6 Giugno 2011

Cristianesimo ed Epicureismo in Clemente di Alessandria

Filed under: FILOSOFIA RELIGIONE,Religione,Teologia — giacomo.campanile @ 10:06

Adversus Epicuro

Confronto cristianesimo epicureismo. Felicità, amicizia, libertà, vita nascosta

LEZIONE VIDEO DI Giacomo Campanile

Campanile group concerto Senigallia festival di Epicuro. prima parteseconda parte

Epicuro (gr. ᾿Επίκουρος, lat. Epicurus). – Filosofo greco (Samo 341 – Atene 270 a. C.). Fondatore di una delle più importanti scuole filosofiche dell’età ellenistica, detta il “Giardino” (perché aveva sede in un giardino attiguo alla sua casa). Della sua opera, amplissima (essa comprendeva quasi 300 titoli), restano i frammenti di circa 9 libri (erano in tutto 37)

Il saggio coglierà questo equilibrio contentandosi di poco e vivendo appartato (λάϑε βιώσας: “vivi nascosto”); dalle offese degli uomini e dai colpi della fortuna solo l’amicizia può proteggere. Non basta però tenere a freno i desideri smodati, occorre liberarsi dai timori. La filosofia ha così il compito di offrire all’uomo il “quadrifarmaco”, cioè la medicina capace di guarire dai quattro timori che rendono infelice la vita dell’uomo: il timore degli dei, della morte, del dolore (che è intenso e allora passeggero, o cronico e allora sopportabile serenamente), dell’impossibilità di raggiungere il piacere. Questa guarigione, questa liberazione però non può venire che da un sano criterio (“canone”) di verità (e “canonica” è detta la dottrina del “canone della verità”), il quale sta nell’evidenza posseduta dalle sensazioni, fondamento di tutta la conoscenza (i concetti essendo riassunto mnemonico del percepito e anticipazione – “prolessi” – del percepibile).

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Felicità – AlBano Romina

FELICITA’ = AMICIZIA AMORE, LIBERTÀ, GIOIA, INCONTRO

Per Epicuro la filosofia ha in primo luogo una funzione terapeutica : “Vana è la parola del filosofo se non allevia qualche sofferenza umana” 

Razionalità e felicità: la filosofia di Epicuro

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Mentre approfondivo “Stromati, note di vera filosofia” un interessante testo di Clemente Alessandrino, noto teologo cristiano del III secolo fui colpito dalla stima e dalla riverenza che il grande Padre della Chiesa portava per la filosofia greca.

Il platonismo e la filosofia ellenica in generale erano considerati come uno strumento positivo e valido per conoscere la verità.

La S. Teologia e la filosofia erano considerate in modo allegorico come due personaggi della Genesi.

Sara ed Agar (St. I/5,32). Sara, prima moglie legittima di Abramo, è il simbolo della Teologia e Agar, serva di Sara che unendosi con il Patriarca gli aveva dato una discendenza, è simbolo della filosofia.

Clemente afferma: “La filosofia ha come compito l’indagine sulla verità e sulla natura del reale.

È d’altra parte la cultura preparatoria al riposo in Cristo, esercita la mente e sveglia l’intelligenza, ingenerando la sagacia nella ricerca attraverso la vera filosofia. È la filosofia che posseggono gli iniziati: l’hanno scoperta, o meglio, l’hanno ricevuta dalla verità stessa” (St. I/5,32.4).
In questo testo la teologia e la filosofia sono fuse e sovrapposte a vicenda; la filosofia appare la più autentica vita religiosa, o avvicinamento ad essa (riposo in Cristo, la possiedono gli iniziati).
Questo alto concetto della filosofia non era condiviso da altri importanti Padri della Chiesa (vedi Taziano e in modo particolare Tertulliano).
Clemente, mentre aveva buona considerazione la filosofia e i grandi esponenti delle diverse scuole, aveva un atteggiamento molto critico verso Epicuro e le sue idee. Perché?
Lo scopo di questo breve studio è soltanto di capire perché Clemente ha parole d’elogio e d’ammirazione per i filosofi e disprezza in modo quasi indegno la filosofia di Epicuro. Il pensiero d’Epicuro è incompatibile con la dottrina cristiana?
Cominciamo il nostro studio andando ad analizzare i testi in cui Clemente cita le opere e le idee d’Epicuro. Già nella prima pagina degli Stromati si legge: “Epicuro, corifeo d’ateismo” (St. I/1,2).
La prima affermazione su Epicuro è un’accusa d’ateismo.

La seconda critica è ancora più pesante: è quella di sopprimere la provvidenza e divinizzare il piacere. “S’intende della filosofia non nel suo complesso, ma in quella di Epicuro di cui pure fa menzione Paolo negli Atti degli Apostoli, rimproverandoli di sopprimere la provvidenza e di divinizzare il piacere” (St. I/11,50.6).
Questa critica, specifica Clemente, non è rivolta alla filosofia perché tale, ma alla filosofia di Epicuro, fonte di menzogna e immorale.

Contro gli epicurei afferma: “E quelli che pongono come principio gli atomi: poveri uomini senza fede, schiavi dei piaceri, che si rivestono del nome di filosofi” (St. I/11, 53.4). qui l’attacco è rivolto a tutti quelli che condividono le idee di Epicuro, tutti falsi filosofi, peccatori, atei e immorali.
Ancora: “Ed esso persuade anche Epicuro a porre come sommo fine del filosofo il piacere” (St. II/20,119.5).
Incredibile, il fine dell’uomo non è il sommo bene, ma il piacere, ciò non può essere nemmeno tenuto in considerazione, è un’idea assurda per un filosofo serio.
Afferma su Epicuro: “Egli finisce con il divinizzare lo stabile equilibrio della carne e la fiducia circa questa” (ivi). Ciò che Clemente considera dissolutezza, per Epicuro è il principio fondante della filosofia. Clemente chiede aiuto ad altri filosofi per confermare la sua critica: “Diogene scrive espressamente in una tragedia: ‘ . quelli che sono saturati nel cuore, ad opera dei piaceri, della mollezza effeminata, insudiciata di sterco, che non vogliono faticare, nemmeno un poco.’ Con le parole che seguono dette in modo da far vergogna, ma degno dei voluttuari” (St. II/20,119,5-6; cfr. Diog. L.VI 80).
Il capitolo 21 degli Stromati, è dedicato alla filosofia e al sommo bene, anche in questo frangente clemente inizia con una critica feroce ad Epicuro:

“Epicuro riponeva la felicità nel non aver fame, non aver sete, non aver freddo. Pronunciò la celebre frase: ‘Felicità che rende uguale agli dei’, ma in modo empio perché proprio in questo sosteneva di poter rivaleggiare con Zeus, come se stabilisse la beata superiorità di porci che mangiano escrementi, non di uomini ragionevoli e filosofi. Di quelli che pongono come principio il piacere cirenaici ed epicurei” (St. II/21,1-2).
La felicità dell’uomo è vivere per il piacere. Solo il piacere diviniza l’uomo. Questa dottrina che Clemente condanna senza appelli, è molto attuale. Di fronte alla rivelazione la filosofia, secondo Clemente, è come un dono di Dio. Essa è stata data da Dio ai greci come un testamento che servisse di base alla filosofia cristiana. Nella filosofia greca fu seminata la zizzania dal diavolo (cfr. la parabola Mt 13,25-30). Come nel cristianesimo le eresie crescono insieme al grano buono, così nell’ambiente filosofico:

L’empietà di Epicuro e la teoria del piacere e tutte le altre proposizioni disseminate nella filosofia greca contrariamente alla retta ragione, costituiscono i frutti spuri della cultura concessa da Dio ai greci” (St. VI/8,67.2).
La dottrina del piacere di Epicuro viene paragonata da Clemente Alessandrino all’erba cattiva nel campo della filosofia, Epicuro viene definito uomo empio, la sua filosofia va contro la retta ragione e contro la legge di Dio.

Conclusione
Negli “Stromati, note di vera filosofia”, c’è secondo Clemente una contrapposizione estrema tra teologia cristiana e filosofia epicurea in quanto questa filosofia aveva assunto nella storia quasi la forma di una religione laica contrapposta alla religione cristiana.
In questa religione laica l’uomo poteva raggiungere la felicità da solo, solo confidando nelle sue capacità naturali, non gli ha bisogno dei o mediatori soprannaturali, per arrivare alla pace non ha bisogno neanche di beni materiali e ricchezze, o di vita politica e istituzioni. L’uomo è perfettamente autartico. Ciò non può essere condiviso da un teologo cristiano che vede la salvezza e la redenzione umana come un dono di Dio. Le accuse d’ateismo rivolte da Clemente sono pertinenti giacché la dottrina epicurea è una fede nell’al-di-qua, negatrice d’ogni trascendenza e radicalmente legata alla dimensione del “naturale” e del “fisico”, in questo contesto la metafisica platonica e aristotelica sono negate.
L’attualità del pensiero di Epicuro
In un certo senso oggi siamo in un’epoca epicurea, la galoppante secolarizzazione, la eccessiva fiducia nella capacità dell’uomo di realizzare una pace mondiale, la società impostata in modo edonistico.
In effetti, soddisfare ogni tipo di piacere è il principio della nostra società consumistica. Oggi il criterio per discriminare il “bene” e il “male” non è la verità, ma il piacere e il dolore, così che essi diventano le regole del nostro agire. Un agire morale fondato sul principio del piacere è profondamente amorale, condividiamo la posizione di Clemente a riguardo in quanto il piacere non può essere un principio metafisico.
Anche a livello gnoseologico Epicuro è attuale. Il primato della sensazione per l’oggettività rende la filosofia di Epicuro moderna. Il soggetto con le sue sensazioni diventa il protagonista della conoscenza oggettiva, dimenticando ogni tipo di conoscenza metafisica.
Gli studiosi recenti sostengono che il piacere concepito da Epicuro riguarda l’aspetto spirituale dell’anima. Ciò che deve cercare ogni uomo è la tranquillità dell’anima (atarassia). L’uomo deve cercare la pace, per questo bisogna fuggire dal caos di una vita sociale frenetica e a volte solo esteriore. Nella famosa frase di Epicuro: “Ritirati in te stesso, soprattutto quando sei costretto a stare tra la folla” sembra di sentire l’eco del Vangelo.
Un altro pregio della filosofia epicurea è quello di considerare l’uomo non solo come essere politico, in rapporto con lo stato, ma come individuo che ha un valore in sé. Anche qui notiamo una sfumatura che avvicina la filosofia epicurea all’antropologia cristiana.
Un’altra tematica molto vicina alla dottrina evangelica è quella dell’amicizia, Gesù Cristo chiama i suoi discepoli amici

“Non vi chiamo più servi,ma vi ho chiamati amici” (Gv. 15,15).

Epicuro sostiene che l’amicizia deve essere l’unico legame veramente importante nelle relazioni umane perché è un legame che presuppone la libertà

http://www.giacomocampanile.it/

15 Dicembre 2010

Beata Vergine Maria di Loreto

Filed under: articoli,Religione,SANTI,Teologia — giacomo.campanile @ 17:11

Loreto la capitale del Presepe. 

Il Santuario di Loreto è sorto nel luogo in cui, secondo un’antica tradizione, la dimora di Maria Vergine sarebbe stata trasportata prodigiosamente dagli Angeli.

Questa basilica è meta di continui pellegrinaggi, e considerata la “Lourdes italiana. La convinzione di questa miracolosa traslazione ha spinto papa Benedetto XV a costituire la Beata Vergine di Loreto “Patrona principale presso Dio di tutti gli aeronautici”.

Papa Giovanni Paolo II, riferendosi alla Santa Casa di Loreto afferma: “Quello Lauretano è un Santuario mirabile. In esso è inscritta la trentennale esperienza di condivisione, che Gesù fece con Maria e Giuseppe. Attraverso questo mistero umano e divino, nella casa di Nazaret è come inscritta la storia di tutti gli uomini, poiché ogni uomo è legato ad una ‘casa’, dove nasce, lavora, riposa, incontra gli altri e la storia di ogni uomo, è segnata in modo particolare da una casa: la casa della sua infanzia, dei suoi primi passi nella vita.

Ed è eloquente ed importante per tutti che quest’Uomo unico e singolare, che è il Figlio unigenito di Dio, abbia pure voluto legare la sua storia ad una casa, quella di Nazaret, che secondo il racconto evangelico, ospitò Gesù di Nazaret lungo l’intero arco della sua infanzia, adolescenza e giovinezza, cioè della sua misteriosa maturazione umana… La casa del Figlio dell’uomo è dunque la casa universale di tutti i figli adottivi di Dio. La storia di ogni uomo, in un certo senso, passa attraverso quella casa…”.

di Giacomo Campanile
redazione@vivereroma.org

Questo è un Articolo pubblicato sul giornale del 10/12/2010http://www.vivereroma.org/index.php?page=articolo&articolo_id=273732

Monumenti. – Il celebre santuario sorse intorno alla Santa Casa, in sostituzione di un’umile chiesetta, per volontà di Paolo II. La costruzione fu iniziata nel 1468 con forme di transizione dal gotico al Rinascimento, e condotta innanzi sotto la direzione di Marino di Marco Cedrino veneto, dal 1471, e di Giuliano da Maiano, dal 1476. Per incarico di Innocenzo VIII Baccio Pontelli fortificò la chiesa munendola di un cammino di ronda su beccatelli; il che le conferisce, specialmente nella parte absidale, una notevole impronta di originalità; tra il 1498 e il 1500 Giuliano da Sangallo voltò la cupola. In seguito Bramante (1519-1551), Andrea Sansovino (1513-1526), Antonio da Sangallo il Giovane (1531-1535) introdussero varie modificazioni al primitivo organismo costruttivo, accentuando i caratteri del Rinascimento.

La facciata della basilica è opera di Giovanni Boccalini e fu condotta a termine da Lattanzio Ventura (1571-1587); s’adorna principalmente di tre mirabili porte di bronzo (1590-1610) dovute: la mediana ad Antonio Lombardi, quella nord a Tiburzio Vergelli in collaborazione con G. B. Vitale, quella sud ad Antonio Calcagni con l’aiuto di Tarquinio Jacometti e di Sebastiano Sebastiani. Il campanile fu costruito su disegno del Vanvitelli tra il 1750 e il 1754.

L’interno della basilica è ricco d’opere artistiche. La S. Casa ha un rivestimento architettonico di marmo con figurazioni relative alla vita della Vergine e statue di profeti e sibille, dovute ad Andrea Sansovino, Aurelio e Girolamo Lombardi, Raffaello da Montelupo, Baccio Bandinelli, Simone Mosca e altri; le porte bronzee furono lavorate dal Calcagni, dal Vergelli e da Ludovico e Girolamo Lombardi. L’altare interno della S. Casa, distrutto da un incendio nel 1921, fu ricostruito su disegno di Guido Cirilli.

Di grande interesse sono gli affreschi di Melozzo da Forlì con la collaborazione di Marco Palmezzano nella sagrestia di S. Marco, nella cui vòlta, divisa in otto spicchi, aleggiano con belli effetti di scorcio, otto figure di angeli recanti i simboli della Passione e sotto di essi posano altrettante figure di profeti contraddistinte dai versetti dei vaticinî; e gli affreschi di Luca Signorelli e dei suoi aiuti nella sagrestia detta “della Cura”, esprimenti nella vòlta angeli musicanti, evangelisti e dottori della Chiesa e tutt’intorno nelle pareti le figure degli apostoli e sopra la porta la Conversione di SPaolo. Questa sagrestia è adorna altresì di un lavabo marmoreo, fine opera di Benedetto da Maiano, e di armadî con belle tarsie del sanseverinate Domenico Indivini (fine sec. XV).

I portali delle quattro sagrestie sono ritenuti opera di Benedetto e di Giuliano da Maiano; erano adorni in origine di lunette in terracotta del sec. XVI, delle quali due soltanto sono conservate (SLucaSMatteo). Notevoli sono alcune opere di bronzo del sec. XVI che si trovano nella basilica: candelabri, cornucopie, ornamenti d’altare e in particolar modo il fonte battesimale, di Tiburzio Vergelli e dei suoi aiuti.

Tra le cappelle antiche va ricordata quella sontuosissima del duca Francesco Maria II d’Urbino, decorata di stucchi da Federico Brandani e di affreschi da Federico Zuccari, negli ultimi anni del sec. XVI.

Alla decorazione delle moderne cappelle delle Nazioni hanno lavorato gli architetti G. Sacconi e G. Cirilli e i pittori L. Seitz, B. Biagetti, M. Faustini, A. Gatti, ecc.; Cesare Maccari affrescò la grande cupola ispirandosi alle litanie lauretane.

Nell’aula del Tesoro, che ha il soffitto affrescato dal Pomarancio (1605-1610), sono conservati magnifici parati sacri e, unico resto dell’antico tesoro asportato dai Francesi, un’interessante statuetta bronzea di scuola limosina del sec. XIII.

Nella Piazza della Madonna è la statua in bronzo di Sisto V, di Antonio Calcagni, forse con la collaborazione di Tiburzio Vergelli e di altri; e l’elegante fontana eseguita su disegno di Carlo Maderno e di Giovanni Fontana tra il 1604 e il 1614, cui dieci anni dopo furono aggiunte le decorazioni bronzee dei fratelli Jacometti.

Il Palazzo apostolico, imponente costruzione che delimita per due lati la piazza (e secondo il primitivo progetto avrebbe dovuto chiuderla, ma il grandioso doppio porticato rimase incompiuto nel terzo lato) fu iniziato dal Sansovino, continuato da Antonio da Sangallo e dal Nerucci e terminato da G. Boccalini. Nell’interno del palazzo hanno sede il ricco archivio della S Casa che risale ai primi del’500, e varie importanti collezioni d’arte: quadri, arazzi, ceramiche pregevolissime.

Nella città altre opere degne di nota sono: la fontana “dei Galli” nella piazza omonima, commessa ai fratelli Jacometti nel secondo decennio del sec. XVII dal cardinale A. M. Gallo; la “porta Romana” costruita, per lo stesso cardinale, da Pompeo Floriani di Macerata e adorna di stemmi e di due statue del fiorentino Simone Cioli; infine la cinta di mura castellane, cominciata a costruire nel 1518 dall’architetto imolese Cristoforo Resse su disegni di Antonio da Sangallo e di Andrea Sansovino, e completata con l’inserimento di baluardi pentagonali nella prima metà del sec. XVII.

19 Settembre 2010

John Henry Newman beatificato il 19 settembre 2010

Filed under: articoli,Religione,SANTI,Teologia — giacomo.campanile @ 10:04
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Il teologo John Henry Newman il pensatore di Oxford convertito dall’anglicanesimo è uno dei più grandi apologeti della Chiesa contemporanea. E in vista dell’imminente beatificazione di Newman, che Benedetto XVI presiederà a Birmingham il prossimo 19 settembre durante la visita in Gran Bretagna
Nel 1958 venne aperta la procedura diocesana di beatificazione presso la diocesi di Birmingham; nonostante la volontà di Paolo VI di poterne celebrare la beatificazione nell’Anno Santo del 1975, solo nel gennaio 1991 il papa Giovanni Paolo II ne decretò l’eroicità delle virtù, con cui gli venne dato il titolo di Venerabile.
Il 3 luglio 2009 papa Benedetto XVI ha approvato il documento che riconosce a Newman l’intercessione per la guarigione del diacono permanente Jack Sullivan nel 2001, guarito da una grave menomazione alla spina
Nel febbraio 2010 è stato reso noto che la cerimonia di beatificazione si terrà il 19 settembre 2010 nei pressi della Casa dell’Oratorio, a Rednal, dove sono sepolte le spoglie del cardinale, durante il viaggio apostolico di Benedetto XVI nel Regno Unito.
John Henry Newman fu in Italia in tre occasione: un primo viaggio nel 1833, all’insegna della tradizione del «grand tour» degli intellettuali del Nord Europa, che guardavano alla Penisola come la sede della grande cultura classica. Soprattutto è la Sicilia, con le rovine di Segesta, a toccarlo: qui, tra l’altro, contrae una malattia, che gli fa sperimentare un «Provvidenza divina» manzoniana ante litteram (e vedremo perché).
Il 2 marzo seguente Newman è nella Città eterna: «E ora cosa posso dire di Roma se non che è la prima delle città? È possibile che un luogo così sereno e nobile sia la gabbia di creature immonde? Mi sono sentito quasi in imbarazzo, confuso per la grandezza unita all’estrema cura e grazia». Così scriveva l’anglicano (e antipapista) in una lettera citata in John Henry Newman. La ragionevolezza della fede, biografia edita da Ares a firma di Lina Callegari (pp. 424).
Il secondo passaggio in Italia avviene nel 1846, a conversione già avvenuta: Newman visita Milano, città a lui cara perché terra dei grandi padri della fede, Ambrogio e Agostino. Infine, l’ultima venuta data al 1856 quando visita alcuni oratori di San Filippo Neri, di cui è membro, ad esempio giungendo in inverno a Verona, presso l’abate filippino Carlo Zamboni, cui voleva porre alcune domande sulla regola dell’ordine.Fondamentale è l’episodio «italico» quando Newman divenne cattolico per mano di un missionario di Viterbo, trasferitosi in Inghilterra dove voleva rinverdire la morente tradizionale cattolica. Parliamo del beato Domenico Barberi, nato nel 1792, che invece della Cina e dell’America scelse la terra di Shakespeare come missione. Il 9 ottobre 1845 fu proprio padre Barbarini,venuto in contatto con Newman in precedenza, ad accoglierne la confessione e l’ingresso nella Chiesa cattolica. Quasi per riconoscenza Newman cercò di imparare l’idioma di Dante tanto che nel suo viaggio l’anno successivo (1846) poté rivolgersi nella nostra lingua al cardinale Fransoni, prefetto del Collegio di Propaganda Fide.
Alfonso Maria de’ Liguori fu un altro apporto italico al cammino del teologo verso la Chiesa. Il santo napoletano, con i suoi Sermoni, aiutò Newman a comprendere la reale portata dell’importanza della figura di Maria nella vita cristiana, così da sopire la freddezza del pensatore inglese verso la figura della Madonna.
Ancora: il fecondo legame Newman-Italia si esplica nella devozione del teologo per Alessandro Manzoni e i suoi Promessi sposi, nonché la simpatia di Antonio Rosmini per l’autore di Oxford. Il loro rapporto intellettuale – i due non si conobbero mai di persona – era così intenso che nel 1849 addirittura dal cardinale Wiseman venne chiesto a Newman di leggere le Cinque piaghe della Chiesa di Rosmini, sul quale non ebbe niente da dire in termini dottrinali. E probabilmente tale giudizio influenzò anche la decisione vaticana di non censurare l’opera dello studioso di Rovereto.
E quando venne in Italia nel 1846 Newman voleva incontrare Manzoni («mi propongo di andare da lui», scrisse in una coeva lettera a Edward Badeley). Solo l’assenza del romanziere da Milano non favorirò un incontro che sarebbe passato di certo agli annali della storia della cultura.
di Giacomo Campanile

3 Febbraio 2010

Sant’Agostino, la fiction interpretata da Alessandro Preziosi

Filed under: articoli,Religione,Teologia — giacomo.campanile @ 09:35

Si conclude stasera su Raiuno alle 21.10, la fiction che racconta le vicissitudini di un uomo e del suo viaggio spirituale. 

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Benedetto XVI: l’amore è il senso della storia

Filed under: articoli,Religione,Teologia — giacomo.campanile @ 09:32
 Nell’incontro settimanale dell’Angelus, il Pontefice ha meditato sull'”Inno alla carità” dell’apostolo Paolo (1 Corinzi 12,31-13,13), che ha definito “una delle pagine più belle del Nuovo Testamento e di tutta la Bibbia”.

Il ricorso del governo alla Corte di Strasburgo a favore del Crocifisso

Filed under: articoli,Religione,Teologia — giacomo.campanile @ 09:25

 Dalle quattordici pagine dattiloscritte del governo italiano si ribadice che la corte europea «confonde la neutralità dello Stato di fronte a religioni diverse con la neutralizzazione di qualsiasi riferimento alla dimensione religiosa o spirituale all’interno dello spazio pubblico».

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28 Gennaio 2010

San Tommaso d’Aquino

Filed under: articoli,FILOSOFIA RELIGIONE,LEZIONI DI RELIGIONE,Religione,SANTI,Teologia — giacomo.campanile @ 09:50

LE 5 VIE DELLA CONOSCENZA DI DIO

LEZIONE VIDEO DI Giacomo Campanile

S. TOMMASO 19

Tommaso d’Aquino, O.P. (Roccasecca, 1225 – Fossanova, 7 marzo 1274), definito Doctor Angelicus, è forse il più grande Dottore della Chiesa.E’ stato un filosofo e teologo italiano, della scolastica.

Ed ecco le 5 vie, i cinque argomenti, esposti inizialmente nella Summa contra Gentiles, sono argomenti puramente razionali, perché rivolti a chi non ha la fede. Le riformulò in modo più rigoroso nella Summa Theologiae.

1) Movimento. E’ evidente che certe cose si muovono e tutto ciò che si muove è mosso da altro. Colui che è in movimento e colui che viene mosso sono due entità distinte. Il primo non è ancora in atto, il secondo è già in atto. Ci dev’essere dunque all’origine qualcosa che non può essere mosso da altro, questo lo chiamiamo Dio.

2) Causa efficiente. E’ impossibile che una cosa sia causa efficiente di sé stessa, perché per esserlo dovrebbe produrre sé stessa e dovrebbe esserci prima di essere prodotta. Noi non ci facciamo da noi stessi e quindi bisogna ammettere una prima causa efficiente, questa la chiamiamo Dio.

3) Contingenza. Esistono cose che prima non c’erano e poi non ci sono più, sono contingenti. Se tutto fosse contingente vorrebbe dire che tutto ciò che esiste può non essere. Questo significa dunque che ci può essere un momento in cui non c’è nulla, ma non si spiegherebbe perché adesso c’è qualche cosa. Non c’è quindi mai stato un momento in cui non c’era niente: se c’è qualche cosa allora vuol dire che non tutto è contingente, c’è almeno un ente che è necessario, cioè che non può non essere, questo lo chiamiamo Dio.

4) Gradualità: esistono cose più o meno belle, nobili, perfette ecc.., ma il grado minore o maggiore di una cosa dev’essere sempre in paragone a qualcosa d’altro, cioè se ci sono cose di grado parziale, ci deve essere necessariamente essere qualcosa di grado supremo. Se ci sono diversi gradi di essere, è necessario un essere nel grado massimo, questo lo chiamiamo Dio.

5) Ordine: esistono cose ordinate ad un fine, pur non essendo loro intelligenti. Queste cose non sono in grado di direzionarsi verso un fine, quindi occorre necessariamente qualcuno che le abbia dirette verso un fine (come la freccia e l’arciere), questo lo chiamiamo Dio.

Dio esiste?

Tommaso risponde con le 5 vie che costituiscono un argomento a posteriori poiché
a priori non se ne può dare dimostrazione, non essendo conosciuta l’essenza di Dio e
non potendone quindi derivare analiticamente l’esistenza (vs Anselmo e l’argomento
ontologico: non si può passare dal piano del pensiero a quello dell’essere)
1. Prova cosmologica – Dio come causa del moto (primo motore immobile aristotelico)
2. Prova causale – Dio come causa prima (efficiente)
3. Rapporto tra possibile e necessario – Dio come causa necessaria
(fondamento nell’universo contingente)
4. Prova dei gradi – Dio come causa perfetta (principio dei diversi gradi di perfezione)
5. Prova finale – Dio come causa del finalismo del cosmo (tutto tende a un fine)

Che cosa è Dio? Dio è causa prima incausata
Che discorso è possibile su Dio? Teologia negativa:
(a) non parlo di Dio in sé, ma di Dio in rapporto al mondo (è causa
in rapporto agli effetti)
(b) non dico ciò che Dio è, ma ciò che non è

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LE OPERE <ul><li>-- Summa contra gentiles -- Summa theologica -- De unitate inellectus contra averrosistas -- De...

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27 Gennaio 2010

Giornata della Memoria in ricordo della Shoah. Significato teologico di Olocausto.

Filed under: articoli,Religione,Teologia — giacomo.campanile @ 09:28

Giorno della Memoria. … Si è stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.

shoah Termine ebraico («tempesta devastante», dalla Bibbia, per es. Isaia 47, 11) col quale si suole indicare lo sterminio del popolo ebraico durante il Secondo conflitto mondiale; è vocabolo preferito a olocausto in quanto non richiama, come quest’ultimo, l’idea di un sacrificio inevitabile.

Fra il 1939 e il 1945 circa 6 milioni di Ebrei vennero sistematicamente uccisi dai nazisti del Terzo Reich con l’obiettivo di creare un mondo più ‘puro’ e ‘pulito’

Olocausto. Forma di sacrificio praticata nell’antichità, specialmente nella religione greca e in quella ebraica, in cui la vittima veniva interamente bruciata. Presso gli Ebrei l’ōlāh, istituito, secondo la tradizione, da Mosè, rappresentava la più completa espressione del culto offerto a Dio e consisteva nel bruciare interamente la vittima sull’altare dopo l’immolazione (perciò il termine ebraico fu tradotto nella Settanta con ὁλοκαύτωσις o e nella Vulgata con holocaustum), senza riservarne alcune parti per usi rituali, e dopo averne versato il sangue attorno all’altare stesso. La vittima poteva essere il toro o il vitello, l’agnello o il montone, il capretto o il capro, sempre di sesso maschile, e tra gli uccelli, la tortora e il colombo, e doveva restare sull’altare tutta la notte, fino alla mattina.

Con il termine o. si indica la persecuzione e lo sterminio totale degli Ebrei da parte del regime nazista

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Due appuntamenti nel decennale del Giorno della Memoria, il premio Nobel Elie Wiesel sarà alla Camera e anche alla cerimonia ufficiale con il presidente Napolitano al Quirinale.

Progrom

sm. russo (propr., devastazione). Termine con cui si designa un violento moto popolare, culminante in distruzioni e massacri, contro comunità ebraiche. Il nome entrò nei linguaggi occidentali tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento quando l’impero degli zar fu scosso da sanguinosi sollevamenti antisemiti. Occorre dire tuttavia che moti popolari, più o meno spontanei, contro gli Ebrei si ebbero in Europa sin dai primi secoli dell’era cristiana e già gli imperatori romani sottomisero gli israeliti a una legislazione speciale (Giustiniano), mentre abbastanza frequenti furono le persecuzioni nell’Impero d’Oriente. Il “sospetto” delle plebi europee verso gli Ebrei, immigrati orientali, nasceva dalla diffusa credenza che essi praticassero arti magiche e riti sanguinari: vivevano in “sette” evitando di amalgamarsi con la popolazione locale ed erano pur sempre “gli uccisori del Cristo”. Ma il sospetto si mutava in odio nei momenti di crisi: allora gli Ebrei, emarginati e giocoforza dediti in genere al commercio e all’usura, ne divenivano il capro espiatorio. L’età nera dei pogrom nell’Europa occidentale iniziò tuttavia con il sec. XI. Già espulsi o mal tollerati in Francia, in Germania e in Inghilterra, con la predicazione della I Crociata furono oggetto di vere cacce scatenate in molte città francesi, tedesche e inglesi. Si calcola che tra il maggio e il giugno del 1096 non meno di 50.000 israeliti furono trucidati nella sola Germania. I pogrom si ripeterono con la predicazione della II Crociata (1146) in tutta l’Europa cristiana anche se in termini meno violenti. In quell’occasione Luigi VII, su richiesta di Pietro di Cluny, autorizzò i crociati a depredare le comunità ebraiche e papa Eugenio III sospese il pagamento degli interessi sui debiti contratti con gli Ebrei. In Inghilterra pogrom e persecuzioni si susseguirono a cominciare dai regni di Riccardo Cuor di Leone e di Giovanni Senza Terra finché nel 1290 gli Ebrei furono espulsi dall’isola. Feroci pogrom si ebbero in Francia nel 1321, allorché, scoppiata la peste, si sparse la voce che essa era stata provocata dagli Ebrei che avevano avvelenato i pozzi. La voce si ripeté durante la terribile pestilenza del 1348-50: le vittime di questi moti si calcolano in decine di migliaia e furono particolarmente numerose, anche in questa occasione, in Germania. La ventata di pogrom risparmiò quasi del tutto l’Italia. Va tuttavia registrato il pogrom di Trento del 1475, quando gli Ebrei di quella città furono accusati dal francescano Bernardino da Feltre di aver commesso omicidio rituale su un bambino cristiano, trovato morto lungo l’Adige (e che venne poi beatificato da Sisto V). La dominazione araba, tradizionalmente tollerante, favorì invece le comunità ebraiche della Penisola Iberica che giunsero a costituire cospicue e floride minoranze (ca. 12.000 Ebrei a Toledo; ca. 10.000 a Siviglia, ecc.). L’ondata antisemita ebbe inizio con la Reconquista. Un feroce pogrom scoppiò nel 1391 a Siviglia, provocato dalla predicazione del monaco Fernando Martínez. Di lì si propagò a Toledo, Saragozza, Lucera, Barcellona. Si calcola che quell’esplosione di odio popolare abbia provocato 30-40.000 morti: intere comunità furono distrutte. Da allora nacquero i marrani (Ebrei convertiti per evitare la morte) contro i quali tuttavia si accanì il tribunale dell’Inquisizione specie durante il regno di Ferdinando e Isabella. Infine, un decreto (30 marzo 1492) espulse gli Ebrei dalla Spagna. Tra il 1497 e il 1498 anche i regni di Navarra e di Portogallo espulsero le comunità ebraiche. Il flusso migratorio ebraico verso la Russia meridionale iniziò già nel sec. I d. C. e nel sec. IX sorse addirittura un principato ebraico presso i Chazary che durò per ca. due secoli. Episodi di violenza antisemita si ebbero col diffondersi del cristianesimo, ma la dominazione tartara (dal sec. XIII) fu assai tollerante, mentre verso la metà del sec. XVII (rivolta dei Cosacchi contro la dominazione polacca) si ebbero esplosioni di violenza inaudita contro gli Ebrei stanziati in Ucraina come esattori delle tasse e amministratori dei beni polacchi. Ma nel sec. XIX e nei primi anni del XX, quando ormai l’antisemitismo era stato respinto e cacciato dalle coscienze popolari dal diffondersi del liberalismo e del marxismo, si ebbero ancora in Germania, in Ungheria, in Polonia e specialmente in Russia i pogrom forse più atroci. Essi si ammantarono di teorie pseudoscientifiche, fecero leva sul nazionalismo e sul razzismo. Furono tollerati o addirittura eccitati dai governi, come i pogrom russi del 1902-04 (voluti dal ministro degli Interni Pleve) e quelli compiuti, in Ucraina, in Crimea, ecc., dai governi “bianchi” durante la guerra civile. Solo impropriamente, mancando la partecipazione diretta del popolo, si può parlare di pogrom per gli eccidi di Ebrei compiuti dai nazifascisti prima e durante la II guerra mondiale

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La Grazia. Teologia per tutti.

Filed under: articoli,Religione,Teologia — giacomo.campanile @ 09:17

La grazia si presenta come la benevolenza di Dio. Il concetto si trova nell’immagine biblica di Dio che con la sua bontà creatrice e il suo amore personale, ha creato gli uomini e li ha fatti figli di Dio.

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25 Gennaio 2010

Conversione di San Paolo Apostolo

Filed under: articoli,Religione,SANTI,Teologia — giacomo.campanile @ 09:16

La conversione di Paolo, esprime la potenza della grazia che sovrabbonda dove abbonda il peccato. La svolta decisiva della sua vita si compie sulla via di Damasco, dive egli scopre il mistero della risurrezione di Cristo.

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