26 Ottobre 2011

S.Cecilia in Trastevere. ROMA

Filed under: ARTE — giacomo.campanile @ 08:39

S.Cecilia in Trastevere

La Basilica di S.Cecilia (nella foto sopra), situata nella piazza omonima, sorge sulla casa della martire romana Cecilia e di suo marito Valeriano. Gli scavi sotto la chiesa, effettuati durante il restauro del 1899, evidenziarono effettivamente un gruppo di antichi edifici di età repubblicana con muri in opera quadrata di tufo ed una colonna dorica. In fondo ad una nicchia vi è un rilievo in tufo rappresentante “Minerva” davanti ad un altare. L’edificio mostra restauri e rifacimenti di età successiva, dal II al IV secolo d.C., quando venne unificato con altre costruzioni già esistenti e risalenti all’età repubblicana. Oltre a diversi ambienti costruiti in opera laterizia e con resti di mosaici pavimentali, vi è anche una grande stanza caratterizzata dalla presenza nel pavimento di sette vasche cilindriche in mattoni, forse utilizzate per la concia delle pelli: ciò fa supporre che possa trattarsi dei “Coraria Septimiana“, una manifattura per la lavorazione delle pelli che sappiamo essere stata in questa regio XIV. La casa fu trasformata in “titulus“, denominato “Caeciliae“, già nel V secolo finché S.Gregorio Magno fece costruire la basilica primitiva nel VI secolo. La Passio di S.Cecilia narra che la giovane fosse stata data in sposa al nobile Valeriano, che convertì nel giorno del matrimonio comunicandogli il suo voto di castità. Valeriano ed il fratello Tiburzio, anch’esso convertito al cristianesimo, si dedicavano alla sepoltura dei corpi dei martiri cristiani che incontravano lungo la strada, contravvenendo ad un ordine del prefetto Almachio e per questo motivo vennero arrestati e, dopo atroci torture, decapitati. Cecilia, che pregava sulla tomba del marito e del cognato, venne chiamata davanti al prefetto che ne ordinò la morte per soffocamento nella sua stessa camera da bagno (oggi i sotterranei della chiesa, dove tuttora si trova il “calidarium“). Dopo un giorno ed una notte, però, la giovane non era ancora stata soffocata dai vapori caldissimi ed allora il prefetto ordinò che venisse decapitata: tre colpi di spada non riuscirono a staccarle la testa dal collo ed il boia la lasciò sul patibolo nel suo sangue. Cecilia morì dopo tre giorni di agonia duranti i quali convertì tutti i suoi familiari al cristianesimo.

1 Statua di S.Cecilia

Per molto tempo il corpo della santa non fu trovato, finché nell’820 venne rinvenuto nelle catacombe di S.Callisto, miracolosamente intatto ed avvolto in una veste candida trapuntata d’oro. Nell’821 papa Pasquale I fece trasportare il corpo della santa nella chiesa di S.Cecilia e fu in questa occasione che ne ordinò la ricostruzione. Nel corso dei restauri avvenuti fra i secoli XII e XIII furono costruiti il portico, il campanile ed il chiostro; nel 1540 fu aggiunto il coro e nel 1600 furono realizzati la nuova confessione, il rialzamento del presbiterio e gli altari laterali. Nel 1599 il cardinale Sfondrati, nel corso di ulteriori restauri, fece riesumare anche il corpo della santa per valutarne lo stato di conservazione: questo fu rinvenuto, ancora in perfetto stato, in una cassa di cipresso contenuta a sua volta entro un’urna di marmo, “con la veste di seta intarsiata con fili d’oro, scalza, con un velo rivolto intorno alli capelli, giacendo con la faccia rivolta in terra, con li segni del sangue e di tre ferite sul collo“.

2 Ingresso barocco

Il corpo, esposto per un mese alla venerazione dei fedeli “sopra un ricchissimo talamo, in una stanza munita di grosse inferriate e vigilata continuamente dalla Guardia Svizzera e per impedire la folla di carrozze furono sbarrate tutte le strade di Trastevere” e poi venne sepolto nella cripta all’interno di una sfarzosa cassa di 254 libbre d’argento. In questa occasione il cardinale Sfondrati commissionò a Stefano Maderno la celebre statua marmorea della santa (nella foto 1), situata di fronte all’altare e riprodotta nella medesima posizione in cui fu ritrovata: è interessante osservare la posizione delle dita che indicano la Trinità, ovvero l’indice alzato della mano sinistra ed il pollice, l’indice ed il medio alzati della mano destra. Una copia della scultura (effettuata da Mc Bride di New York) fu deposta anche nelle catacombe di S.Callisto, nella cripta dove fu rinvenuto il corpo. Il 22 novembre 1740 (giorno della festa di S.Cecilia) papa Benedetto XIV venne in visita privata in questa basilica e le monache regalarono al pontefice un reliquario d’oro contenente un piccolo pezzo di pannolino intriso nel sangue della santa. Ulteriori restauri avvennero nel XVIII secolo per volontà dei cardinali Troiano Acquaviva e Giacomo Doria: proprio a questi lavori si deve il monumentale prospetto barocco (nella foto 2), opera di Ferdinando Fuga, costituito da quattro colonne sulle quali poggia una lunga trabeazione ed un timpano spezzato che reca lo stemma del cardinale Acquaviva, ovvero due leoni rampanti, alcuni gigli di Francia e croci a due bracci trasversali.

3 Cantharus paleocristiano

Il portale immette in un vasto cortile in mezzo al quale si trova una vasca quadrata sormontata da una grande anfora in pietra (nella foto 3), di origine paleocristiana, ricavata da un antico “cantharus“, ovvero un vaso per le abluzioni rituali che i fedeli utilizzavano prima di entrare in chiesa, il cui ricordo resta nel nostro uso di bagnare le dita nella vasca dell’acqua benedetta. Il giardino è chiuso sui due lati dal monastero delle suore francescane a destra e da quello delle suore benedettine a sinistra. La facciata della basilica, anch’essa opera del Fuga, è semplice, preceduta da un portico a quattro colonne ioniche con architrave, decorato da un mosaico del XII secolo in cui vi sono alcuni dischi con effigie di santi e dalla soprastante iscrizione “FRANCISCUS TITU SANCTA CAECILIA CAR DE ACQUAVIVA“, ulteriore riferimento al cardinale Acquaviva. Nelle pareti del portico sono murati frammenti di tombe e lapidi: sulla destra è situato il monumento funebre del cardinale Sfondrati.

4 Campanile

Il campanile (nella foto 4) è composto di cinque ordini: i primi due sono a bifora a pilastro, gli ultimi tre a trifora con colonnine, capitelli a stampella ed archetti a doppia ghiera. La cella campanaria ospita una piccola campana del XIII secolo ed altre due donate nel 1344 dal cardinale titolare della chiesa Guido de Boulogne. L’interno è diviso in tre navate da massicci pilastri quadrati che inglobano le antiche colonne della basilica. Nell’abside vi è il grande mosaico raffigurante il “Redentore con i Ss.Agata, Paolo, Pasquale I, Pietro, Valeriano e Cecilia”. Nel presbiterio si trova la grande opera in stile gotico di Arnoldo di Cambio risalente al XIII secolo, mentre nella volta campeggia il grandioso affresco di Sebastiano Conca, “Il Trionfo di S.Cecilia”, realizzato nel 1724.

4 Febbraio 2011

Vita di Paolina Borghese.

Filed under: ARTE — giacomo.campanile @ 21:36

Prima che si coricasse, i dottori le avevano detto che la fine era prossima, chiedendole se voleva ricevere i Sacramenti.

Lei però, elegante come sempre a dispetto persino della malattia che la stava divorando, per tutta risposta aveva esclamato: “Vi dirò io quando sono pronta! Ho ancora qualche ora da vivere”.

Così soltanto la mattina seguente accettò di ricevere il prete che le portava il Viatico, ma anziché ascoltarne la predica, fu lei che ne fece una a lui, abituata com’era a parlare senza ascoltare le risposte degli altri, ma anche senza attendersi che gli altri stessero a sentire lei.

Chiamò poi il notaio per dettargli il testamento e tale operazione richiese parecchio tempo, perché i parenti erano numerosi. Ce ne fu per tutti, fuorché per il marito Camillo, col quale i rapporti s’erano guastati da tempo e che solo per uno scrupolo di coscienza era accorso al suo capezzale.

Dopo essersi congedata dai domestici e aver impartito le istruzioni per la sua imbalsamazione, chiese infine uno specchio per verificare il proprio aspetto, timorosa di non essere in ordine per l’appuntamento supremo, e solo quando ebbe sistemato tutto, all’una pomeridiana del 9 giugno 1825, chiuse finalmente gli occhi per sempre, all’età di soli quarantacinque anni.

Questa fu la fine da “super-star” della principessa Paolina Borghese Bonaparte, detta “la Venere dell’Impero”, che con le sue arti ammaliatrici aveva fatto impazzire la Parigi napoleonica, per poi diventare l’indiscussa regina della Roma papalina d’inizio Ottocento.

Sbarcata tredicenne a Tolone dalla nativa Corsica nel 1793 al seguito della madre, donna Maria Letizia Ramolino, si trasformò presto in preziosa merce di scambio nella mani del sempre più potente fratello Napoleone, diventato in rapida serie generale dell’Armata Repubblicana, primo console della Repubblica Francese ed infine imperatore dei Francesi.

Giovanissima, fu da lui concessa in sposa all’amico generale Léclerc, comandante in capo dell’Armata d’Italia, del quale Paolina si innamorò, ma non abbastanza da riservagli l’uso esclusivo di quelli che lei pudicamente definiva “i vantaggi concessimi dalla natura”, ossia il più bel corpo muliebre della Parigi di quei tempi, famoso per la sua carnagione bianchissima curata con frequenti bagni nel latte d’asina.

Paolina iniziò a coltivare numerose relazioni extraconiugali, che sarebbero poi state una costante della sua vita. Attori, pittori, musicisti, generali ed ussari avrebbero via via frequentato la sua alcova, equamente suddivisi fra francesi, italiani e stranieri di passaggio.

Lo scandalo non tardò a scoppiare, per lo scorno del povero Léclerc al quale ad un certo punto Napoleone impose di partire per l’isola di Santo Domingo, con la moglie e il figlioletto Dermide al seguito, per sedarvi la ribellione indigena capeggiata dall’ex schiavo Toussaint Louverture, ma col fine recondito di coprire lo scandalo e far chetare le acque.

Nell’isola caraibica le preponderanti forze militari francesi non tardarono ad avere la meglio sui rivoltosi, a costo d’ingenti perdite di vite umane fra cui quella dello stesso Léclerc, morto sul finire del 1802 per un attacco di febbre gialla.

La sua non inconsolabile vedova già sulla via del ritorno in patria trovò conforto fra le braccia del generale Humbert, mentre la salma del marito viaggiava sottocoperta rinchiusa in una bara di legno chiaro.

Rientrata a Parigi, Paolina riprese la vita spensierata di sempre, incontrando sul suo cammino Camillo Borghese, giovane principeappartenente ad una delle più nobili e facoltose Casate romane.

Bello, elegante, ricchissimo e fascinoso nei suoi tratti mediterranei, il principe aveva tutte le doti per piacere alle signore della Parigi bene, a patto però che non aprisse bocca. Era allora infatti che la sua scarsa istruzione, unita ad un’intelligenza men che mediocre, si manifestava facendolo apparire alla stregua di un sempliciotto, facile preda dei tanti più furbi di lui.

Allettato dalla prospettiva di vedere la sua famiglia imparentata con quella di un aristocratico di così alto lignaggio, Napoleone acconsentì di buon grado alle nozze della sorella col Borghese, raccomandandole di seguirlo a Roma e di rispettarlo “come marito e come uomo”.

Parole al vento perché, appena giunta nell’Urbe,Paolina iniziò ad annoiarsi cercando sollievo ancora una volta negli amanti, frequentati durante le sempre più lunghe assenze del marito.

La prematura morte per un attacco malarico del figlioletto Dermide, di cui Paolina incolpò il coniuge perché l’aveva convinta a mandare il bambino a trascorrere l’estate nella calura di Frascati, a casa dello zio Luciano Bonaparte, guastò irreparabilmente i loro rapporti di coppia.

A nulla valse nemmeno lo splendido regalo fattole da Camillo, che nel 1804 incaricò il celeberrimo scultore Antonio Canova d’immortalare la moglie, seminuda in posa da “Venere vincitrice”, in una meravigliosa statua di marmo bianchissimo che all’epoca destò grande scandalo per il suo realismo.

Dal 1810 la separazione fra i due fu anche fisica, con Paolina impegnata ad seguire il fratello Napoleone in tutta Europa e persino in esilio all’Elba, e Camillo a rifarsi una vita accanto alla duchessa Lante della Rovere, nel suo palazzo di Firenze.

Una parvenza di riconciliazione fra i due ci fu solo “in articulo mortis”, appena in tempo per assicurare a Paolina una degna sepoltura nella Cappella Borghese, all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma.

Nella cripta di famiglia la “Venere dell’Impero”, che in vita sua dai preti aveva sempre cercato di tenersi lontana tanto quanto lo aveva fatto dal marito, riposa paradossalmente accanto ai prelati di famiglia, fra cui Papa Paolo V e il Card. Scipione Borghese, oltreché al coniuge che là sotto la raggiunse sette anni dopo, nel simulacro di un ricongiungimento fuori tempo massimo.

Accompagna quessto scritto “Paolina Borghese come Venere Vincitrice”, di Antonio Cavova, 1804-1808, Galleria Borghese, Roma.

(P.s.: testo

24 Gennaio 2011

Visite virtuali alla Roma Sacra su Internet

Filed under: ARTE,articoli,Religione — giacomo.campanile @ 11:09

Internet permette di compiere visite virtuali ad alcuni dei luoghi più sacri della Città Eterna, offrendo dettagli che non si riescono ad apprezzare neanche dal vivo.

La visita alla Basilica di S. Pietro in Vaticano Chiesa più grande della Chiesa cattolica, in cui si custodiscono i resti dell’apostolo Pietro, può visualizzarsi da alcuni giorni da casa propria, disponendo solo di un computer e di una connessione a Internet, grazie a questo nuovo servizio offerto dalla pagina web della Santa Sede. Spettacolare la navigazione nella Cappella Sistina che era già on-line dal mese di marzo.

Il progetto è stato realizzato in due anni dagli studenti della Villanova University della Pennsylvania (Stati Uniti), che hanno raccolto le fotografie di questi gioielli dell’arte di tutti i tempi.

“Trovarsi nella Cappella Sistina è un’esperienza difficile da descrivere, ancor meno da ricreare su uno schermo bidimensionale”, ha spiegato Chad Fahs, esperto di media digitali del Dipartimento di Comunicazione di Villanova. “Questo tour virtuale è probabilmente la cosa più simile alla simulazione di questa esperienza alla quale si sia mai giunti fino ad ora”.

“E’ una delle esplorazioni più innovative di un’opera d’arte fino a questo momento”, ha aggiunto Paul Wilson, membro del Dipartimento di Comunicazione di Villanova e uno dei leader del progetto del tour virtuale. “Cambierà per sempre il modo in cui gli artisti e gli storici possono guardare alla straordinarietà del lavoro e della mente di Michelangelo – la sua attenzione ai dettagli, i suoi commenti sociali e il senso dell’umorismo”.

Nella Basilica di San Pietro e nella Cappella Sistina sono state scattate migliaia di fotografie con una telecamera motorizzata all’avanguardia, e in seguito sono state composte e unite a livello digitale per creare un panorama virtuale in una proiezione tridimensionale.

I pellegrini e i turisti virtuali possono utilizzare lo zoom e avvicinarsi ai dettagli delle opere d’arte grazie all’elevata risoluzione.
“Le opere d’arte presenti nei luoghi di culto mirano a immergere il visitatore in una realtà sacra, e la Cappella Sistina spicca in questa tradizione”, ha detto Frank Klassner, professore associato del Dipartimento di Scienze dell’Elaborazione a Villanova e uno dei leader del progetto.
“Il nostro team è grato per aver avuto una piccola parte nel mantenere questa tradizione usando il potere di Internet e una tecnologia moderna”, ha aggiunto.

La prima visita virtuale è stata dedicata alla Basilica di San Paolo fuori le Mura nel 2008. Quella della Basilica di San Giovanni in Laterano è stata presentata nel novembre 2009.
La Cappella Sistina può essere visitata su:
http://www.vatican.va/various/cappelle/sistina_vr/index.html
La Basilica di San Pietro si può visitare su:
http://www.vatican.va/various/basiliche/san_pietro/vr_tour/index-en.html
La Basilica di San Paolo fuori le Mura si può visitare su:

http://www.vatican.va/various/basiliche/san_paolo/vr_tour/index-it.html

La Basilica di San Giovanni in Laterano può essere visitata su:

http://www.vatican.va/various/basiliche/san_giovanni/vr_tour/Media/VR/Lateran_Nave1/index.html

Possiamo confrontare il lavoro virtuale fatto con un video in ha che ho realizzato recentemente.

http://www.vivereroma.org/index.php?page=articolo&articolo_id=255463

7 Settembre 2009

Fontana dei Quattro Fiumi in piazza Navona

Filed under: ARTE,articoli,Religione,Video — giacomo.campanile @ 22:15

La Fontana dei Quattro Fiumi in piazza Navona è forse la fontana più bella di Roma, sono milioni i turisti che ogni anno si fermano a contemplare la bellezza e la maestà di quest’opera del Bernini.

La magnificienza di questa fontana si può gustare al meglio al tramonto quando, con la complicità dei raggi solari tangenti, manifesta dei colori e delle profondità uniche.

Consiglio di guardare il video che illustra splendidamente queste affermazioni

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18 Maggio 2009

S.Maria della Pace. ROMA

Filed under: ARTE,CHIESE,Religione — giacomo.campanile @ 11:54

S.Maria della Pace

S.Maria della Pace (nella foto sopra), situata in via dell’Arco della Pace, sorge in luogo dell’antica “S.Andrea de Acquarenariis“, nome che deriva dai numerosi venditori di acqua presenti nella zona, i quali, attingendo direttamente dal Tevere, dovevano purgare l’acqua dalla “rena” che vi era mescolata. La leggenda narra che nel 1480 un’immagine della Vergine posta sotto il portico (nella foto 1, oggi situata sull’altare maggiore), colpita da un sasso lanciato da un soldato ubriaco, si mise a sanguinare. Papa Sisto IV, informato dell’accaduto, si recò personalmente sul luogo e fece cambiare il nome della chiesa in “S.Maria della Virtù“, promettendo di rimediare allo stato fatiscente dell’edificio.

1 Madonna sull’altare

Così avvenne nell’anno 1482, anche se i lavori terminarono due anni dopo sotto Innocenzo VIII: la chiesa venne chiamata S.Maria della Pace per commemorare la conclusa pace di Bagnolo, l’atto che poneva fine alla Guerra di Ferrara tra la Repubblica di Venezia e il duca di Ferrara, Ercole d’Este. Il progetto della nuova chiesa fu affidato all’architetto Baccio Pontelli mentre nei primi anni del 1500 il Bramante realizzò il chiostro ed il convento annessi. Il chiostro (nella foto 2), in particolare, rappresenta e costituisce il più bell’esempio di corte del primo Rinascimento a Roma, segnando un armonico rinnovamento nella costruzione delle logge: alle quattro arcate del pianterreno, tutte rette da pilastri dorici su cui sono addossate paraste ioniche, corrisponde nella loggia superiore una duplicazione degli elementi portanti, dove pilastri compositi si alternano a colonne corinzie che cadono in asse con le chiavi degli archi sottostanti, creando otto aperture per lato, sopra le quali un architrave prende il posto degli archi a tutto sesto.

2 Chiostro

I due ordini sono separati dall’iscrizione dedicatoria che corre lungo la trabeazione: “DEO OPT MAX ET DIVE MARIE VIRGINI GLORIOSE DEIPARE CANONICIS QZ REGULARIBUS CONGREGATIONIS LATERANENSIS OLIVERIUS CARRAPHA EPS HOSTIENSIS CARD NEAPOLITAN PIE AFUNDAMENTIS EREXIT ANNO SALVATIS CRISTIANE MDIIII“, ossia “Oliviero Carafa vescovo di Ostia e cardinale di Napoli eresse dalle fondamenta a Dio Ottimo Massimo e alla divina Maria Vergine gloriosa madre di Dio per i Canonici Regolari della Congregazione Lateranense nell’anno della salvezza cristiana 1504”. I riferimenti al cardinale sono diffusi un po’ ovunque con altre iscrizioni incise sui fregi dei portali o con il suo emblema, sormontato dal cappello cardinalizio, scolpito sui pilastri angolari del pianterreno. Nel 1656 venne realizzata la splendida facciata convessa (nella foto sotto il titolo) per volontà di Alessandro VII Chigi e per opera di Pietro da Cortona: al pianterreno, coppie di colonne sorreggono il caratteristico portico semicircolare, al di sopra del quale corre un’iscrizione che, tradotta dal latino, così recita: “Portino i monti la pace al popolo e i colli la giustizia”, in riferimento alle sei cime dello stemma Chigi di Alessandro VII, situato sotto il portico stesso. Sopra di esso il secondo ordine, anche questo leggermente convesso e scandito da lesene e specchiature, costituito da un finestrone e da un maestoso doppio timpano. Ai lati della chiesa si dipartono due alti pilastri con colonne ornati da putti che sostengono cornici (dedicate ad Alessandro VII quella di destra e a Sisto IV quella di destra) e raccordati alla chiesa tramite passaggi a piattabanda e due corpi di fabbrica concavi. La cupola fu aggiunta solo nel 1524 su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane ed è ornata da stucchi di Pietro da Cortona e da pitture del Peruzzi e di Carlo Maratta.

3 Cappella Chigi

Si accede alla chiesa attraverso l’antico portale quattrocentesco: l’interno è a navata unica ed ospita la bellissima Cappella Chigi (nella foto 3), la prima a destra, eretta, su commissione del banchiere senese Agostino Chigi su disegno di Raffaello (poi allestita e completata da Pietro da Cortona), che ideò e realizzò anche l’affresco raffigurante “Sibille e Angeli”, posto sopra l’arco della cappella, nonché i quattro “Profeti” nella soprastante lunetta, poi eseguiti dal suo allievo Timoteo Viti nel 1514. Il corredo scultoreo è dominato dall’altorilievo raffigurante “Cristo trasportato dagli angeli” posto sull’altare, opera bronzea di Cosimo Fancelli, autore anche dei due santi laterali eseguiti in collaborazione con Ercole Ferrata, ovvero “S.Caterina” e “S.Bernardino”. Degne di nota anche la Cappella Cesi, opera di Antonio da Sangallo il Giovane, e la Cappella Mignanelli, ornata di splendidi marmi provenienti dallo scomparso “Tempio di Giove Ottimo Massimo“.

We Shall Overcome è una canzone di protesta pacifista che divenne un inno del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti.

 

22 Aprile 2009

SANTA MARIA DEGLI ANGELI

Filed under: ARTE,CHIESE,Religione — giacomo.campanile @ 11:45

Piazza della Repubblica

Le Terme di Diocleziano furono le più grandi terme tra tutte quelle realizzate a Roma e nel mondo romano. Costruite in meno di otto anni, tra il 298 ed il 306 d.C., sugli ex “Horti Lolliani“, le Terme sorsero nella zona alta pianeggiante tra il Viminale ed il Quirinale, nell’area oggi compresa tra piazza della Repubblica e piazza dei Cinquecento e tra le vie Volturno e Venti Settembre. Per ottenere lo spazio necessario alla gigantesca costruzione che occupava un’area di circa 380 x 370 metri fu letteralmente abbattuto un quartiere con numerosi edifici privati e case d’abitazione (debitamente acquistati) e sconvolta la viabilità preesistente.

1 Piantina delle Terme di Diocleziano

Per quanto riguarda il rifornimento idrico fu costruita una diramazione dell’Acqua Marcia detta Iovia (ovvero “di Giove”) che iniziava dopo la porta Tiburtina e terminava in una grande cisterna di forma trapezoidale (divisa in più navate da file di pilastri e lunga oltre 91 metri) popolarmente detta “Botte di Termini“, i cui resti furono demoliti nel 1876 per la costruzione della stazione ferroviaria che dalle Terme stesse prese il nome di Stazione TerminiCon l’aiuto della piantina 1 possiamo notare che lo schema planimetrico era caratterizzato da un recinto quadrangolare che racchiudeva una vasta area aperta al centro della quale si trovava l’edificio balneare.

2 Annona Pontificia

I quattro lati del recinto, che misurava metri 361 x 376 circa, erano dotati di esedre ed altri ambienti rivolti verso l’interno: il lato nord-orientale (lungo l’attuale via Gaeta ed attraverso il chiostro grande della Certosa), aveva al centro, quasi in asse con l’attuale via Montebello, l’ingresso principale; i due lati di nord-ovest e di sud-est (oggi delimitati, rispettivamente, da via Parigi e da viale Enrico De Nicola) avevano, regolarmente intervallate, esedre ed ambienti minori, alcuni dei quali, al centro, presentavano ingressi secondari. Il quarto lato si apriva al centro di un’enorme esedra (1) del diametro di circa 140 metri che serviva da cavea per assistere alle esercitazioni ginnastiche, oggi ripetuta nelle sue linee monumentali dal colonnato ricurvo dei palazzi (ben visibili nella foto in alto sotto il titolo) dell’architetto Koch che adornano i lati di piazza della Repubblica: per questo motivo il primo nome della piazza fu proprio piazza dell’Esedra, finché nel 1960 venne rinominata piazza della Repubblica. L’esedra era fiancheggiata da due sale rettangolari (2 e 3), all’interno delle quali si presume che siano state trasferite le due biblioteche, greca e latina, provenienti dal Foro di Traiano. Ai lati delle due sale vi erano ambienti minori e due sale rotonde (4 e 5), poste proprio alle due estremità del recinto, oggi ancora ben conservate: una (4) si è trasformata nella chiesa di S.Bernardo alle Terme, mentre i nudi muri di laterizio dell’altra sala (5) si possono vedere all’angolo di via del Viminale con piazza dei Cinquecento. L’edificio balneare, al centro dello spazio aperto tenuto principalmente a giardino, era di forma rettangolare, con i lati di metri 240 x 145 circa e presentava sull’asse minore la successione di natatio (6), frigidarium (7), tepidarium (8) e calidarium (9), mentre sull’asse maggiore, simmetricamente disposti ed uguali tra loro, i vestiboli e gli spogliatoi (10 e 11) ai lati della natatio, le palestre (12) con i portici ai lati della basilica, due serie di quattro sale affiancate (131415 e 16) all’altezza del tepidarium e del calidarium. Per immaginarne la grandezza di questo complesso basti pensare che più di 3.000 persone erano in grado di utilizzare contemporaneamente i servizi dell’impianto termale. L’odierna facciata concava in laterizio di S.Maria degli Angeli rappresenta una delle due absidi centrali del calidarium (9), mentre i pochi resti di un’altra sono visibili sulla sinistra, dinanzi al civico 10 della Facoltà di Scienze della Formazione.

3 Cartiglio di papa Gregorio XIII

La Facoltà occupa, inoltre, le aule (1415 e 16) situate su una delle due ali fiancheggianti il calidarium (l’altra ala non esiste più), tagliata in due dall’odierna via Cernaia, oltre la quale si trova, pressoché intatta, l’aula a pianta quadrata (13) all’esterno ed ottagona all’interno, denominata appunto Aula Ottagona. Le quattro aule (131415 e 16) furono utilizzate nel 1575 da papa Gregorio XIII per realizzare il primo Granaio pubblico (nella foto 2, denominato Granaio Gregoriano), come conferma il grande cartiglio (nella foto 3), situato in prossimità dell’angolo con via Cernaia e sovrastato dal grande stemma della famiglia Boncompagni alla quale il pontefice apparteneva, contenente la seguente iscrizione: “GREGORIUS XIII PONT MAX ADVERSUS ANNONAE DIFFICULTATEM SUBSIDIA PRAEPARANS HORREUM IN THERMIS DIOCLETIANIS EXSTRUXIT ANNO IOBILEI MDLXXV PONT SUI III”, ovvero “Gregorio XIII Pontefice Maximo preparando ripari per la difficoltà dell’Annona costruì un granaio nelle Terme di Diocleziano nell’Anno del Giubileo 1575, terzo del suo Pontificato”. La scelta ricadde su quest’area perché offriva condizioni climatiche e morfologiche particolarmente vantaggiose: più in alto rispetto all’abitato, al sicuro dalle frequenti inondazioni del Tevere, meno umida e più ventilata, condizioni queste indispensabili per la conservazione del cereale. Il progetto di Ottavio Mascarino fu portato a termine da Martino Longhi il Vecchio: si trattava del primo nucleo dell’Annona Pontificia, che fu successivamente ampliata nel 1609 da Paolo V (Granaio Paolino), nel 1630 da Urbano VIII (Granaio Urbano) e nel 1705 da Clemente XI (Granaio Clementino).

4 Aula Ottagona, ex Planetario

Nello Stato Pontificio, già a partire dal Medioevo, i pontefici tenevano sotto controllo la produzione cerealicola, emanando una notevole quantità di provvedimenti legislativi. Tre erano le magistrature preposte a questo importantissimo compito di controllo della produzione dei cereali, ma anche di altre derrate alimentari: l’Annona frumentaria, l’Annona olearia ed il Tribunale della Grascia. L’Annona frumentaria si occupava dell’acquisto e della requisizione di ingenti quantitativi di grano che venivano poi conservati nei granai annonari, in previsione di annate di scarso raccolto, ne fissava il prezzo d’acquisto e ne curava la distribuzione e la vendita agli stessi fornai. Gli stessi compiti, ma per il commercio dell’olio, esercitava l’Annona olearia. Il Tribunale della Grascia invece esercitava il suo potere sugli altri commestibili (vino, olio, carne, bestiame ed altre derrate alimentari), requisendoli, fissandone il prezzo, decidendo se proibirne l’esportazione o no. Con la soppressione dell’Annona nel 1816, per volontà di Pio VII e del suo segretario di Stato cardinal Consalvi, l’edificio fu destinato nei due secoli successivi a vari usi civili: nel 1817 divenne il Deposito della mendicità, nel 1824 Pia Casa d’Industria e di Lavoro, dove i ragazzi poveri potevano imparare un mestiere, poi ospizio per anziani. Nel 1827 vi fu trasferito il carcere femminile di S.Michele a cui si aggiunse, nel 1831, quello maschile. Dopo il 1874 il Comune di Roma fece degli ex-granai gregoriani, dove era il carcere femminile, la sede della Scuola Normale Femminile. Nel 1992 l’edificio divenne la sede della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Roma Tre, mentre oggi è sede della Facoltà di Scienze della Formazione. L’aula Ottagona (13), tuttora conosciuta come il Planetario (nella foto 4), come annuncia l’iscrizione posta all’ingresso, sebbene il Planetario si sia trasferito all’EUR già da molti anni, ha ben 22 metri di diametro, con quattro nicchie semicircolari agli angoli ed una cupola a ombrello con occhio centrale.

5 Facciata di S.Maria degli Angeli

L’aula è una delle varie sedi del Museo Nazionale Romano (che comprende anche le sedi della Crypta Balbi, di palazzo Massimo alle Terme e di palazzo Altemps) e custodisce alcune statue, in bronzo ed in marmo, provenienti da grandi complessi termali, come l’Apollo Liceo rinvenuto nelle Terme di Traiano, copia del II secolo d.C. da originale di Prassitele, e l’Afrodite di Cirene, copia della metà del II secolo d.C. di un’opera di epoca tardo-ellenistica; in precedenza vi erano custodite altre due statue molte belle e di grande importanza storica come il “Principe Ellenistico” ed il “Pugile in riposo“, rinvenute nel 1885 sul Quirinale, probabilmente sui resti delle Terme di Costantino, poi trasferite nella sede di Palazzo Massimo alle Terme. Via Cernaia taglia in due il complesso della palestra occidentale (12) alla quale appartengono, da una parte, i tre ambienti che si affacciavano affiancati lungo il suo lato orientale e dall’altra il muro di fondo absidato (visibile nella parallela via Parigi) del grande ambiente che era sul lato opposto. La chiesa di S.Maria degli Angeli (nella foto 5 la facciata) occupa invece l’area centrale delle terme (7, il “frigidarium“), mentre il vestibolo corrisponde al tepidarium (8), ovvero la sala per i bagni di acqua tiepida. La geniale trasformazione in chiesa si deve all’opera di Michelangelo, avvenuta tra il 1563 ed il 1566: l’immensa aula mantiene tuttora intatto l’aspetto antico, come le sue proporzioni, le sue misure (metri 27 x 91 circa, compresi i due ambienti laterali), la copertura con le tre enormi volte a crociera e soprattutto le otto imponenti colonne di granito rosa egiziano, monolitiche, alte circa 14 metri e con oltre 5 metri di circonferenza.

6 Tomba di Carlo Maratta

La chiesa subì vari interventi di restauro: in particolare, tra il 1727 ed il 1746 l’architetto Clemente Orlandi alterò profondamente il progetto michelangiolesco chiudendo le due entrate del transetto, lasciando solo l’entrata su piazza dell’Esedra, e murando tre degli arconi all’intersezione dei bracci al fine di ospitare le 12 pale d’altare provenienti dalla Basilica Vaticana. Pochi anni dopo, nel 1749, Luigi Vanvitelli diede al complesso l’aspetto attuale, soprattutto nella decorazione interna: creò anche una nuova facciata su piazza dell’Esedra con un portale a timpano raccordato alla chiesa tramite lesene e fasce orizzontali. Nel 1911 la facciata vanvitelliana fu rimossa per lasciare a vista la nicchia in laterizio del calidarium delle terme, come ancora oggi è possibile vedere, caratterizzata dai due ingressi ad arco. La chiesa custodisce vari monumenti funebri: nel vestibolo vi sono quelli di Carlo Maratta (nella foto 6), opera di Francesco Maratta, del cardinale Francesco Alciati, opera di G.B. Della Porta, di Salvator Rosa, opera di Bernardino Fioriti, ed infine quello di Pietro Tenerani, con busto autoritratto. L’interno della chiesa conserva le tombe di tre protagonisti della I Guerra Mondiale: il presidente del Consiglio dell’epoca Vittorio Emanuele Orlando, l’Ammiraglio Paolo Thaon Revel ed il Maresciallo Armando Diaz; nell’abside infine si trova la tomba di Pio IV.

7 Linea Clementina

Sul pavimento del braccio destro si trova una grandiosa meridiana (nella foto 7) denominata Linea Clementina, da Clemente XI che la fece disegnare, con i segni dello Zodiaco e le variazioni della stella polare. Delle antiche terme si conserva anche l’impronta della natatio (6), un’area di 2500 metri quadrati, oggi occupata al centro dalla tribuna vanvitelliana di S.Maria degli Angeli, che si allunga dal nicchione centrale e quadrato del monumentale prospetto antico, affiancato dagli altri quattro, alternativamente rettangolari e semicircolari. Quanto al recinto esterno, oltre alle già citate rotonde (4 e 5) del lato sudoccidentale, sono conservate anche le due esedre orientali del lato nord-est (17 e 18, entrambe ben visibili percorrendo via Gaeta), la più interna delle quali (17) era stata adibita a latrina. L’antica linea semicircolare dell’esedra è oggi ripetuta perfettamente dai due palazzi ad emiciclo realizzati tra il 1896 ed il 1902 da Gaetano Koch rievocando l’ambiente termale con i grandiosi portici dagli archi a tutto sesto e soffitto a cassettoni: il prospetto sviluppa sopra i portici in tre piani, con i primi due raccolti tra due fasce marcapiano di grande evidenza come autentiche trabeazioni con paraste ioniche giganti. Bello il coronamento con sculture in marmo.

8 Fontana delle Naiadi

Al centro della grande esedra si può ammirare oggi la bella Fontana delle Naiadi (nella foto in alto sotto il titolo e nella foto 8 in dettaglio), che costituisce la mostra dell’Acqua Marcia, addotta da Quinto Marcio Re nel 144 a.C. dall’alta valle dell’Aniene presso Arsoli. La storia di questa fontana inizia nella seconda metà dell’Ottocento, quando papa Pio IX impartì opportune disposizioni per la ricostruzione dell’antico Acquedotto Marcio: l’acqua, in onore del papa, fu denominata “Acqua Pia“. La prima mostra, costituita da una modesta vasca circolare a fior di terra, guizzante di zampilli sovrastati da quello centrale più potente, era priva di qualsiasi ornamento architettonico o scultoreo ed il 10 settembre 1870 fu posta, alla presenza del pontefice, presso piazza di Termini (come era denominata allora l’attuale piazza della Repubblica), seppure posta in una posizione più vicina alla Stazione Termini rispetto a quella attuale, all’incirca dove oggi si trova il monumento ai Caduti di Dogali. Gli eventi di quel tempo, indussero il popolo a coniare il motto: “Acqua Pia, oggi tua, domani mia“: dieci giorni dopo, infatti, con la presa di Roma, cadeva il potere temporale dei papi. Nel 1885, con l’approvazione del Piano Regolatore e l’avvio di importanti lavori di ristrutturazione urbana, venne decisa la sistemazione della grande piazza dell’Esedra e fu stabilito che la definitiva mostra dell’Acqua Marcia dovesse sorgere al centro della piazza stessa, a sfondo dell’asse di via Nazionale. Nel 1888, nell’area designata, venne costruita l’attuale fontana, su disegno dell’ing. A.Guerrieri: quattro modesti leoni di stucco furono sistemati sulla fontana, in occasione della visita a Roma dell’imperatore di Germania Guglielmo II. Doveva essere una sistemazione provvisoria, ma vi rimasero ben tredici anni. Nel 1897 fu approvato il progetto di Mario Rutelli (bisnonno di Francesco Rutelli) per l’allestimento della fontana, che preparò quattro colossali gruppi bronzei, raffiguranti quattro ninfe, ognuna di esse sdraiata su un animale acquatico, che simboleggiava l’acqua nelle sue diverse forme: un cavallo marino per la Ninfa degli Oceani, un serpente d’acqua per la Ninfa dei Fiumi, un cigno per la Ninfa dei Laghi, una lucertola per la Ninfa dei Fiumi sotterranei. Era il 1901: l’opera suscitò polemiche a non finire per la procacità dei nudi femminili, tant’è che la fontana rimase a lungo nascosta dentro un recinto ligneo, finché, la sera del 10 febbraio, primo giorno di Carnevale, alcuni studenti, stanchi di aspettare, abbatterono la recinzione. Ma la fontana non aveva ancora il gruppo centrale attuale: soltanto nel 1911 vi fu posto un gruppo scultoreo costituito da tre tritoni, un delfino ed un grosso polipo: i romani, sempre pronti alle battute salaci, lo avevano soprannominato “fritto misto” (il gruppo oggi è visibile nei giardini di piazza Vittorio Emanuele II).

9 Gruppo del Glauco

Così, nel 1912, sempre ad opera del Rutelli, fu aggiunto il gruppo centrale attuale, del Glauco (nella foto 9), alto ben 5 metri, che simboleggia la dominazione dell’uomo sulla forza bruta della natura. È costituito da un uomo nudo, di struttura atletica, che stringe, tra le braccia vigorose, un guizzante delfino, dalla cui bocca si eleva, altissimo, un getto d’acqua che ricade sui numerosi zampilli laterali con magnifico effetto: anche questo fu ribattezzato, dai romani, “l’uomo col pesce in mano”.

10 Portale dell’Annona Olearia

Infine, da segnalare che accanto all’ingresso della chiesa di S.Maria degli Angeli è situato un bel portale bugnato (nella foto 10) sopra il quale si trova una grande iscrizione che così recita: “PROVIDENTIA OPTIMI PRINCIPIS CLEMENTIS XIII PONT MAX PUTEIS AD CONSERVATIONEM OLEI EFFOSSIS ANNONAM OLEARIAM CONSTITUIT ANNO MDCCLXIIII PONT VII”, ovvero “La preveggenza dell’Ottimo Principe Clemente XIII Pontefice Maximo eresse l’Annona Olearia nei pozzi scavati per la conservazione dell’olio nell’Anno 1764, Settimo (del suo) Pontificato”. Sotto l’iscrizione vi è una testa di leone con due rami di ulivo in bocca, sormontata da un imponente stemma di papa Clemente XIII Rezzonico. Nel 1764 infatti papa Clemente XIII autorizzò la costruzione di una riserva d’olio che, garantendo l’approvvigionamento per la città, calmierasse i prezzi del prodotto. I pozzi per lo stoccaggio dell’olio furono realizzati proprio nei sotterranei dei granai. Per la conservazione dell’olio era infatti necessario un luogo fresco e con temperatura costante ed i sotterranei gregoriani furono considerati ideali. I lavori per la realizzazione delle olearie papali furono affidati all’architetto Pietro Camporese il Vecchio, il quale fece abbattere antiche ed imponenti strutture delle Terme di Diocleziano e realizzare un gran numero di pilastri per sorreggere i granai superiori. Purtroppo non vi fu alcuna attenzione a preservare l’antico edificio termale: furono smantellati gli antichi sistemi di riscaldamento e lo stesso portale bugnato d’ingresso fu aperto nella muratura del calidarium. I pozzi realizzati furono dieci, posti su due file da cinque, all’interno di un ambiente composto da cinque corridoi con ampie volte a crociera su possenti pilastri. Le bocche delle cisterne, ognuna delle quali poteva contenere 44.000 litri, emergono dal pavimento rialzandosi da esso con una grande vera in travertino.

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1. Dove incontrarono Gesù risorto i due discepoli?

2. Come si chiama l’apostolo che non crede alla risurrezione di Gesù?

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20 Ottobre 2008

S.Maria in Via. ROMA

Filed under: ARTE,CHIESE — giacomo.campanile @ 17:30

S.Maria in Via

La chiesa di S.Maria in Via (nella foto sopra), situata nell’omonima via, fu iniziata da Giacomo Della Porta nella seconda metà del Cinquecento ma fu portata a termine da Carlo Rainaldi nel 1681. L’origine del suo nome “in via” è alquanto incerto: alcuni ritengono possa derivare dalla sua vicinanza alla via Lata (l’odierna via del Corso), nodo cruciale della zona, altri dalla sua posizione in quanto, come ancora oggi è ben visibile, la chiesa era situata “in via”, ovvero “in mezzo alla strada”. La chiesa si presenta con un’alta facciata in travertino, distribuita su due ordini orizzontali: quello superiore presenta due vasi fiammeggianti e due snelle volute disposte ai lati del prospetto, al centro del quale si apre un finestrone balaustrato, affiancato da due colonne corinzie e sormontato da un timpano centinato con conchiglia; un timpano composto, formato dall’inserimento di un timpano curvilineo in uno triangolare, conclude la sommità della facciata. L’ordine inferiore presenta un alto portale timpanato e fiancheggiato da due colonne corinzie; ai lati sono poste due eleganti finestre anch’esse timpanate. Notevole il fregio con cui si conclude il primo ordine, impreziosito da angioletti e ghirlande vegetali, al centro del quale è situata una targa che così recita: “FRONS ERECTA A D MDXCVI RESTITUTA MDCCCC“, ovvero “Facciata eretta nell’anno del Signore 1596 (e) restaurata nel 1900”. Sopra il fregio, a separare i due ordini, corre invece la lunga iscrizione: “DEO IN HON(OREM) MARIAE VIRGINIS MATRIS DEI DD A MCCLVI”, ovvero “Dedicata a Dio in onore della Vergine Maria Madre di Dio nell’anno 1256”. Questo fu un anno molto significativo per la chiesa, anche se non fu quello di fondazione: le sue origini, infatti, sono più antiche, in quanto è già ricordata in una bolla papale di Agapito II nel 955, ma fu l’anno 1256 che conferì alla chiesa grande fama e notorietà. Dove oggi sorge la chiesa in passato vi erano le stalle del contiguo palazzo del cardinale Pietro Capocci, a sua volta adiacente alla chiesetta originaria. Si narra che, nella notte tra il 26 ed il 27 settembre 1256, un servo del cardinale, forse volontariamente, fece cadere nel pozzo situato nelle stalle un’immagine della Madonna dipinta su una tegola di terracotta. A quel punto accadde il fatto miracoloso: l’acqua iniziò a fuoriuscire dal pozzo ed in poco tempo allagò tutto l’ambiente. I cavalli, impauriti, iniziarono a nitrire ed a scalpitare, svegliando gli stallieri che si affrettarono a mettere in salvo le bestie. In mezzo a questo trambusto uno degli uomini si accorse che una pietra galleggiava sull’acqua e, avvicinandosi, si accorse che si trattava della stessa tegola con l’immagine della Madonna che era caduta nel pozzo. Il cardinale Capocci, informato dei fatti, accorse immediatamente nella stalla e, dopo una breve preghiera, raccolse la tegola con il dipinto e la fuoriuscita dell’acqua terminò. Il cardinale, dopo aver informato dei fatti papa Alessandro IV, decise di far erigere una cappella intorno al pozzo miracoloso, da consacrare alla Madonna, attigua alla chiesa già esistente. Sotto il pontificato di papa Innocenzo VIII, intorno al 1491, la chiesa fu riedificata ed affidata qualche anno dopo (1513) da papa Leone X Medici ai Padri Serviti di Maria. Grazie alla generosità di monsignor Giovanni Battista Canobi, primo segretario di Gregorio XIII e di Clemente VIII, nel 1592, sotto la direzione di Giacomo Della Porta e, subito dopo, di Francesco da Volterra, ebbe inizio la ricostruzione della facciata che, in antecedenza, era molto semplice.

1 Il pozzo oggi nella Cappella della Madonna

Fu in occasione di questi lavori che la cappella ed il pozzo vennero inglobati all’interno della chiesa (nella foto 1), come dimostra la maggiore profondità di questa cappella rispetto alle altre. Interrotti i lavori per la morte del Canobi (1596), questi furono ripresi nel 1609 per iniziativa del cardinale Roberto Bellarmino e sotto la direzione di Carlo Lambardi. Tuttavia la facciata, come ora si presenta, fu completata nel 1681 da Carlo Rainaldi su commissione di monsignor Giorgio Bolognetti, congiunto del Canobi.

2 Cappella della Madonna del Pozzo

L’interno, a navata unica terminante con l’abside, presenta quattro cappelle per lato: la prima a destra è la Cappella della Madonna del Pozzo (nella foto 2), dove sono custoditi sia il pozzo che l’Immagine della Vergine, opera di pittore di scuola romana del XIII secolo, inserita all’interno di un tabernacolo seicentesco. L’evento miracoloso è tuttora ricordato con un rubinetto situato accanto al pozzo dal quale viene attinta l’acqua miracolosa che i fedeli bevono con fiduciosa devozione o portano a congiunti e conoscenti infermi. L’altare, restaurato nel XVIII secolo a spese del cardinale P.F. Bussi, titolare della chiesa, è formato da un paliotto in marmi policromi recante al centro una croce raggiata in ottone dorato ed alle due estremità due stemmi cardinalizi in mosaico. Al di sopra del paliotto due colonne con capitelli corinzi sorreggono due elementi di timpano triangolare spezzato; al centro di questi, un retablo con iscrizione tra due volute laterali sormontato da una lunetta. Sulla parete sinistra un ampio dipinto raffigura il cardinale Capocci attorniato dal suo seguito mentre recupera l’immagine della Beata Vergine emersa dalle acque del pozzo. Secondo una nota esistente nell’archivio del convento, il dipinto fu eseguito nel 1672 da un artista veneto per volontà del cardinale Carlo Carafa della Spina, che nel 1675 sarebbe divenuto titolare della chiesa. Sempre sulla parete sinistra è situato il monumento funebre a monsignor G.B. Canobi, fatto erigere nel 1681 dalla Confraternita del Ss.Sacramento che, dal 1576, data della sua fondazione, fino al 1724, data del suo trasferimento a piazza Poli, aveva sede in questa chiesa. Le altre cappelle sul lato destro sono: quella dedicata a S.Filippo Benizi, uno dei fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria, con la pala d’altare di Antonio Circignani, detto il Pomarancio, mentre gli altri dipinti sono di Tommaso Luini.

3 Cappella Aldobrandini

La terza è la Cappella Aldobrandini, dove possiamo ammirare la pala d’altare raffigurante “l’Annunciazione” e due tele, “Adorazione dei Magi” e “Natività”, opere del Cavalier D’Arpino (1596). Gli inserti della volta (nella foto 3, “Eterno Padre”, “Noli me tangere”, la “Trasfigurazione”, la “Pentecoste” e “l’Assunzione”) furono eseguiti dai fratelli fiorentini Jacopo e Francesco Zucchi tra il 1595 ed il 1596.

4 Cappella della Ss.Trinità

La quarta cappella fu progettata da Carlo Francesco Lambardi come cappella di famiglia ed è dedicata alla Santissima Trinità (nella foto 4). La pala d’altare raffigurante “La Santissima Trinità” è un’opera composta, con un crocifisso ligneo del XVI secolo attribuito ad uno scultore romano.

5 Altare maggiore

Nell’abside, sull’altare maggiore (nella foto 5), circondata da Angeli, è collocata la statua della “Vergine Addolorata”, molto venerata in tutte le chiese dell’Ordine dei Servi di Maria. Le Cappelle sul lato sinistro sono dedicate a S.Andrea Apostolo, al Sacro Cuore di Gesù, ai Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria ed a S.Pellegrino Laziosi, del medesimo Ordine.

10 Marzo 2008

Ravenna. Religione, storia, arte. 101022

Filed under: ARTE — giacomo.campanile @ 21:47

1. Ravenna. Cattedrale. Battistero degli Ortodossi.

2. Ravenna. 3 agosto 2021 San Apollinare nuovo. Museo Diocesano.

3. Ravenna. 3 agosto 2021.Basilica San Vitale.Mausoleo di Galla Placida.

Basilica di San Vitale – 1 – Italiano

Basilica di San Vitale – 2 – Italiano

I mosaici bizantini. Basilica di San Vitale a Ravenna. Didattica a distanza, scuola media.

RAVENNA: Documentario completo (Alberto Angela) – Luglio 2017 HD & HQ

ESERCIZIO:TRADUCI IL DIES IRAE DA SOLO POI CONFRONTA LA TRADUZIONE

http://www.superzeko.net/tradition/DiesIrae.html

25 Febbraio 2008

S.Crisogono ROMA

Filed under: ARTE — giacomo.campanile @ 07:31

S.Crisogono

S.Crisogono (nella foto sopra), situata in piazza Sidney Sonnino, è una delle più insigni ed antiche basiliche romane: le sue origini risalgono almeno al 499 d.C., quando, per la prima volta, il titulus Crysogoni venne menzionato nell’elenco dei tituli invitati a partecipare, insieme ai relativi presbiteri, al Concilio di Roma indetto da papa Simmaco. Il titulus Crysogoni si sviluppò, presumibilmente nel IV secolo, su una domus privata del III secolo che venne riadattata a luogo di culto per i primi cristiani (queste case furono definite domus ecclesiae). Per quanto riguarda invece la dedica a Crisogono possiamo affermare che questo santo fu martirizzato sotto l’imperatore Diocleziano tra il 304 ed il 305 ad Aquileia (in provincia di Udine), ma tuttora risulta impossibile sapere con certezza se il Crisogono del titulus sia da identificare con il martire di Aquileia o, invece, con un omonimo romano proprietario della domus: il termine latino titulus significa cartello o iscrizione, dall’uso di apporre sugli edifici, su una lastra di marmo, il nome del proprietario della domus o, in seguito, il nome di colui che l’aveva messa a disposizione della comunità cristiana.

1 Abside e cripta dalla scala

Nel V secolo il titulus Crysogoni assunse un impianto basilicale, a navata unica, alla quale furono aggiunti l’avancorpo del nartece ad est e, mediante un prolungamento delle murature, la zona presbiterale ed il catino absidale ad ovest. La chiesa originaria, ad un livello di 6 metri più basso dell’attuale, fu rinvenuta nel 1907 durante una campagna di scavi per conto del Ministero delle Belle Arti ed è tuttora ben visibile nei sotterranei, ai quali si accede dalla sagrestia, mediante una scala moderna che immette direttamente nella zona absidale. Dall’alto (nella foto 1) è immediatamente evidente il corpo semicircolare dell’abside, mentre solo scendendo è possibile rendersi conto che la stessa è affiancata da due ambienti “di servizio”, (che richiamano per posizione i cosiddetti pastofori orientali), il secretarium a nord ed il battistero a sud (nella mappa 2 l’abside al punto 1, il secretarium al punto 2 ed il battistero al punto 3).

2 Mappa

Il secretarium (nella foto 3), di forma quadrata, probabilmente era utilizzato per riporre vesti sacre, documenti ed arredi liturgici, ed aveva un pavimento, tuttora visibile, in tessere marmoree con disegno floreale; in seguito il vano venne utilizzato come luogo di sepoltura, come testimonia il bel sarcofago marmoreo (nella foto 4) con motivi marini del II secolo oggi posto dinanzi all’ingresso.

3 Secretarium

L’altro ambiente, di dimensioni maggiori, è il battistero (nella foto 5), all’interno del quale si scorge ancora un emiciclo della vasca battesimale, di metri 2,6 di diametro, funzionale all’antico rito per immersione: evidenti, nei resti della struttura, i gradini semilunati che permettevano al catecumeno l’ingresso nel fonte. Oggi possiamo vedere soltanto una metà della vasca battesimale in quanto tra il X ed il XII secolo, quando ormai il sacramento del battesimo veniva impartito per aspersione, fu tagliata da un imponente muro trasversale e coperta da un pavimento.

4 Sarcofago con motivi marini

Il ritrovamento di altre due vasche (oggi scomparse) collegate ad un sistema di tubature che scaricavano in una fogna coperta a cappuccina, fa supporre che il locale, prima di diventare un battistero, fosse una fullonica, ovvero una bottega destinata alla lavatura, smacchiatura o tintura dei tessuti, ed aveva l’accesso diretto, come si deduce dai resti di una porta sulla parete di fondo, dalla retrostante via di S.Gallicano.

5 Battistero

Seguendo il percorso absidale si accede direttamente al corridoio rettilineo che conduce alla fenestella confessionis, attraverso la quale i fedeli venivano a contatto con le reliquie di S.Crisogono (una mano e la calotta cranica); qui, sulla parete sinistra, si conservano ancora le pitture dell’VIII secolo che raffigurano i tre santi Crisogono, Rufino ed Anastasia. Sempre dell’VIII secolo sono gli affreschi, voluti da papa Gregorio III, conservati lungo la parete superiore dell’abside (nella foto 6), con decorazione a dischi e losanghe intrecciati, che richiamano la decorazione a finto marmo. L’aula dell’antica basilica paleocristiana (nella mappa al punto 4), a navata unica, era a pianta rettangolare di circa metri 35 x 19: la presenza del possente muro parallelo alla parete settentrionale non deve trarre in inganno ritenendolo una suddivisione della navata in quanto altro non è che il muro di fondazione della chiesa superiore.

6 Abside con affreschi

Nello spazio che intercorre tra questo muro e la parete settentrionale (nella mappa al punto 5) si conservano, oltre a diversi sarcofagi in terracotta, magnifici affreschi, miracolosamente conservati, risalenti al X-XI secolo con storie di S.Benedetto che guarisce il lebbroso, del Salvataggio di S.Placido, di S.Pantaleone che guarisce il cieco e di papa Silvestro che cattura il drago.

7 Nartece

Sul fondo di questo ambiente, tramite una scala moderna, si accede al nartece (nella foto 7 e nella mappa al punto 6), l’antico vano di ingresso alla basilica paleocristiana. Sulla parete meridionale (nella foto 8), invece, si riscontra la presenza di un altare a blocco affrescato con decorazioni a rotae concentriche dell’XI secolo. Nello stesso vano si rileva la presenza di due sarcofagi marmorei (nella foto 9 il cosiddetto Sarcofago con le Muse), ritratti di santi entro nimbo in parete e materiale marmoreo appartenuto all’arredo liturgico della chiesa primitiva.

8 Parete meridionale

Gli affreschi sul muro presentano differenti datazioni: al VI-VII secolo risale la serie di vela, cioè drappi bianchi con al centro la croce gemmata e sopra scene del Nuovo Testamento, di cui ne restano quattro ma solo una riconoscibile: si tratta della scena dei tre ragazzi ebrei nella fornace dove un personaggio ha un libro chiuso in mano, un’altra figura maschile in piedi con pallio bianco con macchie rosse si trova dentro una struttura architettonica color giallo avvolta dalle fiamme; il tutto era incorniciato da una fascia rossa con la scritta VOTUM SOLVIT. Nell’VIII secolo papa Gregorio III (731-741) promosse un sostanziale restauro della basilica: oltre ai sopracitati affreschi, fu eseguito il rifacimento del tetto, il presbiterio venne diviso dall’aula con un muro in mattoni e tufi e venne progettata la cripta semi-anulare, tra le prime ad essere costruite in tutta Roma, alla quale si accedeva tramite scale. Entro la curva dell’abside, al di sopra della cripta, si trovavano l’altare ed il ciborio in corrispondenza della confessione.

9 Sarcofago con le Muse

Abbellimenti e modifiche continuarono sino al XII secolo, quando una nuova basilica venne costruita ex novo, per iniziativa del cardinale Giovanni da Crema, leggermente spostata verso nord rispetto all’antica aula di culto, di cui vennero sfruttate alcune strutture come fondazioni. La nuova chiesa di S.Crisogono non fu tuttavia edificata esattamente sull’antica, ma un poco più a destra (come possiamo notare dalla mappa) in modo tale che le fondazioni del muro perimetrale sinistro si trovassero immediatamente a destra della vecchia abside. Ciò fu dovuto probabilmente all’impossibilità di riutilizzare completamente come muri di fondazione le strutture ormai fatiscenti del complesso antico e forse anche per avvicinare la chiesa alla strada principale di Trastevere, l’attuale via della Lungaretta.

10 Campanile romanico

A questo periodo, esattamente al 1126, risale il bel campanile romanico (nella foto 10), costruito su base quadrata di metri 8 x 8 ed alto metri 45. Realizzato per volontà del cardinale titolare della chiesa, Giovanni da Crema, il campanile sviluppa su cinque piani, di cui il primo ed il secondo con tre aperture centinate a fondo piano, il terzo con due fornici aperti, il quarto ancora con tre aperture, il quinto con due bifore affiancate e con le caratteristiche colonnine con capitelli a stampella. Nella suddivisione dei piani sono utilizzate le tradizionali cornici a modiglioni e denti di sega. Il portico e la facciata della chiesa moderna appartengono invece al 1626, quando la chiesa venne restaurata radicalmente dall’architetto Giovanni Battista Soria per volontà del cardinale Scipione Borghese: ovunque è un ripetersi degli stemmi araldici della famiglia (aquila e drago alato), nel portico, nei soffitti della navata e del transetto, sull’attico, mentre sull’architrave campeggia la seguente epigrafe: “SCIPIO S.R.E. PRESB CARD BURGHESIUS M POENITEN AD MDCXXVI”, ovvero “Il cardinale presbitero di Santa Romana Chiesa, Scipione Borghese, Penitenziere Maggiore, nell’Anno del Signore 1626”. Fu in questa occasione che il campanile, fatto intonacare e sormontare da una pesante cuspide per volontà del cardinale Borghese, rischiò di crollare a seguito di gravi lesioni alla struttura, tanto che si dovettero chiudere alcune trifore; l’ultimo restauro risale al 1866. L’accesso alla chiesa avviene mediante un portico (nella mappa al punto 7), preceduto da quattro colonne doriche; l’interno, a forma basilicale, è suddiviso in tre navate da 22 colonne di granito, probabilmente provenienti dalle Terme di Settimio Severo. Altre due colonne di porfido, giudicate le più grandi esistenti a Roma, sorreggono l’arcata centrale ed altre quattro di alabastro sono nel baldacchino rifatto in forme barocche.

11 Gloria di S.Crisogono del Guercino

Al centro del soffitto si trova la “Gloria di S.Crisogono” del Guercino (nella foto 11), purtroppo solo una copia perché l’originale fu trafugato e venduto in Inghilterra nel 1808, dove ancora oggi si trova presso la Stafford House di Londra. Un riquadro dell’abside rappresenta la “Vergine con i Ss.Crisogono e Giacomo”, opera attribuita a Pietro Cavallini (1290); nel soffitto “Madonna con Bambino” del Cavalier d’Arpino. Fino ai primi del Settecento era qui custodita la statua della “Vergine del Carmelo”, popolarmente detta la “Madonna de Noantri”, trasferita poi nell’adiacente chiesa di S.Agata.

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CHE RAPPORTO C’E’ TRA INDULGENZA E SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE?

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DELL’INDULGENZA?

S.Pietro in Montorio. ROMA

Filed under: ARTE,CHIESE — giacomo.campanile @ 07:25

S.Pietro in Montorio

La chiesa di S.Pietro in Montorio (nella foto sopra) sorge sul luogo dove, secondo la tradizione, l’apostolo Pietro fu crocifisso sulla croce capovolta a testa in giù, sebbene la storia ritenga che il martirio di S.Pietro sia avvenuto nel Circo di Caligola e Nerone nell’ager Vaticanus (corrispondente all’attuale fianco sinistro della Basilica Vaticana). L’appellativo “Montorio” è corruzione di “Mons aureus” o “Monte d’oro”, per la marna gialla, anche detta “mica aurea“, che compone il colle Gianicolo sul quale la chiesa risiede. La chiesa fu fondata nel Medioevo per i monaci celestini (dell’Ordine di Celestino V), nel XII secolo passò ai Benedettini ed alla fine del Quattrocento fu affidata da papa Sisto IV ai frati Francescani. I frati, a seguito della definitiva acquisizione e conseguentemente al diffondersi della notizia che la chiesa contenesse la memoria del martirio di S.Pietro, provvidero a far abbattere il vecchio edificio per costruirne uno nuovo. La nuova chiesa fu eretta così inizialmente per munificenza del re di Francia Luigi XI e, successivamente, ad opera dei reali di Spagna Ferdinando V ed Isabella di Castiglia, per essere consacrata il 6 giugno 1500. Architetto della ricostruzione fu Baccio Pontelli. I bombardamenti avvenuti durante i combattimenti a difesa della Repubblica Romana nel 1849 danneggiarono seriamente la chiesa, distruggendo il quattrocentesco campanile (che fu poi interamente ricostruito), parte dell’abside ed il tetto. La chiesa presenta un’elegante facciata a timpano a due ordini con rosone gotico, preceduta da una doppia rampa di scale che conduce al bellissimo portale ligneo. L’interno, a navata unica terminante in un’abside poligonale, è scandito da tre campate: le prime due coperte da volte a crociera, corrispondenti a due cappelle semicircolari; la terza con volta a vela, fiancheggiata da due nicchioni che ripropongono l’andamento di un transetto. La chiesa conserva notevoli opere d’arte di Daniele da Volterra, di Giorgio Vasari, di Sebastiano del Piombo e di Gian Lorenzo Bernini. Sotto l’altare maggiore, non ricordata da alcuna lapide come avveniva per tutti i giustiziati, è sepolta Beatrice Cenci. Fino al settembre 1789, all’interno della chiesa era conservata, in una teca, la testa di Beatrice, decapitata in piazza di ponte S.Angelo l’11 settembre 1599: dopo 190 anni Jean Maccuse, soldato francese, profanò la teca e, dopo essersi divertito a prendere a calci la disgraziata testa di una delle donne più belle di Roma, andò via con il misero resto in tasca. Il francese, colpito da una terribile maledizione, da quel momento in poi non ebbe più pace: scherzo del destino, alla fine la sua testa andò ad ornare la teca di un sultano in Africa. Alla destra della chiesa, attraverso un cortiletto, si accede al chiostro formato da una serie di arcate murate (12 e 10 nei lati lunghi e 5 in quello corto) e da un portico di tre arcate rette da pilastri.

1 Tempietto del Bramante

Al centro del chiostro si innalza il bellissimo Tempietto del Bramante (nella foto 1), sorto proprio sul luogo dove la leggenda vuole che sia stato crocifisso S.Pietro: difatti nella cripta sotterranea si può vedere il foro nel quale sarebbe stata piantata la croce del martirio. Il Bramante realizzò, tra il 1502 ed il 1509, quello che molti considerano il primo vero edificio rinascimentale di Roma su commissione di Ferdinando ed Isabella di Spagna, in adempimento, secondo la tradizione, di un voto fatto per ottenere un erede. La forma circolare del Tempietto riecheggia quella dei “martyria” cristiani, le cappelle dedicate al culto dei martiri: 16 colonne doriche sostengono la trabeazione con triglifi e metope, sormontata a sua volta da una balaustra. Al di sopra si innalza la cupola, impostata su un alto tamburo cilindrico, dove, separate da lesene, si alternano nicchie rettangolari ed a conchiglia. La calotta, rivestita in piombo e divisa in spicchi da costoloni, si conclude con una specie di lanternina cieca, dove al posto delle finestre si trovano vari emblemi. La cella del tempio presenta un corpo cilindrico, scavato da nicchie insolitamente profonde, decorate con conchiglie, e scandito da paraste come proiezione geometrica delle colonne del peristilio; l’interno ha un diametro di circa 4 metri e mezzo in quanto fu concepito come un luogo puramente simbolico e commemorativo più che uno spazio dedicato alle funzioni liturgiche. Sull’altare è collocata una statua di S.Pietro di anonimo lombardo. Il Tempietto fu restaurato nel secolo scorso, come ricorda una lapide commemorativa situata nel cortile del chiostro, all’inaugurazione del quale, il 25 maggio 1999, assistette il re di Spagna Juan Carlos. A fianco del chiostro è situato l’edificio dell’Accademia di Spagna di Belle Arti, risultante dalla trasformazione dell’antico convento francescano.

2 Colonna con la Croce

La piazza antistante la chiesa fu sistemata nel 1605 grazie agli aiuti economici del re Filippo III di Spagna, arricchita da una colonna sormontata dalla Croce (nella foto 2), qui posta nel 1657 con lo scopo di delimitare l’area del sagrato della chiesa. La colonna, dopo una temporanea sistemazione nell’Ottocento presso la Fontana Paola, fu risistemata nella posizione attuale nel 1941. La piazza era ornata anche da una fontana seicentesca detta “La Castigliana“, realizzata per volontà di Filippo III con gli emblemi del regno di Castiglia: distrutta dai cannoni francesi nel 1849, fu sostituita temporaneamente dalla cosiddetta Fontana del Trullo proveniente dalla piazza del Popolo, successivamente trasferita in piazza Nicosia, dove tuttora risiede.

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COS’E’ LA PREGHIERA?

PERCHE’ LA PREGHIERA E’ UNA NECESSITA’?

COSA DICE LO SPIRITO SANTO NELL’UOMO?

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