7 Luglio 2012

ACCIDIA

Filed under: Religione — giacomo.campanile @ 09:11

http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/vizicapitali4accidia.aspx

LUSSURIA: l’eros senza pienezza.

Filed under: MORALE SESSUALE,Religione — giacomo.campanile @ 08:47

Risultato immagini per lussuria

Risultato immagini per lussuria

Risultato immagini per lussuria

Risultato immagini per lussuria

Risultato immagini per lussuria frasi

Risultato immagini per frasi sul piacere carnale

«Nella seduzione, beatitudine; / sciagura a prova fatta. / Un sorridente sogno, prima; / una chimera, dopo. / E’ cosa che chiunque sa bene. / Ma nessuno sa bene sottrarsi / al cielo che conduce gli uomini / in tale inferno». Ancora una volta è il genio di Shakespeare (Sonetto 129) a intuire nella trama di una vicenda erotica tutto il miele e il fiele che vi si celano. Gli approcci amorosi sono un mirabile gioco di seduzione che genera felicità e attesa. Tutto appare come un sogno dorato, un dolce vagheggiamento. Ti sembra di essere così lieve da toccare il cielo. Ecco, però, a questo punto il crinale: è significativo che spesso si usi un verbo brutale come “consumare” per indicare l’atto sessuale, quasi fosse un dare fondo a un piatto più o meno prelibato o esaurire una scorta di energia; anche la comune locuzione “fare all’amore” riduce una realtà così complessa e simbolica a un oggetto da manipolare e da modellare o a un atto da eseguire. Ora, se è vero, come affermava lo scrittore austriaco Karl Kraus, che «il vizio e la virtù sono parenti, come il carbone e i diamanti» che hanno una base comune nel carbonio, cerchiamo innanzitutto di risalire alla matrice di partenza da cui di diramano la virtù dell’amore e il vizio della lussuria.

Sesso, eros, amore

Il paradigma strutturale della sessualità umana ha il suo asse portante nella sua “simbolicità”. L’uomo assegna alla relazione sessuale, a differenza dell’animale, una molteplicità di valori ulteriori che travalicano la mera copula, il puro e semplice congiungimento carnale, regolato dall’estro e dall’istintività. Questa “eccedenza” è, quindi, di indole non fisica ma ideale e spirituale. Potremmo, perciò, ricomporre questa esperienza umana secondo tre livelli coordinati, che la lussuria invece scardina e deforma. Il primo è quello del sesso nella sua fisicità e biologicità: appetitus ad mulierem est bonum donum Dei, recitava un adagio medievale, che pur nella forma maschilista del tempo, ben illustrava la legittimità della pulsione sessuale, definita un “buon dono divino”. L’uomo e la donna, però, non si fermano a questo livello dinamico-istintuale, iscritto nella loro stessa organicità fisiologica. Essi ascendono a un piano superiore di natura squisitamente simbolica: l’eros, che è desiderio allusivo, passione, tenerezza, intuizione della bellezza, fascino, attrazione, fantasia, gioco dell’apparire e dello sparire, del velarsi e dello svelarsi. L’eros lascia, come nei testi poetici, ampi spazi bianchi che ciascuno colma con la sua creatività, con l’invenzione, l’intuizione, la proiezione verso significati ulteriori. Si ha, dunque, con l’eros – che non è da confondere con l’accezione popolare ora dominante, soprattutto nella forma già ridimensionata di “erotismo”, ove è spesso sinonimo di pornografia – un trascendimento della mera corporeità e carnalità.

È, però, aperta una terza strada che porta a pienezza la parabola della sessualità umana. Si tratta del livello dell’amore che ingloba in sé e trasfigura le tappe precedenti, conducendo alla comunione e alla donazione reciproca. Illuminante, al riguardo, è lo straordinario poemetto biblico del Cantico dei cantici che, senza falsi pudori, esalta il rilievo della fisicità nella reiterata descrizione dei corpi dei due innamorati (cc. 4; 5; 7), ma che conduce all’ebbrezza di un eros fatto di passione e di fascino per approdare all’apice della mutua appartenenza dei due protagonisti, all’amore appunto. Due professioni di amore della donna del Cantico sono fondamentali per illustrare il vertice e la meta del paradigma descritto: “Il mio amato è mio e io sono sua… Io sono del mio amato e il mio amato è mio” (2, 16; 6, 3).

Alla “meccanica” del sesso si associa lo sfarfallio creativo dell’eros che sboccia nella donazione d’amore. Questo trittico compone la completa e autentica sessualità umana. Scindere questa trama ideale e accontentarsi solo del primo livello, è quello che noi denominiamo come “lussuria”. Anche un eros del tutto sganciato da un’intimità d’amore – intimità che rende i due veramente “una carne sola”, ossia un’unica esistenza e corporeità (secondo il celebre asserto di Genesi 2, 24) – è ancora un’incompiutezza, una pienezza non raggiunta, una perfezione che aspira ad attuarsi. Infatti come suggeriva il teologo svedese Anders Nygren in un noto studio dal titolo Eros e agape (1930), a differenza dell’agápe che designa l’amore cristiano, l’eros è ancora possesso, è tensione verso la bellezza o il valore dell’altro per conquistarli; il partner rimane ancora per certi versi un oggetto, anche se trasfigurato. L’amore è, invece, donazione reciproca libera e gioiosa, che riconosce e crea il valore dell’altro in un’operazione al tempo stesso epifanica e creativa.

La logica della “liberazione”

Ebbene, la lussuria rispetto alla trilogia appena illustrata segue un sistema alternativo che risponde a un’altra concezione. Si cancella la simbolicità radicale dell’umanità e ci si avvia verso una frammentazione e materializzazione della creatura umana. Cerchiamo, allora, di identificare alcune caratteristiche di questa logica che “perverte” l’armonia unitaria della triade.

Un primo aspetto di questa nuova visione è la logica della “liberazione”, codificata nel mito del “corpo liberato”. Il punto di partenza è stata la ribellione a quelli che erano ritenuti vincoli repressivi, siano essi naturali o culturali. Si voleva elaborare un nuovo codice che non avesse norme, ma fosse solo retto dall’immediatezza, dall’“irregolarità”, dalla pulsione. Certo, non c’è bisogno di ricordare che sulla sessualità umana – a partire dalla depressione svalutativa introdotta dalla cultura greca riguardo alla corporeità, considerata tomba dell’anima –si era stesa una pesante stratificazione moralistica, ascetico-puritana. Essa aveva scardinato a suo modo l’interazione sesso-eros-amore: la stessa interpretazione allegorica del Cantico dei cantici, che trasformava quei corpi e quella coppia in evanescenti o trasparenti metafore spirituali dell’anima e di Dio, ne era una conferma emblematica.

Da quell’eccesso spiritualistico si è precipitati nel polo opposto di una carnalità istintiva reiterata, spoglia di qualsiasi valore aggiunto che non fosse quello della spontanea e immediata fruibilità. Quello che Dante definiva un “seguir come bestie l’appetito” sessuale (Purgatorio 26, 84) è celebrato come liberazione da tabù oppressivi e repressivi. Si giunge anche al punto di concepire un modello che cancelli le differenze: pensiamo a certe rockstar che incarnano un indecifrabile androginismo, al traffico notturno dei travestiti, ai segni sessuali miscelati in combinazioni che forzano la stessa fisiologia umana. La scelta operata è un po’ quella che puntualizzava ancora Dante a proposito dei “peccator carnali”, cioè coloro “che la ragion sommettono al talento” (Inferno 5, 39).

La qualità viene così ricercata attraverso l’eccezionalità stravagante. Lo spirito di emulazione riduce la sessualità a esercizio, a sfida, al ricorso a stimolanti sempre più eccitanti, a una pornografia sempre più bieca, all’imitazione che incide anche nel corpo attraverso la chirurgia estetica, capace di enfatizzare alcune componenti sessuali. Il sesso rimane, così, imprigionato nella sua materialità denudata da ogni segno simbolico, è solo “carne” e l’uso e l’abuso del nudo televisivo o pubblicitario ne è la continua attestazione. Mai come in questo caso si vede che la virtù calpestata non è tanto quella della castità quanto piuttosto quella della temperanza, e il vizio che può essere appaiato alla lussuria è quello di gola, come insegnava il film La grande abbuffata di Marco Ferreri.

La logica del possesso

Un secondo aspetto della lussuria si esprime nella logica del possesso. Proprio l’incapacità dell’ammirare e vivere la qualità conduce a un accumulo di “quantità”: si moltiplicano le esperienze illudendosi che per questa via si raggiunga la profondità di un incontro. In realtà si rimane sempre a un contatto di pelle, a un accoppiamento che non ha neppure come effetto il piacere. Si configura, così, un vero e proprio mercato del sesso che mette “on-line” i suoi prodotti. Significativa è l’offerta sessuale virtuale attraverso Internet: una fredda e anonima consumazione di atti solitari, con la sicurezza di poter dominare l’altro, senza impegnarsi in un incontro di persone. Questa riduzione del dialogo amoroso a semplice acquisto e possesso di una serie di immagini mobili, di oggetti manipolabili, molto meno impegnativi del confronto interpersonale, era già stata configurata nella mitologia.

E’ la figura virgiliana di Pigmalione, re di Tiro, che s’innamora talmente di una statua d’avorio della dea Afrodite, da desiderare di unirsi ad essa. Il mito ha, però, un esito liberatorio perché la dea fa vivere la statua, trasformandola in una donna che Pigmalione sposerà. Ben diverso è lo sbocco del cultore odierno di icone erotiche virtuali: egli in un certo senso si riduce ad aggrapparsi a una statua, a una cosa, in una forma maniacale di possesso. E’ ciò che è stato rappresentato, ad esempio, nel film Life size – Grandezza naturale, diretto nel 1974 da Luis Garcia Berlanga con Michel Piccoli nelle vesti di un dentista parigino che si fa pervenire dal Giappone una donna-bambola di gomma, anatomicamente completa e appunto di grandezza naturale, innamorandosene follemente e gelosamente.

La logica dell’eccesso

Un altro film, ancora con Michel Piccoli ma anche con Gérard Depardieu e Ornella Muti, ci introduce in un terzo aspetto della lussuria, quello che potremmo definire la logica dell’eccesso. Il film, diretto da Marco Ferreri nel 1976 s’intitolava L’ultima donna e vedeva come protagonista un giovane professionista violento che, abbandonato dalla moglie, passa di amante in amante sempre con la voluttà del dominio e alla fine si decide a compiere su se stesso un’emblematica evirazione. Sì, perché l’eccesso conduce a impotenza. Il possesso, a cui prima si accennava, ti permette certo di acquistare quanto vuoi, più o meno, come accade per le auto che di solito la pubblicità associa a fanciulle discinte e provocanti: possedere l’una è come avere l’altra, con una gratificazione sociale e sessuale. Il ricco può ostentare un parco-macchine e un harem di ragazze.

Questa dismisura incontinente ha come risultato paradossale la caduta della potenza sessuale e del desiderio, la saturazione e persino la paura. La donna, sempre più aggressiva ed eccessiva nella seduzione, spesso non attira ma allontana. E soprattutto questa esplosione pirotecnica di sessualità, che non è mai integrata da un tessuto di passione, di tenerezza, di vero eros e, naturalmente, di amore, alla fine ha come approdo la solitudine. Il grande mercato del sesso imbandito dalla pornografia virtuale o cartacea, esaltata da un’offerta esasperata ed estenuante, produce non la sazietà che colma lo spirito ma la nausea che genera anoressia comunicativa. L’uomo contemporaneo, libero da ogni vincolo, dopo aver percorso tutte le strade della trasgressione, si ritrova non pieno di esperienze ma colmo di vuoto e solitudine.

In una raccolta di saggi intitolata suggestivamente La terra desolata dei teenagers (1990) Raymond Jalbert rappresentava così quelli che definiva “i ragazzi nello scantinato”, sepolti appunto nell’incomunicabilità di un oscuro bassofondo: “Occhi incollati alla tv, orecchie sigillate dalle cuffie, lasciato a se stesso, un estraneo in casa sua. Ma un giorno dovrà unirsi al mondo di sopra e non ce la farà a sopravvivere”. E’ incredibile, ma proprio quell’assoluta moltiplicazione di contatti sessuali immediati, ha prodotto isolamento perché l’uomo e la donna non sono organi sessuali in azione ma persone che col corpo devono non solo consumare ma comunicare la loro umanità.

La logica della spudoratezza

C’è un quarto elemento che contribuisce a demolire l’armonia unitaria tra sesso, eros e amore: è la logica della spudoratezza. Si badi bene che non abbiamo parlato semplicemente di “impudicizia” che è il frutto scontato della lussuria, incapace di conoscere la delicatezza dello svelamento, dell’ammiccamento, della finezza. La spudoratezza è l’ostentazione non solo della nudità fisica ma anche di quella intima. Il filosofo Max Scheler giustamente osservava nell’opera dedicata al Pudore e sentimento del pudore (1933) che esso “consiste in un ritorno dell’individuo su se stesso, volto a proteggere il proprio sé profondo dalla sfera pubblica”. Ognuno calibra questa rivelazione secondo cerchi concentrici che vanno dall’intimità più intensa con chi ti ama e col quale sei in comunione di vita interiore fino alla chiusura più netta con chi ti è estraneo a cui riservi solo l’esteriorità che è, però, pur sempre un certo svelamento di sé (talora inconscio e incontrollabile).

Oggi, invece, in certi programmi televisivi, che sono “osceni” anche nel senso etimologico del termine perché mettono sulla ribalta della scena vergogne di ogni genere, si assiste alla caduta di ogni pudore, proprio perché non esiste più la comunicazione modulata e personale, ma solo l’apparire volgare. Si vomita spudoratamente tutto il contenuto dell’anima, dopo essersi denudati anche sessualmente nell’impudicizia. Alla base di tutto questo c’è un nuovo imperativo dell’odierna comunicazione di massa: per essere bisogna apparire. E così, dopo aver mostrato corpo e cose, pur di essere apparendo, si svuota il repertorio segreto dell’intimità, a partire proprio dalle cosiddette “storie d’amore” che in realtà sono solo storie di sesso. La precedente logica del mercato ha qui una sua variante, rendendo pubblico e di proprietà comune ciò che dovrebbe essere personale e privato, in un colossale emporio in cui si vende ancora e solo sesso.

La logica della riduttività

C’è una quinta e ultima forma di abbattimento del paradigma iniziale fatto di armonia tra sesso, eros e amore: è la logica della riduttività. È forte ai nostri giorni, in nome delle pur giuste autonomie delle scienze, la tentazione di procedere soltanto settorialmente, secondo statuti stabiliti e definiti, rendendo totalizzante ed esclusivo un solo approccio a una determinata realtà. Nel campo della sessualità un evento importante è stata l’introduzione della psicoanalisi. Il suo contributo è, al riguardo, di grande rilievo e non può certo essere marginalizzato. Basti solo evocare il nome di Sigmund Freud per riuscire a comprendere come, dopo di lui, non sia possibile anche al filosofo e al teologo moralista analizzare la sessualità senza tener conto delle interpretazioni e delle osservazioni dello studioso viennese.

Detto questo, però, non si può condividere quella sorta di integralismo psicoanalitico che Freud alla fine ha imposto nella sua concezione della sessualità e della stessa persona umana. La legittimità di altri approcci permane; anzi, è necessario che i criteri di verifica e di giudizio di una realtà così complessa com’è l’uomo e la donna rimangano ancora in funzione. A nostro avviso l’anima umana, la psychè, comunque la si intenda, è molto più ampia della “psiche” freudiana e rivela altri livelli di manifestazione. Gli approcci esclusivamente psicologici o neurologici della sessualità, pur indispensabili, non riescono a esaurire la ricchezza e la grandezza del fenomeno umano e della sua sostanza metafisica e esistenziale. La logica della riduttività impedisce un’analisi globale, rispettosa della diversità e della molteplicità. Essa non riuscirebbe mai a spiegare, ad esempio, il senso della castità che non è un “andare vestiti tutti d’acciaio”, come diceva John Milton, pur grande poeta inglese.

Un filosofo “laico” ma capace di evitare ogni riduzionismo come Salvatore Natoli nel citato Dizionario dei vizi e delle virtù (1996) scriveva acutamente: “Vi sono uomini di Chiesa che per primi sviano l’attenzione: proponendo una versione etico-moralistica della castità, ne impoveriscono il valore simbolico, impediscono l’insorgere di quello spaesamento che invita perfino gli estranei a domandarsi:… E se vi fosse dell’altro? Vi sono uomini che lo testimoniano nella loro carne secondo le antiche parole: Perché Tu hai già preso possesso delle mie viscere. E non sono folli, sono amanti. Amanti di Dio”.

Parole folgoranti che inducono anche nel libertino deluso il sospetto e che insediano una bandiera di libertà ben diversa da quella impugnata da chi si illude che essa sventoli solo nell’eccesso e non nell’ascesi. A proposito di quest’ultima, è riduttivo concepirla come “rinuncia” perché in greco àskesis è “esercizio” e, quindi, è abilità, creatività, padronanza di sé. Il corpo dell’acrobata e della danzatrice classica sfida la gravità, si fa lieve, è dominatore perché è dominato, si libra nello spazio in libertà assoluta perché è controllato. Tutto questo sboccia non dalla corrività bensì dall’esercizio, dalla fatica che diventa bellezza, dalla rinuncia a un piacere per aver un godimento ben più emozionante e sublime.

“A immagine di Dio, maschio e femmina li creò”

La lussuria tenta, dunque, brutalmente di tarpare le ali a un’ascensione verso il valore pieno e “simbolico” della sessualità umana, nella convinzione che sia l’agitarsi eccitato, frenetico e scomposto della libidine la grande possibilità di godimento, di felicità, di appagamento. Thomas Stearns Eliot nel Frammento di un agone (1922) sintetizzava in modo incisivo la brutalità riduttiva di una certa lettura della persona umana: “Nascita, copula e morte, / tutto qui, tutti qui, tutto qui, / nascita, e copula e morte. / E se tiri le somme, è tutto qui”. Ad andare oltre questo riduzionismo è in particolare la genuina teologia cristiana. Proviamo, allora, ad abbozzare un ritratto della persona secondo la Bibbia per intuire quale collocazione abbia la sessualità. Già si è visto – attraverso il Cantico dei Cantici – che la sua anima profonda è donazione, comunione totale, intimità personale.

C’è, però, un altro passo che è posto “in principio” alla Bibbia stessa, quasi come un’asserzione di principio. Si legge, infatti, nella Genesi: “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò” (1, 27). L’elemento curioso di questa dichiarazione non è semplicemente nell’assegnazione alla creatura umana di una “immagine divina” attraverso l’anima, quanto piuttosto nell’identificare tale “immagine” proprio nella bipolarità sessuale e, quindi, nella coppia maschio-femmina. E’ ciò che risulta dallo stretto “parallelismo” semitico che regge la frase: a “immagine di Dio” corrisponde appunto “maschio e femmina”. Dio, allora, è forse sessuato e, accanto a lui, si asside una compagna divina, come l’Ishtar-Astarte babilonese o la Giunone latina? La risposta è ovviamente negativa, sapendo con quanta asprezza la Bibbia polemizzi contro nozze e coppie divine e contro i culti della fertilità diffusi in tutta l’area dell’antico Vicino Oriente.

Dio resta trascendente, ma la fecondità della coppia umana che ama e genera è parallela all’atto creativo divino, è un segno visibile del Dio creatore e salvatore. La vera effigie divina non è solo nell’uomo maschio, come vorrà una successiva tradizione giudaica, attestata da san Paolo che scriveva: “L’uomo è immagine e gloria di Dio, la donna è gloria dell’uomo” (1 Corinzi 11, 7). Il nostro legame “naturale” col Creatore è da cercare, al contrario, proprio nell’umanità in quanto comprende i due sessi, la capacità di unirsi e di generare, in ultima analisi di amare. Questa è l’antropologia teologica fondamentale che ha nel matrimonio e nella generazione la sua espressione capitale. Si comprende, allora, perché la morale cristiana abbia centrato nel matrimonio dell’uomo e della donna l’emblema della sessualità che si dona reciprocamente, in un’ideale pienezza di amore e di fedeltà. Si intuisce anche perché, a partire dai profeti (Osea è il primo, nell’VIII sec. a.C., sulla base di una personale esperienza matrimoniale travagliata) fino a Cristo stesso e a san Paolo (Efesini 5, 25-33), la teologia ha considerato l’unione nuziale come simbolo dell’alleanza tra Dio e l’umanità.

E’ proprio su questo valore “simbolico” (nel senso reale e non metaforico del termine, capace cioè di “tenere insieme” divino e umano) che si è sviluppata la dottrina cattolica del matrimonio come sacramento: nell’atto sessuale nuziale, segno reale di amore e di donazione, non è solo in azione il Dio della vita ma si ha anche un’epifania dell’amore divino per l’umanità. In questa luce si comprende quanto sia lontana dalla genuina spiritualità cristiana uno spiritualismo disincarnato, che disprezzi corporeità e sessualità. L’equilibrio da raggiungere è, certo, delicato, ma non si conquista attraverso un’eterea astrazione dalla realtà concreta dell’essere umano che è appunto sesso, eros, amore.

In sé la sessualità umana contiene un germe che può fiorire nel cielo della bellezza e dell’amore. Il vizio è limitazione, riduzione perché restringe e mortifica le potenzialità trascendenti che la persona umana ha in se stessa. Apparente celebrazione della libertà senza vincoli, la lussuria si ritrova incatenata alla bruta “consumazione”, alla reiterazione, all’isolamento possessivo. Ignora la creatività dell’eros autentico, i palpiti emozionanti del sentimento, il fascino della totalità insito all’amore. Il grande tragico greco Sofocle (V sec.a.C.). che pur conosceva i meandri oscuri e indecifrabili della sessualità, nell’Edipo a Colono concludeva: “Una parola ci libera da tutto il peso e il dolore di una vita: questa parola è amore”. E chi ha vissuto un amore pieno e genuino può comprendere senza esitazione ciò che un lussurioso non capirà e che lo scrittore francese François Mauriac così descriveva nel suo diario: “L’amore coniugale, che persiste attraverso mille vicissitudini, mi sembra il più bello dei miracoli, benché sia anche il più comune”.

http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/vizicapitali5lussuria.aspx

4 Luglio 2012

Ecco tutti i segreti del Bosone di Higgs (video dell’Istituto nazionale di fisica nucleare)

Filed under: SCIENZA — giacomo.campanile @ 23:06

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=qxJprDMUDqI

Il BOSONE DI HIGGS e’ una particella davvero speciale perche’ conferisce il dono della sostanza a tutte le cose. I fisici la chiamano massa ed e’ la proprieta’ fondamentale di tutto cio’ che esiste. Se non avessimo massa – se non l’avessero gli atomi, cioe’ i protoni, i neutroni, gli elettroni di cui noi stessi siamo costituiti – saremmo solo particelle che schizzano nel vuoto alla velocita’ della luce.

GUARDA IL VIDEO

Saremmo videogiochi, non realta’ consistenti. Invece, dal momento che tutte le particelle elementari interagiscono con il bosone di Higgs, allora la materia assume la sua consistenza, la sua massa. Non e’ pero’ sempre stato cosi’. Nei primissimi istanti dell’Universo tutto era troppo caldo perche’ il bosone di Higgs potesse fare il suo lavoro. Poi l’Universo si e’ raffreddato (era trascorso un decimo di miliardesimo di secondo dal Big Bang) e ha avuto luogo una delle trasformazioni piu’ drammatiche di tutta la sua storia: e’ comparso il bosone di Higgs, con il suo campo diffuso ovunque, e ha cambiato la simmetria del mondo. Sono nate le particelle con la loro massa.

CAMPO DI HIGGS. Il bosone di Higgs e’ una particella, ma anche un campo (diffuso ovunque nello spazio) attraverso cui passano le altre particelle, cioe’ gli elettroni, i quark, i fotoni, ecc. Tutte queste particelle, tranne i fotoni, vengono rallentate dal campo di Higgs: e’ come se ci fosse un attrito tra loro e il campo. Queste particelle non viaggiano piu’ alla velocita’ della luce (tranne i fotoni) perche’ si sono “appesantite”, cioe’ hanno acquistato massa. Alcune sono rallentate moltissimo e hanno assunto quindi una massa grande, come il quark top o il bosone W, altre invece attraversando il campo piu’ velocemente, rimangono piu’ leggere, come ad esempio gli elettroni.

MASSA DI HIGGS. Il bosone di Higgs e’ l’unica particella che conosciamo che prende la sua massa interagendo con se stesso. Anche il bosone di Higgs, come tutte le altre particelle massicce, prende massa “navigando” e interagendo con il suo campo. Proprio il valore di questa interazione, l’attrito sperimentato dal bosone di Higgs quando nuota nel “mare” da lui stesso prodotto, determina alla fine la stabilita’ o meno del vuoto in cui il nostro Universo si trova. Una massa del bosone di Higgs pari a 126 volte la massa del protone (il valore che sembra emergere dai risultati di Lhc) e’, di pochissimo, inferiore a quella che garantirebbe che l’Universo in cui viviamo possa rimanere nello stato in cui siamo per sempre nel suo futuro. In altre parole, il nostro Universo ha evitato uno stato rigidamente stabile. Il fatto, pero’, che saremmo cosi’ vicini a una situazione di stabilita’ “forte” implica che il tempo richiesto al nostro Universo per compiere il passaggio dallo stato in cui oggi viviamo a quello in cui non ci sarebbero piu’ le condizioni necessarie per la nostra esistenza, diventa molto piu’ lungo dei 13 miliardi di anni e passa trascorsi dal Big Bang iniziale. Insomma, e’ come un pallone che colpisce il palo: se il bosone di Higgs avesse avuto un centesimo di massa in piu’ il pallone sarebbe entrato in rete, cioe’ l’Universo sarebbe stato stabile in tutta la sua evoluzione futura; un centesimo in meno, e il pallone sarebbe clamorosamente uscito, cioe’ l’Universo avrebbe imboccato la strada di uno stato di vuoto “instabile” in cui non ci sarebbe stato posto per la nostra esistenza.

LA RICERCA NON E’ FINITA.
Ora che e’ stata scoperta l’ultima particella chiave del Modello Standard, la ricerca in fisica non e’ finita. Una volta appurato che abbiamo veramente scoperto il bosone di Higgs, bisognera’ innanzitutto rispondere a un quesito-chiave per il futuro della fisica: si tratta del bosone di Higgs previsto nel Modello Standard che descrive le forze elettromagnetiche e deboli (quelle responsabili della radioattivita’), oppure e’ un bosone simile ma diverso e quindi araldo di una nuova fisica al di la’ del Modello Standard? E’ una domanda a cui potrebbe essere molto difficile o addirittura impossibile rispondere nell’ambito della fisica di LHC.

IL RUOLO DELL’ITALIA. Attraverso il suo ente di ricerca che si occupa di questo tipo di fisica, cioe’ l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), le sue universita’, ma anche alcune delle sue industrie di tecnologia avanzata, il nostro paese ha dato un enorme contributo alla ricerca della particella di Higgs. Ora tale ricerca viene condotta in esperimenti alla macchina acceleratrice Lhc del Cern di Ginevra: tali esperimenti sono portati avanti da vastissime collaborazioni internazionali con migliaia di fisici. Tra questi ci sono centinaia di nostri connazionali, appartenenti all’Infn, a universita’ italiane o anche “emigrati” in istituzioni straniere. Molte parti di Lhc sono dovute a nostre industrie che si sono aggiudicate commesse attraverso un’aspra competizione internazionale.

ROBERTO DAL BOSCO, AUTORE DEL LIBRO “CONTRO IL BUDDISMO” (ED. FEDE & CULTURA)

Filed under: Religione — giacomo.campanile @ 22:42

Il generoso, “battagliero” (da più di 20 anni) e studioso cattolico Arrigo Muscio ci segnala l’interessante intervista che Roberto Dal Bosco, autore di un vero e proprio best seller, ha rilasciato per www.genitoricattolici.org. 1) Lei ha scritto il libro “Contro il buddismo” che fa stecca nel coro del politicamente corretto. Secondo il comune sentire infatti il buddismo viene considerato una filosofia di vita improntata alla pace e all’amore e non una religione; come mai quindi ha sentito il bisogno di scrivere tale volume? R. La nascita del libro ha una sua storia. Quando non avevo neppure diciotto anni, feci un sogno. Sognai che ero su un treno nel deserto, diretto verso delle montagne altissime all’orizzonte. Come il treno aumentava la velocità indefinitamente, mi accorgevo che ai lati della ferrovia vi erano centinaia di corpi di soldati cinesi morti. La visione del sogno poi mi portava in cima ad un dirupo, dove un monaco lamaista guardava il sole e …

… sorrideva. Questo sogno mi toccò profondamente, portandomi ad interessarmi alla questione del Tibet e alle tematiche buddiste. Seppi solo anni dopo che i cinesi stavano costruendo la contestatissima ferrovia Pechino- Lhasa… Così, negli anni crebbe in me il desiderio di scriverne, così iniziai un romanzo, i cui primi capitoli rimasero nel cassetto. Passarono gli anni, e vidi le mie posizioni sul Tibet e sul buddismo in generale mutare completamente. Così, quando accennai al romanzo ad un amico che aveva contatti con un editore importante, lui mi disse che se invece di un romanzo avessi voluto scrivere un saggio sul lato oscuro del buddismo, lui lo avrebbe fatto pubblicare subito. Così fu, ma l’importante editore, che non nominerò, si tirò indietro all’ultimo, dopo avermi inviato il contratto: d’improvviso, avevano paura. Dovetti aspettare ben due anni prima di trovare un editore coraggioso come Fede&Cultura che mi pubblicasse…

Ciò detto, mi sono sempre chiesto perché il bisogno di scrivere un libro del genere non lo abbia sentito nessuno prima. Che il buddismo non sia una religione di pace e amore, ma un culto che ha le sue storie di sangue – come tutti gli altri – è uno di quegli stereotipi totalmente errati che ha invaso la nostra cultura e che ora è impossibile da scrostare. Una recente raccolta di saggi accademici, “Buddist Warfare”, si chiede la medesima cosa che mi sono chiesto io: come è possibile che la gente pensi che la storia del buddismo sia priva di fatti cruenti? I vari cattedratici, forse con le mani legate dal politicamente corretto, non danno una risposta efficace…

Le sette buddiste la fanno da padrone ovunque oramai, ammantate di quella insopportabile aura di innocenza e bontà. Il fatto che la società, gli stati ma ancor di più le nostre istituzioni religiose, non trovino il modo di reagire a questa situazione, è di per sé un indice del tremendo stato di disorientamento che stiamo vivendo.

Il fatto che il libro stia vendendo abbastanza bene mi dice però che una scintilla da qualche parte ancora cova.

2) Perché, secondo lei, vi sono personaggi dello spettacolo che si prodigano attivamente a favore del sorriso del Budda?

R. Il sinologo Orville Schell ha analizzato il buddismo hollywoodiano in modo molto perspicace, utilizzando categorie geopolitiche. Nel caso del buddismo tibetano, il Dalai Lama – che aspira a divenire un sovrano temporale – necessita di ambasciate in giro per il mondo. La pattuglia di divi buddisti e filotibetani funziona dunque come una sorta di “ambasciata” del governo tibetano in esilio. L’idea non è priva di un suo strategico genio: Hollywood, la mecca del cinema, ha rappresentato per decenni la seconda fonte di entrata dell’export americano, essendo la prima l’industria aerospaziale. Un ganglio economicamente vitale, e ancor di più la fabbrica dei modelli antropologici a cui buona parte dell’umanità si assoggetta – dal taglio dei capelli al modo di sorridere, i divi di Hollywood da più di un secolo oramai dettano legge sul globo terracqueo. Un vero ineffabile soft-power, non di rado pienamente accordato con la volontà politica del Dipartimento di Stato USA e del grande ordine cavalleresco che regna sugli affari degli USA, la CIA. La quale ha con il Dalai Lama un filo diretto, come un mese fa ha sostenuto la Sueddeutsche Zeitung. Il Dalai Lama – che ha ammesso i finanziamenti CIA, e il cui fratello è risaputamente un agente di Langley – è stato per anni un residuo della Guerra Fredda. Ora che la Cina fa davvero paura, ecco che lo ritirano fuori per destabilizzare la regione, che è ricca di acqua, e, più a nord in Xinjiang, di petrolio.

Per quanto invece riguarda altri movimenti buddisti e la loro propensione alla conversione delle star, la loro operazione ha lo stesso scopo. Va forte, nel mondo dello spettacolo e della moda in Italia, ma ora pure nel cinema USA, la giapponese Soka Gakkai. Quante persone possono decidere di vincere le proprie diffidenze rispetto ad un invito ad entrare nel movimento quando ti viene presentato con il volto sorridente di Roberto Baggio o di Orlando Bloom?

La tecnica non è diversa da quella usata da Scientology: prima converti le star, poi gli altri verranno. Noto che il narcotraffico ai suoi albori pure ebbe la stessa idea: dare prima la cocaina alle star (come visibile in un film sull’argomento, Blow) per poi attrarre nel disastro della droga l’uomo della strada.

3) Nel suo scritto si accenna anche a scandali sessuali che hanno coinvolto “religiosi buddisti”; come mai tali scandali, diversamente da quelli che accadono in campo cattolico, non sono ampiamente pubblicizzati?

R. I casi di abuso sessuale perpetrati dal clero buddista – per lo meno da quello di scuola tantrica – presentano una situazione ben più preoccupante, in quanto l’abuso, e talvolta persino il femminicidio, è prescritto in alcuni testi sacri per i buddisti vajrayana – la tradizione del Dalai Lama per intenderci. Gli abusi quindi, in questi casi non sarebbero da ascriversi all’opera perversa di un “prete” peccatore che va contro i suoi voti, ma anzi, sono da leggersi come un tentativo di andare sino in fondo agli insegnamenti dei suoi maestri. L’abuso come “preghiera”, in sostanza – qualcosa di assolutamente attinente alla magia nera.

Quanto al clamore degli scandali sessuali presso i cattolici, sposo in pieno la teoria dello studioso protestante Philip Jenkins, che dati statistici alla mano ha dimostrato che gli abusi presso i cattolici sono percentualmente quasi la metà di quelli commessi nelle altre confessioni. Sposo anche la teoria che vuole che la questione dei preti pedofili sia solo uno dei tanti volti dell’immane attacco portato contro Benedetto XVI, perpetrato mezzi di propaganda già ingegnati orrendamente dal grande stratega della comunicazione del III Reich, Goebbels, che montando una campagna identica a quella che vediamo oggi voleva screditare la Chiesa Cattolica dopo l’enciclica Mit brennender Sorge con la quale Pio XI condannava il pensiero nazista. Davanti a Benedetto XVI che mette sotto accusa il relativismo, gli si risponde allo stesso modo, anzi con ancora più violenza. Il fatto che abbiano copiato un vecchio piano nazista però ci dice anche che i nemici della Chiesa stanno esaurendo fantasia e creatività. A suo modo, un buon segno.

4) Nel suo libro viene evidenziato il fatto che all’interno del buddismo si agitano molti demoni. Può spiegare per quali ragioni tale religione è intrisa di magia nera e di adorazioni diaboliche?

R. C’è da dire che l’intero edificio del buddismo lamaista, per esempio, si basa su antichi riti prebuddisti, di cui ha salvato tutto il pantheon di esseri preternaturali. La leggenda della conversione del Tibet, per esempio, è illuminante. Il “santo” Padmasambhava affrontò i demoni locali ma non li scacciò, come ad esempio si legge nei Vangeli: li sottomise, come peraltro insegnano a fare i grimori della magia nera nostrana. Il buddismo tibetano coabita con i demoni, che anzi sono destinatari di preghiere e riti, o ancora di più, sono veri motori di azione politica: non è noto infatti, anche se visibile in film come Kundun, che importanti decisioni del governo tibetano sono prese dagli “oracoli”, che altro non sono che persone che, durante apposite cerimonie, vengono possedute dai vari demoni del Tibet che fanno così saper cosa consigliano di fare.

In buona sostanza, una “demoniocrazia”.

Queste pratiche non sono da considerarsi come degli aspetti folcloristici: da queste cerimonie di possessione sono sorte numerose decisioni importanti per la storia della compagine del Dalai Lama, come la decisione di riparare in India o la “guerra” contro i compagni lamaisti seguaci del demone Shugden, che ora nella capitale in esilio Dharamsala sono privati dei diritti civili.

Al di là del caso tibetano, c’è da dire che in tutto il buddismo, ad attirare i demoni è sicuramente il vuoto. Perché il vuoto è di per sé un concetto antitetico al creato. Laddove noi pensiamo vi sia il vuoto, si può infilare il demonio, e continuare ad agire indisturbato. Per questo, sostengo che il Nulla buddista sia una “maschera”. Una maschera che può indossare chi vuole la distruzione del creato e dell’umanità. Lo stesso concetto di nirvana – cioè di estinzione – è di per sé il precipuo programma dell’Inferno: lo sterminio della razza umana, il fratello minore cui il Signore ha dedicato tutto il suo amore e la sua attenzione. Di qui le corrispondenze tra buddismo e la cultura dell’aborto, che ho tentato di indagare nel libro in un capitolo dedicato alla questione dell’aborto in Giappone.

5) Lei ha scritto che il buddismo rappresenta un pericolo per l’intera umanità. Come mai?

R. Il Buddismo è un pericolo per l’umanità perché vuole la sua estinzione. Perché non vive la vita come un dono unico ed irripetibile, ma come una dolorosa prigione da cui sfuggire. L’uomo non è posto da Dio al centro del Creato, anzi, è vissuto come un ostacolo da superare verso uno stadio superiore, in cui nulla più esiste – uno stato in cui il creato è distrutto per sempre. La fortuna del buddismo odierno viene tutta da qui: dalla sua facile integrazione con tutte le teorie anti-umane che sono oramai pacificamente nell’aria. Decrescita, Zero-Growth, riduzione della popolazione terrestre, e tutte le altre culture della morte più o meno legate all’ecofascismo oramai imperante, pensato dai potenti (in primis il Club di Roma) per liberarsi del fastidio dell’umanità e abbracciato gioiosamente adesso dai movimenti cosiddetti ambientalisti. Il Buddismo è la religione giusta per ridurre la popolazione terrestre: la rende docile, poco attaccata alla vita, e non troppo desiderosa di riprodursi (il seme, nelle varie pratiche tantriche, è infatti ritenuto, sprecato). La religione ideale per rendere i figli di Dio una serqua di lemming imbecilli. Questo, almeno secondo me, è un grande problema. Il buddismo non è l’avversario maggiore, è solo un valvassino di quello che è il vero nemico dell’uomo, che oggi più che mai chiede di scatenarsi sulla razza umana.

6) Come la mettiamo, secondo lei, con i raduni religioni in cui si prega Gesù Cristo e, accanto, si innalzano preghiere ad un dio ben diverso da nostro Signore Gesù Cristo?

R. Sono un puro effetto, e neanche il peggiore, del disorientamento che vivono le nostre comunità religiose. Un segno dei tempi. Il filosofo René Girad, nel suo studio «La violenza e il sacro» parlava del periodo che precede il sacrificio del capro espiatorio, un periodo che chiama “crisi sacrificale”, dove regna l’indistinzione: in una società in preda alla crisi sacrificale non v’è differenza tra alto e basso, maschio e femmina, giusto e sbagliato, bene e male. È il grande Carnevale del relativismo, di cui tanto ci ha parlato il nostro Papa. Sta scritto “E quale accordo fra Cristo e Beliar?” (Seconda lettera ai Corinzi, capitolo 6 versetto 15). Io rispondo, certo, che nessun accordo è possibile. Nessuno. Che qualcuno immagini che questo accordo sia possibile è effetto di questa orribile “crisi sacrificale”, che solo appunto con un grande sacrificio potremo cacciar via. La posta in gioco, lo sappiamo tutti, è altissima.

7) Il suo libro, che riporta testimonianze di missionari e che si conclude con un invito alla preghiera, come viene giudicato dai cattolici? E da tutti gli altri?

R. Il libro ha subito molto attacchi ad intra da parte di cattolici. Si tratta a volte di cattolici tiepidi, altre volte da cattolici progressisti. Non è mancato anche qualche attacco di qualche sparuto cattolico tradizionalista perché vede stupidamente nel buddismo una Chiesa conservatasi pura, oppure è legato a trascorsi culturali di estrema destra, e sulla fascinazione dell’estrema destra per il buddismo ho scritto un intero capitolo del libretto.

Quanto agli extra ecclesiam, ho registrato diversi attacchi da parte di buddisti, che in molti casi hanno dimostrato bellamente l’attitudine nichilista e finanche violenta di cui parlo nel libro e che loro vorrebbero invece negare. In diversi forum, come quello di Costanza Miriano che mi ha dedicato un post o in quello del mio editore, spesse volte si è dovuto rimuovere commenti perché pieni di insulti e perfino di bestemmie. L’anticristianesimo dei buddisti nostrani, lungi dall’immagine di pace che si vorrebbe trasmettere, è emerso in tutti i casi con estrema evidenza.

Quanto a me personalmente, certo c’è qualche amico che non mi rivolge più la parola… Ma questo a parte, l’interesse verso il libro è stato ampio anche in persone totalmente estranee alla vita spirituale. Molti mi hanno detto di aver comprato il libro perché stressati dagli amici buddisti che pressano per convertirli nel giro di una cena: la lettura del libro, mi dicono, ora ha fornito qualche utile argomento per dire “no, grazie”.

8) Che cosa pensa della recente visita del Dalai Lama, accolto con tutti gli onori ed acclamato dalla folla, ai terremotati dell’Emilia? Una signora di una certa età ha affermato di essere devota al Dalai Lama ed un’altra, sempre di una certa età, si è commossa dichiarando d’aver percepito serenità.

R. La mia modesta e forse errata opinione è che una Chiesa debole, e un complesso civile religioso (ad applaudire il Dalai Lama al comune di Milano, è bene ricordarlo c’erano anche dei politici cattolici) che permetta al Dalai Lama di venire a fare proseliti speculando sulla disgrazia, sia un grosso problema non solo per i giovani, sempre più privi di riferimento, ma anche per gli anziani. Personalmente, in molte chiese mi capita, durante le messe, di osservare delle signore anziane sempre più indifferenti alla routine della cerimonia. È un problema madornale, perché è su di loro che si compone l’ossatura del cristianesimo: le famose “vecchiette” che si trovano a recitare il rosario… tutto questo sta sparendo perché, come dicevo prima, dalle nostre parti sta sparendo il senso del sacro. Il sacro è affogato nell’indistinzione… è quindi quasi naturale che guardino al Dalai Lama come ad un qualcosa che – così si vuol credere – possa ancora ammantarsi di una qualche sacralità. Questo in fondo è il vero segreto della proliferazione delle non-religioni in Europa: il nostro inesorabile svuotamento.

E, come dicevo prima, nel vuoto amano insinuarsi i diavoli.

Arrigo Muscio
www.genitoricattolici.org
www.genitoricattolici.net (video)
www.muscio.it

3 Luglio 2012

Festa di San Tommaso Apostolo

Filed under: articoli,SANTI — giacomo.campanile @ 06:21

immagineFesta di san Tommaso, Apostolo, il quale non credette agli altri discepoli che gli annunciavano la resurrezione di Gesù, ma, quando lui stesso gli mostrò il costato trafitto, esclamò: «Mio Signore e mio Dio». E con questa stessa fede si ritiene abbia portato la parola del Vangelo tra i popoli dell’India.San Tommaso Didimo (Palestina, … – Mylapore, 3 luglio 72) fu uno dei dodici apostoli di Gesù.

È noto principalmente per essere il protagonista di un brano del Vangelo secondo Giovanni (20,24-29) in cui prima dubitò della risurrezione di Gesù e poi lo riconobbe. Secondo la tradizione, si spinse a predicare il Vangelo fuori dei confini dell’Impero romano, in Persia e India, dove fondò la prima comunità cristiana.

È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e dalla Chiesa copta. San Tommaso è patrono degli Architetti, dei Geometri, degli Agrimensori e dell’India; nei quadri è rappresentato con una lancia in mano.

Le sue ossa riposano nella Basilica di San Tommaso Apostolo a Ortona.
L’episodio maggiormente noto del Nuovo Testamento che coinvolge Tommaso è quello contenuto in Giovanni 20,24-29 e noto come “l’incredulità di Tommaso”. Tommaso, che dubitava della risurrezione di Gesù, incontra il Signore risorto. Rivolgendosi a lui, Gesù dice:

« “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!” Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!” Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che non videro e tuttavia credettero!” »

Incredulità di san Tommaso è un dipinto ad olio su tela di 107 × 146 cm realizzato tra il 1600 ed il 1601 dal pittore italiano Caravaggio. È conservato nella Sanssouci-Bildergalerie, Potsdam

Il dipinto raffigura l’apostolo Tommaso mentre infila un dito nella ferita del costato di Gesù, con altri due apostoli che osservano la scena. Le figure sono disposte in maniera tale da formare una elementare croce, o una spirale, con le tre teste degli apostoli perfettamente incastrate l’una con l’altra. La luce proviene solo da sinistra e illumina le fronti corrugate dei tre uomini che osservano con attenzione, con scopo di verifica, la ferita e il dito di Tommaso che la esplora. L’estremo realismo della scena difatti scandalizzò non poco il committente, il Marchese Vincenzo Giustiniani.

di Giacomo Campanile
redazione@vivereroma.org

1 Luglio 2012

MASSIME GIUGNO 2O12

Filed under: MASSIME — giacomo.campanile @ 06:55

Dal libro della Sapienza

Dio non ha creato la morte

e non gode per la rovina dei viventi.

Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano;

le creature del mondo sono portatrici di salvezza,

in esse non c’è veleno di morte

L’uomo vivente è la gloria di Dio. Sant’Ireneo di Lione
«A me sembra […] che voi perdoniate soltanto i peccati che realmente non pensate peccaminosi. voi perdonate i criminali quando essi commettono qualche cosa che voi non considerate come un delitto […]. voi perdonate perché non c’è nulla da
perdonare». gilbert keith chesterton
«A me sembra […] che voi perdoniate soltanto i peccati che realmente non pensate peccaminosi. voi perdonate i criminali quando essi commettono qualche cosa che voi non considerate come un delitto […]. voi perdonate perché non c’è nulla da perdonare».
Nessun uomo può essere veramente buono finché non conosce la
propria malvagità
gilbert keith chesterton
Mt 7,6.12-14
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.
Roma locuta, causa finita. Agostino (Roma ha parlato, il caso è chiuso.)
Mc 5,21-43
Fanciulla, io ti dico: Àlzati!
Mt 7,1-5
Togli prima la trave dal tuo occhio.
La calunnia… La maldicenza… Chi non ne ha sofferto? Ma chi, in tutta coscienza, può affermare di non averne mai fatto uso?
Oh, se potessimo giudicare gli altri con la stessa clemenza che concediamo a noi stessi, il paradiso sarebbe già di questo mondo
La calunnia… La maldicenza… Chi non ne ha sofferto? Ma chi, in tutta coscienza, può affermare di non averne mai fatto uso?
21 ore fa · Mi piace
Giacomo Campanile Lode Oh, se potessimo giudicare gli altri con la stessa clemenza che concediamo a noi stessi, il paradiso sarebbe già di questo mondo
Senza la luce di Dio è notte per l’Europa
Mt 6,24-34
Non preoccupatevi del domani.
1 Cor. 1 Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. 27Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; 28quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, 29perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. 30Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, 31perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore.
« Pagina precedente
Powered by WordPress. Theme by H P Nadig