, da quel momento in poi non ebbe più pace: scherzo del destino, alla fine la sua testa andò ad ornare la teca di un sultano in Africa. Alla destra della chiesa, attraverso un cortiletto, si accede al chiostro formato da una serie di arcate murate (12 e 10 nei lati lunghi e 5 in quello corto) e da un portico di tre arcate rette da pilastri.

1 Tempietto del Bramante

Al centro del chiostro si innalza il bellissimo Tempietto del Bramante (nella foto 1), sorto proprio sul luogo dove la leggenda vuole che sia stato crocifisso S.Pietro: difatti nella cripta sotterranea si può vedere il foro nel quale sarebbe stata piantata la croce del martirio. Il Bramante realizzò, tra il 1502 ed il 1509, quello che molti considerano il primo vero edificio rinascimentale di Roma su commissione di Ferdinando ed Isabella di Spagna, in adempimento, secondo la tradizione, di un voto fatto per ottenere un erede. La forma circolare del Tempietto riecheggia quella dei “martyria” cristiani, le cappelle dedicate al culto dei martiri: 16 colonne doriche sostengono la trabeazione con triglifi e metope, sormontata a sua volta da una balaustra. Al di sopra si innalza la cupola, impostata su un alto tamburo cilindrico, dove, separate da lesene, si alternano nicchie rettangolari ed a conchiglia. La calotta, rivestita in piombo e divisa in spicchi da costoloni, si conclude con una specie di lanternina cieca, dove al posto delle finestre si trovano vari emblemi. La cella del tempio presenta un corpo cilindrico, scavato da nicchie insolitamente profonde, decorate con conchiglie, e scandito da paraste come proiezione geometrica delle colonne del peristilio; l’interno ha un diametro di circa 4 metri e mezzo in quanto fu concepito come un luogo puramente simbolico e commemorativo più che uno spazio dedicato alle funzioni liturgiche. Sull’altare è collocata una statua di S.Pietro di anonimo lombardo. Il Tempietto fu restaurato nel secolo scorso, come ricorda una lapide commemorativa situata nel cortile del chiostro, all’inaugurazione del quale, il 25 maggio 1999, assistette il re di Spagna Juan Carlos. A fianco del chiostro è situato l’edificio dell’Accademia di Spagna di Belle Arti, risultante dalla trasformazione dell’antico convento francescano.

2 Colonna con la Croce

La piazza antistante la chiesa fu sistemata nel 1605 grazie agli aiuti economici del re Filippo III di Spagna, arricchita da una colonna sormontata dalla Croce (nella foto 2), qui posta nel 1657 con lo scopo di delimitare l’area del sagrato della chiesa. La colonna, dopo una temporanea sistemazione nell’Ottocento presso la Fontana Paola, fu risistemata nella posizione attuale nel 1941. La piazza era ornata anche da una fontana seicentesca detta “La Castigliana“, realizzata per volontà di Filippo III con gli emblemi del regno di Castiglia: distrutta dai cannoni francesi nel 1849, fu sostituita temporaneamente dalla cosiddetta Fontana del Trullo proveniente dalla piazza del Popolo, successivamente trasferita in piazza Nicosia, dove tuttora risiede.

RISPONDI A QUESTE DOMANDE:

COS’E’ LA PREGHIERA?

PERCHE’ LA PREGHIERA E’ UNA NECESSITA’?

COSA DICE LO SPIRITO SANTO NELL’UOMO?

L’UOMO CHE PREGA COSA SI SENTE?

COSA RICHIEDE NELLA PREGHIERA?

QUALI SONO LE DUE DIMENSIONI DELLA PREGHIERA?

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