22 Gennaio 2014

Eloisa e Abelardo. Esortazione apostolica Evangelii gaudium

Filed under: LEZIONI DI RELIGIONE — giacomo.campanile @ 10:50

Eloisa e Abelardo, un amore che ha attraversato il tempo

Abelardo ed Eloisa, la tragica storia d'amore che ispirò "Romeo e Giulietta"

L’amore tra Eloisa e Abelardo si ricorda tra i più scandalosi di tutti i tempi: lui era un chierico e aveva quasi 40 anni e lei solo una ragazzina sedicenne affidatagli perché le insegnasse la filosofia. Non solo ebbero un figlio segreto, ma si sposarono nonostante fosse proibito. E non finì bene

« Tutti si precipitavano a vederti quando apparivi in pubblico e le donne ti seguivano con gli occhi voltando indietro il capo quando ti incrociavano per la via […] Quale regina, quale donna potente non invidiava le mie gioie e il mio letto? Avevi due cose in particolare che ti rendevano subito caro: la grazia della tua poesia e il fascino delle tue canzoni, talenti davvero rari per un filosofo quale tu eri […] Eri giovane, bello, intelligente »
( Eloisa, Lettera ad Abelardo)

Abelardo ed Eloisa sono una coppia amorosa che fa parte dell’immaginario collettivo europeo, come Tristano e IsottaPaolo e FrancescaRomeo e Giulietta, ma rispetto alle altre vicende ha un maggior fondamento storico.
Lei era la più bella e colta tra le fanciulle di Parigi del XII secolo; lui era il più illustre tra gli studiosi della sua epoca.
Tra di loro scoppiò un’ardente passione, dove si intrecciarono ragione e religione.

Pietro Abelardo, chierico e brillante insegnante di teologia, dal 1113 insegna in una scuola sul colle di Santa Genoveffa (Sainte Geneviève). Quando conosce Eloisa ha 39 anni.
Eloisa nasce nel 1099 nell’Ile de la Cité di Parigi (la città all’epoca conta circa ventimila abitanti).
Adolescente, viene affidata al fratello di sua madre, il canonico Fulberto.
Studia nel convento di Argenteuil con esiti straordinari.
Attende con eccezionale impegno alle arti liberali (dalla grammatica alla retorica, fino alla geometria e all’astronomia), padroneggia il latino, il greco e l’ebraico.
Pietro il Venerabile, il celebre Abate di Cluny, la più grande e importante abbazia d’Europa, scrive di lei che, studentessa, era “celebre per erudizione”.

La vicenda
La loro storia ha inizio nel 1116 nella capitale francese.
Eloisa che non ha ancora compiuto diciassette anni; suo zio Fulberto decide che la sua cultura sarebbe stata ulteriormente arricchita delle lezioni del più celebre maestro di Parigi, il bretone Abelardo che ha fondato una scuola ora famosa sulla collina di Sainte Geneviéve.
È maestro di logica, filosofo e teologo (sembra che per primo abbia usato il termine “teologia”). Abelardo si innamora perdutamente della sua allieva. «Eloisa aveva tutto ciò che più seduce gli amanti» – scrive Abelardo, che per starle più vicino chiede addirittura di andare a pensione da Fulberto.
Il canonico, ingenuamente, accetta con entusiasmo di avere sotto il suo tetto il maestro più insigne di Parigi quale insegnante della nipote.
Ben presto anche la fanciulla si arrende alla passione. «Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore, lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d’amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi; la mano correva più spesso al seno che ai libri… il nostro desiderio non trascurò nessun aspetto dell’amore, ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa di insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo a essi senza stancarci».
(Abelardo ed Eloisa sorpresi da Fulberto (Jean Vignaud, 1819))
Se la passione di Abelardo era solo erotismo, per Eloisa era amore pieno e dedizione assoluta: «Al mio signore, anzi padre, al mio sposo anzi fratello, la sua serva o piuttosto figlia, la sua sposa o meglio sorella… ti ho amato di un amore sconfinato… mi è sempre stato più dolce il nome di amica e quello di amante o prostituta, il mio cuore non era con me ma con te».
Abelardo compone per Eloisa struggenti poesie d’amore che giungono all’orecchio dei suoi studenti e si diffondono in tutta Parigi, diventando popolarissime grazie “alla dolcezza delle parole e alla bellezza del ritmo musicale“.
Fulberto, aperti finalmente gli occhi, caccia subito di casa Abelardo. Ma Eloisa rimane incinta.
Quando lo comunica, per lettera, ad Abelardo, questi decide di portarla via con sé.
Approfittando di un’assenza di Fulberto, Abelardo rapisce Eloisa e la conduce al paese natale di Pallet, in Bretagna, ospitandola nella casa di famiglia.
Qui, alla fine dell’anno 1116 partorisce un figlio, al quale viene dato il nome di Astrolabio (rapitore delle stelle).
Abelardo, sentendosi in colpa, decide di riparare il male che pensa di aver fatto a Fulberto.
Si dichiara disposto a sposare Eloisa, a condizione che il matrimonio rimanga segreto per non danneggiare la sua carriera.
Egli infatti non è solo docente, ma è anche chierico, perciò non può sposarsi.
Eloisa è contraria al matrimonio perché avrebbe danneggiato Abelardo: «quante lacrime verserebbero coloro che amano la filosofia a causa del matrimonio… cos’hanno in comune le lezioni dei maestri con le serve, gli scrittoi con le culle, i libri e le tavolette con i mestoli, le penne con i fusi? Come può chi medita testi sacri e filosofici sopportare il pianto dei bambini, le ninne nanne delle nutrici, la folla rumorosa dei servi? I ricchi possono sopportare queste cose perché hanno palazzi e case con ampie stanze appartate, perché la loro ricchezza non risente delle spese e non è afflitta dai problemi quotidiani».
Tuttavia, tornati a Parigi, Eloisa e Abelardo si sposano in presenza di Fulberto e di pochi amici, senza rivelare pubblicamente il matrimonio, ma presto la famiglia di Eloisa divulga la notizia.
I due negano subito il fatto, ma per evitare scandali Abelardo manda Eloisa nel monastero di Argenteuil dove era stata educata.
I parenti pensano che Abelardo abbia costretto Eloisa a farsi monaca per liberarsi di lei e decidono di vendicarsi: una notte, mentre Abelardo dorme nella sua casa, tre uomini lo aggrediscono e lo evirano.
In seguito due di essi verranno catturati e, secondo la legge del taglione, accecati ed evirati a loro volta, mentre Fulberto, il mandante dell’aggressione, verrà solo sospeso dai suoi incarichi.
Abelardo ed Eloisa in una miniatura del XIV secolo
Da questo momento le loro strade si separeranno e i due amanti non si rivedranno mai più. Due drammi paralleli si svolgeranno insieme: Eloisa prende i voti e trascorre il resto della sua vita in convento; Abelardo, diventato eunuco, ritorna alla sua vita accademica ed ecclesiale. Eloisa avrà comunque un atteggiamento completamente diverso rispetto a quello del suo amato, il quale, nonostante due condanne da parte della Chiesa per le sue idee teologiche, godrà comunque la fama di grande maestro.
Abelardo compie un gesto di grande generosità verso le monache del chiostro di Argenteuil, tra cui è Eloisa, che sono state sfrattate dal vescovo di Saint Denis, donando loro un eremo che egli ha costruito con le sue mani usando canne e arbusti cui dà il nome di Paràclito (ossia Spirito Santo).
Quando Abelardo è ancora abate di Saint Gildas, in Bretagna, capita per caso nelle mani di Eloisa una sua lettera in cui narra a un amico le proprie sventure. Eloisa gli scrive ricordandogli i tempi della loro passione, che in lei non si è mai spenta, gli grida il suo amore che arde come allora. Gli ricorda: «Non ho voluto soddisfare la mia volontà e il mio piacere, ma te e il tuo piacere, lo sai bene». Abelardo rimane profondamente turbato, scosso da questa novità inattesa. Egli ormai trova conforto solo nei grandi successi nel campo culturale. Le risponde: «Io adesso sono circondato anche nell’anima», indicandole la preghiera come unico rimedio alla tempesta dei sensi.
Eloisa non si arrende. È ancora giovane (ha circa 35 anni) ed è presa dai ricordi che lei considera indimenticabili e carichi di passione: «Il piacere che ho conosciuto è stato così forte che non posso odiarlo». E pone ad Abelardo in maniera lacerante questa domanda: «Perché la sublimazione si dovrebbe raggiungere soltanto annichilendo i sensi e il sentimento d’amore che si prova verso un’altra persona?» Ma Abelardo è irremovibile: da abate qual è, le ricorda severamente il suo ruolo di badessa, invitandola a dedicarsi allo studio e alla preghiera. Eloisa questa volta obbedisce e, nella sua terza e ultima lettera dal Paràclito, promette che non parlerà mai più del passato e dei propri sentimenti ad Abelardo.
Nell’autobiografia Historia calamitatum mearum, ovvero la prima delle sue lettere, Abelardo stesso riconosce le proprie colpe, dicendo che il suo incontro con Eloisa e la passione che ne conseguì fu la giusta punizione per la propria superbia, accresciutasi dalla gloria e dalla fama raggiunta con le lezioni che diventavano sempre più seguite: ” … la ricchezza insuperbisce sempre gli stolti, le sicurezze terrene indeboliscono il vigore dell’animo, che si fa poi facilmente adescare dalle lusinghe dei sensi … la pietà divina mi richiamò a sé, umiliandomi perché ero superbissimo e avevo dimenticato che tutte le qualità di cui mi vantavo non mi appartenevano, ma erano doni divini”.
Nei suoi ultimi anni Abelardo è ospitato nel convento di Cluny da Pietro il Venerabile. Da qui scrive a Eloisa, eletta badessa del Paràclito nel 1136: «Mi vedrai presto, per fortificare la tua pietà con l’orrore di un cadavere e la mia morte, ben più eloquente di me, ti dirà che cosa si ama quando si ama un uomo». Abelardo chiede all’amata di seppellire il suo corpo nel cimitero del Paràclito.
La notizia della sua morte, avvenuta il 21 aprile 1142, è data a Eloisa da Pietro il Venerabile: «Cara e venerabile sorella in Dio, colui al quale dopo il legame carnale, siete stata unita dal legame più elevato e più forte dell’amore divino, colui col quale e sotto il quale avete servito il Signore, questi… lo riscalda nel suo seno e nel giorno della sua venuta… lo custodirà per rendervelo con la sua grazia».
Sepolto dapprima nel vicino eremo di Saint-Marcel (una dipendenza dell’abbazia di Cluny), nel dicembre dello stesso anno è traslato nel suo Paràclito, dove Eloisa ne accoglie le spoglie.
La tomba di Abelardo ed Eloisa al Père-Lachaise
Alla sua morte, il 16 maggio 1164, anche Eloisa vuole essere sepolta nello stesso loculo: una romantica leggenda riferisce che le braccia del cadavere di Abelardo si aprissero nel momento della deposizione della moglie.
I resti dei due amanti, già inumati all’esterno del Paràclito sotto un rosaio, spostati ancora all’interno, furono più volte ispezionati.
Una relazione medica riferisce dei due lunghi femori di Abelardo e del teschio rotondo di Eloisa. Il convento fu venduto nel 1792 (ora ne restano dei ruderi), rispettando la tomba: nel 1800 il loro feretro fu trasportato a Parigi nel cimitero del Père Lachaise e l’anno dopo fu costruita una cappella.
Ancora spostati nel 1814 al tempo della restaurazione monarchica, alla fine del 1817 furono finalmente ricollocati nella stessa cappella dove tuttora riposano.
Una composizione di immagini della tomba dei due amanti

GALEOTTO FU IL LIBRO – Il loro incontro avvenne nel 1116, quando lo zio della giovane decide di coltivare le doti di Eloisa facendole dare lezioni dal maestro più celebre del momento: Abelardo. Lui, quasi quarantenne, si innamora da subito della ragazza, poco più che diciassettenne: “Eloisa aveva tutto ciò che più seduce gli amanti” ricorderà il filosofo nella sua biografia, diventata da subito celebre, “Storia delle mie disgrazie”.

Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore, lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d’amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi” ricorderà lei in una lettera, in cui si rivolge a lui come “mio signore, anzi padre, al mio sposo anzi fratello, la sua serva o piuttosto figlia, la sua sposa o meglio sorella… ti ho amato di un amore sconfinato… mi è sempre stato più dolce il nome di amica e quello di amante o prostituta, il mio cuore non era con me ma con te“.

LA FUGA – Per la fanciulla Abelardo compone poesie che iniziano a esser lette in tutti i circoli culturali. L’idillio continua fino a quando lo zio di Eloisa scopre la relazione, cacciando il maestro. Eloisa aspetta però un figlio e fuggirà per questo da Parigi assieme ad Abelardo, rifugiandosi in Bretagna. Al bambino verrà imposto il nome di Astrolabio, il rapitore di stelle.

Abelardo, per salvare la ragazza dal disonore, propone alla famiglia di contrarre un matrimonio segreto, al quale però Eloisa si oppone, nel timore che il matrimonio metta fine alla carriera ecclesiastica dell’amato. “Quante lacrime verserebbero coloro che amano la filosofia a causa del (nostro) matrimonio… cos’hanno in comune le lezioni dei maestri con le serve, gli scrittoi con le culle, i libri e le tavolette con i mestoli, le penne con i fusi? Come può chi medita testi sacri e filosofici sopportare il pianto dei bambini, le ninne nanne delle nutrici, la folla rumorosa dei servi? I ricchi possono sopportare queste cose perché hanno palazzi e case con ampie stanze appartate, perché la loro ricchezza non risente delle spese e non è afflitta dai problemi quotidiani“, scrive Eloisa.

LO SCANDALO – Convinta la giovane, i due si sposano ma il segreto non regge a lungo. La notizia si diffonde per Parigi, tanto da spingere Abelardo a mandare Eloisa nel convento in cui ha studiato da bambina per difenderla dalle maldicenze. I parenti della ragazza intendono il gesto come un abbandono della moglie da parte del filosofo ed iniziano a minacciarlo, fino ad aggredirlo una sera, evirandolo. Lo scandalo scoppia: il tribunale di Parigi arresterà e mutilerà i parenti responsabili, sanzionando però anche Abelardo per aver sedotto e sposato in segreto Eloisa.

Eloisa prende i voti, divenendo badessa. Abelardo si dedica completamente alla vita intellettuale, rispettando rigidamente la regola ecclesiastica. Qui le loro strade si dividono, ma non si dimenticano: “Il piacere che ho conosciuto è stato così forte che non posso odiarlo” scriverà lei all’amato anni dopo.

Lui è irremovibile e cerca di convincerla che l’amore terreno è stato un errore puerile: “La mia morte, ben più eloquente di me, ti dirà che cosa si ama quando si ama un uomo“. Eloisa negli anni si dimosterà ben più ferma di lui nel mantenere intatto l’amore “Perché la sublimazione si dovrebbe raggiungere soltanto annichilendo i sensi e il sentimento d’amore che si prova verso un’altra persona?“.

INSIEME PER SEMPRE – In una delle ultime lettere Abelardo chiederà alla donna di far in modo che il suo corpo venga seppellito nell’eremo che anni prima aveva donato alle monache del suo ordine. Quasi vent’anni dopo, anche la salma di Eloisa verrà sepolta nella stessa tomba dell’amato: la leggenda medievale vuole che il corpo di Abelardo abbia abbracciato quello di Eloisa nel momento della inumazione.
Trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri, uno dei quali abbracciava singolarmente l’altro. Uno di quegli scheletri, che era quello di una donna, era ancora coperto di qualche lembo di una veste di una stoffa che era stata bianca, ed era visibile attorno al suo collo una collana di adrézarach con un sacchettino di seta, ornato da perline verdi, che era aperto e vuoto. Quegli oggetti erano di così poco valore che di certo il boia non li aveva voluti. L’altro, che abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo.” (V. Hugo, Notre-Dame de Paris)
Secoli dopo, anche Victor Hugo rimase affascinato dalla storia del teologo e della fanciulla.

BREVE

Andava dicendo di sé che si riteneva l’unico uomo capace di ‘pensare’ che rimanesse alla Francia; anzi, per usare le sue esatte parole: ‘l’unico filosofo superstite al mondo.’ Chi era questo campione di modestia che, pur intelligente ed esigente ricercatore della verità, non mancava di costellare il proprio cammino di un gran numero di nemici, compresi quelli che erano stati suoi precettori? Era Pietro Abelardo, nato nell’anno 1079 in Bretagna, chierico, filosofo e brillante insegnante di logica e teologia. La sua vita ha una svolta nell’anno 1116, all’età di 37 anni; nella scuola di Sainte Généviève, si imbatte in una delle sue allieve, Eloisa, molto più giovane di lui, nata tra il 1090 e il 1100 – le date di nascita e di morte a quei tempi mancavano spesso di documenti che le autenticassero – ma in compenso genuina ‘parisienne de l’Île-de-la-Cité’Eloisa è bella, aggraziata e studia nel convento di Argenteuil con risultati eccellenti: primeggia nelle arti liberali – dalla grammatica alla retorica, dalla geometria all’astronomia – e inoltre conosce alla perfezione latino, greco ed ebraico, al punto da suscitare l’ammirazione di Pietro il Venerabile, il famoso Abate di Cluny che la definisce ‘celebre per erudizione’. L’idea di accrescere il già notevole bagaglio di scienze e conoscenze è dello zio di Eloisa, il canonico Fulberto, che ritiene il bretone Abelardo il miglior maestro di Parigi, quindi adattissimo allo scopo. Mossa perlomeno azzardata, perché Abelardo si innamora perdutamente della giovane allieva: ‘Eloisa aveva tutto ciò che più seduce gli amanti’. Fulberto commette un ulteriore errore dando ospitalità ad Abelardo: maestro e allieva sotto lo stesso tetto!

La passione tra i due esplode, incontrollata. Scrive Eloisa: ‘col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore; lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d’amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi; la mano correva più spesso al seno che ai libri, il nostro desiderio non trascurò alcun aspetto dell’amore; ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa di insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo a essi senza stancarci’.  Decisamente osé, per il tempo, le ‘confessioni’ di questa donna di bell’aspetto e di ingegno notevole. È assai probabile che tra i due il rapporto amoroso corresse su binari divergenti: erotico e passionale quello di Abelardo, passionale e amoroso quello di Eloisa. Quando rimane incinta, Abelardo conduce l’amata in Bretagna, ospitandola nella casa di famiglia. Poi si dice disposto a sposare Eloisa, purché si tratti di un matrimonio segreto, perlomeno defilato; lui è ‘anche’ chierico e non gli è permesso prender moglie. Eloisa non vorrebbe il matrimonio e lo giustifica con queste riflessioni, testimonianza certa del suo sentimento‘cosa hanno in comune le lezioni dei maestri con le serve, gli scrittoi con le culle, i libri e le tavolette con i mestoli, le penne con i fusi? Come può chi medita testi sacri e filosofici sopportare il pianto dei bambini, le ninne-nanne delle nutrici, la folla rumorosa dei servi?’

 Come tutte o quasi le storie d’amore anche quella fra Abelardo ed Eloisa incontra un passaggio tragico. Tornati a Parigi, si sposano in segreto ma la famiglia di lei divulga la notizia. Abelardo manda Eloisa nel convento di Argenteuil per allontanare da sé e dalle sue attività d’insegnamento ogni sospetto. Ma questo fatto irrita i parenti di Eloisa; sicuramente Abelardo vuole liberarsi di lei. E arriva, terribile, la vendetta: di notte, tre sicari lo aggrediscono mentre riposa nella sua casa e lo evirano. I responsabili verranno a loro volta puniti con identica pena; il mandante, Fulberto, se la caverà con la sola sospensione dai propri incarichi. Da quel momento Abelardo ed Eloisa non si rivedranno più; lui prosegue, con sempre maggiore successo, l’insegnamento, si dedica alla vita ecclesiale e fa ammenda dei molti peccati di superbia. Lei, a soli 35 anni d’età, vive in convento e non rinuncia all’idea di riunirsi all’amato; offerta che Abelardo respingerà sempre con cortese fermezza. Tutte le lettere inviate da Eloisa ad Abelardo, parlavano di un rapporto speciale che sarebbe rimasto tale nel tempo e nella storia. Lo testimoniano queste parole: ‘al mio signore, anzi padre; al mio sposo, anzi fratello; la sua serva o piuttosto figlia, la sua sposa o meglio sorella. Ti ho amato di un amore sconfinato; mi è sempre stato più dolce il nome di amica a quello di amante o prostituta; il mio cuore non era con me, ma con te’

http://www.avvenire.it/Papa_Francesco/Documents/EG%20italiano%20PDF.pdf

http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/papa-francesco-esortazione-apostolica-evangelii-gaudium.aspx

http://www.famigliacristiana.it/articolo/sintesi.aspx

Nessun commento »

No comments yet.

RSS feed for comments on this post. TrackBack URI

Leave a comment

Powered by WordPress. Theme by H P Nadig