15 Ottobre 2007

S.Stefano Rotondo. ROMA

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S.Stefano Rotondo

S.Stefano Rotondo, una delle più antiche chiese cristiane, fu eretta ai tempi di papa Simplicio, tra il 468 ed il 483. La basilica, costruita con materiali di spoglio, originariamente aveva già una pianta circolare ma era suddivisa in tre navate concentriche, come possiamo osservare nella pianta 1: la prima navata (“Aula”) era sorretta da 22 colonne ioniche architravate, la seconda (“Ambulacro”), ad anello, con 44 archi poggianti su 36 colonne e su otto pilastri a forma di T, dai quali si dipartivano i muri che dividevano il terzo anello, confinante con il muro perimetrale, in otto settori.

1 Pianta della basilica originaria

Di essi, quelli disposti sugli assi ortogonali (corrispondenti all’Atrio) prevalevano in altezza, così da configurare, nella disposizione degli spazi, uno schema cruciforme. I settori collocati lungo gli assi diagonali erano a loro volta suddivisi in due ambienti paralleli, due terzi verso l’interno, aperti (“Cortile all’aperto”), un terzo verso il muro esterno, coperto (“Cortile coperto”). L’accesso era assicurato da otto porte (“Ingressi”), che immettevano nei “Cortili coperti”, dai quali si poteva accedere agli “Atrii”, messi in comunicazione con i cortili da una trifora su due colonne. La mole centrale era alta 22 metri, così come 22 erano il diametro e le finestre che vi si aprivano.

2 Aula centrale con recinto ed altare

L’anello centrale era sorretto da 22 colonne di spoglio (nella foto 2), perciò non tutte uguali tra loro, soprattutto in altezza: la più alta misura circa 6 metri, la più bassa 5,65 e questo è il motivo per cui, per ovviare a tale inconveniente, si possono osservare basi di differente altezza. I capitelli invece furono eseguiti e scolpiti durante la costruzione, mentre nello spazio centrale vi fu posto un altare, inserito all’interno di un’area recintata. Tra il 523 ed il 529 l’interno di S.Stefano Rotondo fu sontuosamente ornato con mosaici e lastre marmoree intarsiate in porfido, serpentino e madreperla; al centro fu inserita una tribuna per la “schola cantorum” e per la cattedra, la cosiddetta “Sedia di Gregorio Magno”, un antico sedile marmoreo di epoca romana dal quale si narra che il pontefice pronunciasse le sue omelie ed al quale, nel XII secolo, furono tolti la spalliera ed i braccioli (oggi il sedile è collocato a sinistra dell’ingresso). Il primo intervento al quale l’edificio fu soggetto si deve a Teodoro I, il quale, tra il 642 ed il 649, vi fece trasportare i corpi dei santi Primo e Feliciano da un cimitero situato presso Mentana: nell’occasione fu aperta, nel muro perimetrale, una cappella a volta sferica, sulla quale un mosaico bizantineggiante, tuttora visibile, raffigura i santi ai lati di una croce gemmata. Altri lavori furono effettuati durante il pontificato di Adriano I nell’VIII secolo, in particolare volti a riparare i danni dei tetti. Nel IX secolo iniziarono però le spoliazioni, alle quali si aggiunsero, nell’847, i danni causati da un terremoto e nel 1084 quelli causati da Roberto il Guiscardo. Quando nel 1130 papa Innocenzo II salì al soglio pontificio, la basilica si trovava in uno stato pietoso, con il tamburo scoperchiato, gli stucchi in rovina, i marmi asportati, il muro perimetrale in più parti danneggiato: fu così che il pontefice fece chiudere, a filo delle colonne, tutte le arcate del secondo anello (“Ambulacro”), tranne le cinque corrispondenti alla cappella dei santi Primo e Feliciano e le due d’ingresso.

3 Portico d’ingresso

Il pontefice volle aggiungere il portico esterno a cinque archi con colonne tuscaniche antiche che costituiscono l’ingresso della chiesa (nella foto 3). All’interno, invece, per sostenere il tetto, fece erigere un diaframma che scavalca l’ambiente centrale con tre archi sostenuti da colonne in granito rossastro, di spoglio come i capitelli, alte metri 8,45; a questo periodo risale anche il bellissimo soffitto a cassettoni. Nel XIV secolo, però, il complesso era di nuovo pericolante e così nel 1453 papa Niccolò V incaricò l’architetto e scultore fiorentino Bernardo Rossellino di restaurare tutto il complesso: questi rifece le coperture ed il pavimento, rialzandone il livello, collocò al centro dell’edificio un altare marmoreo, eliminò definitivamente il cadente ambulacro esterno e chiuse le 22 finestre del tamburo, sostituendole con le attuali otto bifore (nella foto sotto il titolo). Pochi anni dopo, nel 1462, la basilica venne affidata ai monaci ungheresi di S.Paolo Eremita, i quali si adoperarono per annettervi anche un convento, più volte restaurato negli anni seguenti. Alla fine del 1500 papa Gregorio XIII consegnò il complesso, ancora una volta lasciato all’incuria, al Collegio Germanico-Ungarico. Il rettore, padre Lauretano, nel 1580 fece costruire al centro dell’aula un recinto ottagonale a stucco (visibile nella foto 2), decorato da Antonio Tempesta con le “Storie di S.Stefano”, la “Strage degli Innocenti” e la “Madonna dei Sette Dolori”. Inoltre nel 1582 le pareti della chiesa che chiudevano l’ambulacro vennero affrescate da Nicola Circignani detto il Pomarancio, con la collaborazione di Matteo da Siena per le prospettive, con 34 scene raccapriccianti del martirio di innumerevoli santi.

4 Martirio di S.Margherita

Le scene crude rappresentate in questi affreschi avevano lo scopo di avvertire i giovani sacerdoti che sarebbero andati in paesi lontani per convertire la popolazione al cristianesimo sui pericoli che avrebbero potuto incontrare: nella foto 4 il “Martirio di S.Margherita”. Nella piccola abside della cappella dedicata ai santi Primo e Feliciano si trova il bellissimo mosaico del VII secolo (nella foto 5) raffigurante “Cristo con S.Primo e S.Feliciano”: sul fondo d’oro sono rappresentati i due Santi vestiti con mantelli da viaggio che poggiano su un praticello verde e numerosi fiori.

5 Mosaico dei Santi Primo e FelicianoIM000185.JPG

Al centro campeggia una grande croce minuziosamente decorata ed ornata di fiorellini e pietre preziose con sopra Cristo beneficente, anziché crocifisso, riprendendo un’iconografia inconsueta e molto antica. Durante i lavori di restauro iniziati dalla metà degli anni Novanta nei sotterranei della chiesa vennero alla luce i resti dei “Castra Peregrinorum“, ovvero la caserma delle truppe provinciali distaccate a Roma, sulla quale era sorta la basilica, ed un mitreo (molto probabilmente legato proprio ai “Castra Peregrinorum“) risalente al 180 d.C., costituito da un ambiente rettangolare con due podi, sui quali prendevano posto i seguaci, ed un’edicola a nicchia del II secolo d.C. con la raffigurazione a rilievo in stucco dorato della “tauroctonia” (uccisione del toro) da parte del Dio.

6 Affresco della Luna nel mitreo

Sulle pareti, oltre ad alcuni dipinti appartenenti al santuario del II secolo, c’è un affresco raffigurante la “Personificazione della Luna” (nella foto 6). Il mitreo fu abbandonato repentinamente, probabilmente a seguito di una devastazione violenta dello stesso, destino purtroppo comune ad altri edifici adibiti allo stesso culto. E’ difficile dare una datazione certa a questo evento, che probabilmente ebbe luogo intorno alla fine del IV secolo. Gli ambienti furono successivamente oggetto di un poderoso riempimento con materiale di risulta, propedeutico ai lavori di costruzione della chiesa, che nascose così per circa 1500 anni questa importante testimonianza del passato. La chiesa è situata nell’omonima via di S.Stefano Rotondo, corrispondente al primo tratto dell’antica “via Caelimontana“, che usciva dalla “porta Caelimontana” e si spingeva fino a Porta Maggiore, proseguendo per le attuali piazza S.Giovanni in Laterano e via Domenico Fontana. Questo asse viario era seguito anche dai quattro acquedotti che percorrevano il Celio: “Appia“, “Marcia“, “Iulia” e “Claudia“.

1.PERCHE GESU’ CACCIA I VENDITORI DAL TEMPIO?

2.COSA E’ IL SINEDRIO?

3.CHI SONO I SADDUCEI?

4.PERCHE’ GESU’ ERA UN PERICOLO PER I SADDUCEI?

5.COSA SIGNIFICA OSANNA’

Ss.Quattro Coronati

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Ss.Quattro Coronati

Il nome di questo convento deriva dai quattro soldati martirizzati (“coronati” cioè dal lauro del martirio) Severo, Severiano, Carpoforo e Vittorino, rei di non aver voluto giustiziare quattro o cinque scultori che si erano rifiutati di scolpire la statua di un idolo pagano, affermando così la loro fede cristiana. La chiesa oggi ha l’aspetto di un fortilizio, di una rocca medioevale, circondata da imponenti mura e sormontata da una torre. Il nucleo originario fu costruito nel IV secolo da papa Melchiade con il nome di “titulus Aemilianae” o “titulus Ss.Quattuor Coronatorum“, del quale sopravvive ancora l’abside (nella foto 1) ed alcuni resti situati al di sotto dell’attuale basilica; nel VII secolo papa Onorio I ricostruì ed ampliò la chiesa che poi nel IX secolo Leone IV sottopose a radicale restauro. Distrutta dai Normanni di Roberto il Guiscardo nel 1084, la chiesa fu ricostruita in forme ridotte da Pasquale II all’inizio del XII secolo: in questa occasione la parte anteriore fu trasformata in cortile, la navata centrale originaria divisa in tre navate tramite due file di colonne e le navate laterali trasformate in chiostro l’una ed in refettorio l’altra.

1 Abside del IV secolo

Nel 1116 il complesso fu affidato ad una congregazione monastica, nel 1138 divenne amministrazione dei Benedettini dell’abbazia di Sassovivo di Foligno che lo mantennero fino al Quattrocento. Quindi con Martino V divenne dimora episcopale; nel 1521 passò ai Camaldolesi e nel 1560 alle suore Agostiniane, che ancora ne mantengono la cura. Pio IV (1559-65) la restaurò di nuovo, concedendo il monastero annesso alle povere orfane trasferitesi qui dall’Isola Tiberina: fu questo il più antico dei conservatori per zitelle che sorgesse a Roma. Per secoli fu il bastione del Palazzo del Laterano e residenza papale: nel 1265 vi dimorò anche Carlo d’Angiò. Tra il 1912 ed il 1914 importanti lavori di restauro furono effettuati dall’Ispettore Superiore per l’Archeologia e le Belle Arti Antonio Muñoz, volti a valorizzare le strutture paleocristiane ed i resti della navata carolingia, isolando la cripta e ponendo alla luce le mura romaniche.

2 Torre campanaria del IX secolo

L’ingresso alla chiesa avviene attraverso un portale ad arco sovrastato dalla massiccia torre campanaria del IX secolo (nella foto 2), la più antica superstite di Roma: molto semplice e tozza, è costruita in cortina e presenta un loggiato con quadrifore sovrastato da una semplice cornice costituita da mensolette in marmo prive di decorazione. Oltrepassato il portale si accede ad un primo cortile, con arcate tardo-cinquecentesche, corrispondente all’antico atrio di ingresso della basilica leonina: sopra l’arco notare un’iscrizione metrica in caratteri gotici (nella foto 3) relativa al restauro effettuato dal cardinale Carillo nel XV secolo.

3 Iscrizione in caratteri gotici

Attraverso un architrave si passa in un altro cortile a cielo aperto, corrispondente alla parte anteriore dell’antica basilica, trasformata appunto in cortile nella ricostruzione di Pasquale II: da qui, attraverso un portico costituito da colonne con capitelli ionici e corinzi, si giunge all’ingresso della chiesa. L’interno basilicale a tre navate si presenta con un pavimento cosmatesco ed un soffitto ligneo con lo stemma del donatore, il card. Enrico di Portogallo (1580). Dalla navata di sinistra si accede al bellissimo chiostro (nella foto 4) costruito intorno al 1220, nell’area precedentemente occupata dalla navata sinistra della chiesa antica. A pianta rettangolare, presenta reperti paleocristiani e romani alle pareti e quattro gallerie divise in due campate da pilastrini sui quali sono scolpite paraste scanalate e rudentate. Le campate sono formate da una serie di otto archetti nei lati lunghi e di sei nei corti.

4 Chiostro

Tutti gli archetti hanno la doppia ghiera e sono sostenuti da colonnine binate, con capitelli a nenufari e basi con foglie protezionali d’angolo, che poggiano sullo stilobate. La parte medioevale termina con una trabeazione in laterizio, composta da corsi di mattoni lisci ed a denti di sega alternati, intramezzati da una zona di marmo dove compare una decorazione a mosaico, formata da rombi che inscrivono stelle, croci e quadrati. Il cortile interno, tenuto a giardino, presenta al centro un “cantharus“, ovvero un vaso per le abluzioni, del tempo di Pasquale II. La fontana (nella foto 4) è costituita da una doppia tazza ricavata da un unico blocco di marmo: un piccolo zampillo sgorga dalla vaschetta superiore e si raccoglie in quella inferiore, quadrilobata, caratterizzata da una coppia di teste leonine da cui sgorga l’acqua che va a versarsi nella sottostante vasca di forma quadrata ad angoli rientranti. La fontana ornava l’atrio della chiesa già nel IX secolo: fu rinvenuta per caso, quasi completamente interrata, nel corso dei lavori di restauro eseguiti nel 1917 da Antonio Muñoz, il quale la collocò nella posizione attuale. Nella loggia superiore (anch’essa ben visibile nella foto 4), costruita nel XVI secolo, si aprono finestre moderne: fu in questa occasione che, per sopportare il peso del piano superiore, furono apportate modifiche al pianterreno, come il tetto ligneo sostituito con volte in muratura, alcuni archetti sostituiti da grandi archi di scarico e nuovi pilastri in muratura che si aggiunsero a quelli di marmo già esistenti.

5 Madonna con Bambino

Nella Cappella di Santa Barbara, tri-absidata e coperta a volta, vi sono notevoli resti di affreschi del secolo IX e XIII: nella foto 5 una “Madonna con Bambino”, opera di allievi del Giotto. Degna di attenzione è anche la Cappella di S.Silvestro, costruita nel 1246, di forma rettangolare con volta a botte e pavimento di tipo cosmatesco, con affreschi che narrano la leggenda della conversione di Costantino da parte di Silvestro I, papa dal 314 al 335: all’imperatore, colpito dalla peste, venne prescritto un bagno nel sangue di bambini sacrificati allo scopo, ma Costantino, respinta una terapia così terribile, si rivolse a Silvestro dopo una visione degli apostoli Pietro e Paolo. Il papa lo curò e lo battezzò e l’imperatore, nella scena finale, è raffigurato in ginocchio davanti al papa, implicito riferimento del papato quale erede dell’Impero Romano. La chiesa conserva le spoglie dei Quattro martiri sotto l’altare maggiore e, fino a non molto tempo fa, anche la testa di S.Sebastiano: la reliquia del santo, ritrovata entro un bellissimo vaso d’argento smaltato e contrassegnato da un’iscrizione votiva di papa Gregorio IV, è stata trasferita ai Musei Vaticani. La chiesa sorge sull’omonima via dei Ss.Quattro, che corrisponde al tratto iniziale dell’antica “via Tusculana“, la quale proveniva dal Colosseo, fiancheggiava a sud il “Ludus Magnus“, usciva dalle Mura Serviane dalla “Porta Querquetulana” (situata proprio all’altezza dei Ss.Quattro) e, dopo essersi incrociata con la “Via Caelimontana”, usciva da una posterula presso S.Giovanni in Laterano e si dirigeva verso Tuscolo (Frascati).

DOVE SI TROVAVA BETANIA?

COME SI CHIAMANO LE DUE SORELLE DI LAZZARO?

DA QUANTI GIORNI ERA MORTO LAZZARO?

CHI SONO I FARISEI?

COSA CREDEVANO I FARISEI’?

CHI SONO I SADDUCEI?

COSA NEGANO I SADDUCEI?

S.Sabina. ROMA

Filed under: ARTE,CHIESE,Religione — giacomo.campanile @ 18:19

S.Sabina

La Basilica paleocristiana di S.Sabina fu fondata da Pietro d’Illiria nel 425 d.C. durante il pontificato di Celestino I ed ultimata nel 432 sotto Sisto III, sul luogo precedentemente occupato dal “titulus Sabinae“, utilizzando le 24 colonne bianche di marmo ancirano appartenenti al “Tempio di Giunone Regina” che sorgeva nelle vicinanze. Fu restaurata da papa Leone III e poi da papa Eugenio II, che la abbellì con uno splendido ciborio d’argento (scomparso durante il Sacco di Roma nel 1527) e con la “schola cantorum“, ovvero il recinto ricavato nella navata centrale per accogliere i coristi durante le funzioni religiose: questi lavori furono soltanto l’inizio di una serie di rimaneggiamenti che finirono per stravolgere l’intera costruzione. A causa della posizione privilegiata che le permetteva di dominare la zona sottostante ed una parte del corso del Tevere, nel X secolo la basilica venne trasformata in un fortilizio per ordine di Alberico II. In seguito divenne residenza fortificata di alcune nobili famiglie, i Crescenzi prima ed i Savelli dopo: proprio un membro di quest’ultima famiglia, Cencio, divenuto papa con il nome di Onorio III, nel 1219 concesse la chiesa e parte del palazzo a S.Domenico di Guzman, fondatore dell’Ordine dei Predicatori (meglio conosciuti come “Domenicani”), che qui visse e operò, tanto che la sua cella, trasformata in cappella, è tuttora visitabile. Quando nel 1222 i religiosi lasciarono alle Domenicane il convento di S.Sisto per insediarsi nel complesso di S.Sabina, questo era stato già trasformato ed adattato alle esigenze monastiche: a quest’epoca risale la costruzione del chiostro e del campanile. Questa chiesa, definita “la perla dell’Aventino“, fu restaurata nel 1587 da Domenico Fontana per incarico di Sisto V: in questa occasione furono radicalmente trasformati gli aspetti medioevali della chiesa, con la demolizione della “schola cantorum” e del ciborio, la costruzione di un nuovo altare maggiore con un grande baldacchino, la muratura di quasi tutte le finestre, l’asportazione dei marmi dell’abside e del soffitto a lacunari. Nel 1643 fu ulteriormente restaurata da Francesco Borromini e nel 1938 da Antonio Muñoz, su commissione dell’Ordine Domenicano, in occasione del quale la chiesa fu riportata all’antico aspetto medioevale, eliminando le sovrastrutture barocche. Nel 1874 il Comune di Roma utilizzò l’edificio conventuale come lazzaretto, in occasione di un’epidemia di colera che colpì la città. Vari scavi furono compiuti sotto la chiesa negli anni 1855-1857 e 1936-1939, nel corso dei quali apparvero resti delle Mura Serviane, con la chiara sovrapposizione di due fasi: quella arcaica, in cappellaccio, e quella dell’inizio del IV secolo, in tufo di Grotta Oscura. Vari edifici furono costruiti a ridosso delle mura: i più antichi, con muri in opera incerta e pavimenti in mosaico con inserzione di pezzi di marmo, furono identificati come abitazioni private del II secolo a.C. Più tardi alcuni edifici in reticolato furono costruiti al di fuori delle Mura, nelle quali vennero allora aperti quattro passaggi per permettere la comunicazione fra l’interno e l’esterno. Nel II secolo d.C. alcuni ambienti vennero restaurati ed utilizzati da una comunità isiaca, come appare dai soggetti delle pitture conservate e dai graffiti. Rifacimenti in mattoni nel III secolo d.C. trasformarono parte di questi edifici in un impianto termale, ornato da affreschi. Altri saggi sotto il quadriportico della chiesa rivelarono la presenza di una “domus” del III-IV secolo, nella quale si vuole identificare la residenza di Sabina, e quella di una strada antica, che correva parallela al “vicus Armilustri“, da identificare, a causa del suo percorso sulla cresta più elevata della collina, con il “vicus Altus“. Assai interessanti gli scavi effettuati all’interno della basilica, dove sono apparse abitazioni con magnifici pavimenti marmorei dell’inizio dell’età imperiale: in particolare un piccolo tempio in antis, con due colonne di peperino fra le ante, risalente al III secolo a.C., che fu messo fuori uso da un muro in opera reticolata, risalente alla fine della Repubblica o agli inizi dell’età imperiale, che ne chiuse gli intercolumni. Si tratta di uno dei tanti santuari della zona, probabilmente quello “di Libertas“: notevole il fatto che il tempio venne poi sostituito da una ricca “domus” nel I secolo d.C. Il duecentesco portico (nella foto in alto sotto il titolo) con arcate su colonne (quelle originali, di marmo nero, sono oggi conservate al Museo Chiaramonti in Vaticano) che si affaccia sulla piazza Pietro d’Illiria, sovrastato dalle finestre della navata destra, costituisce un ingresso laterale e quasi sempre chiuso. Per entrare nella chiesa è necessario attraversare il portico a pilastri in laterizio e giungere all’atrio, racchiuso da otto colonne di età romana, quattro di marmo bianco e quattro di granito, dove vi è conservato materiale di spoglio della chiesa: avanzi di transenne originali delle finestre, lapidi e frammenti provenienti dalle sepolture del quadriportico, due fronti di sarcofagi romani riutilizzate, sulla facciata originariamente non lavorata, come lastre tombali cristiane. Una presenta da un lato la scena del matrimonio pagano, la “dextrarum iunctio“, e dall’altra ricorda la sepoltura di Ildebrando da Chiusi; la seconda lastra presenta su un lato la porta degli inferi socchiusa e sull’altro il ricordo della sepoltura di Sisto Fabri. In fondo all’atrio si erge la statua di S.Rosa da Lima (1668).

1 Arancio di S.Domenico

Sulla sinistra, attraverso una piccola apertura nel muro, protetta da un vetro, si può ammirare una pianta di arancio (nella foto 1) che, secondo la tradizione domenicana, fu qui piantata nel 1220 da S.Domenico di Guzmán. Si narra che il Santo avesse portato con sé un pollone della pianta dalla Spagna, sua terra di origine, e che questo frutto sia stato il primo ad essere trapiantato in Italia. L’arancio, messo in risalto da un muretto circolare con la scritta “LIGNUM HABET SPEM“, ossia “il legno mantiene la speranza”, è considerato miracoloso in quanto a distanza di secoli continua a riprodursi e fruttificare mediante nuovi alberi nati direttamente su quello originale. L’atrio presenta due dei tre antichi ingressi alla chiesa, mentre il terzo venne chiuso nel XIII secolo per consentire la costruzione del campanile.

2 Portale duecentesco

Un portale ligneo, inquadrato da una magnifica cornice marmorea, permette di accedere all’interno della chiesa, ma quello degno di menzione è il portale laterale in legno di cipresso del V secolo (nella foto 2, oggi in parte coperto da lastre protettive), contemporaneo quindi alla costruzione della chiesa, unico monumento di tal genere rimasto a Roma: gli stipiti sono ricavati da cornici di età romana ed i 18 pannelli a rilievo superstiti dei 28 originali raffigurano “Scene dell’Antico e Nuovo Testamento“. Interessante notare che il primo pannello a sinistra raffigura Cristo in croce tra i due ladroni e, visto che risale al V secolo, rappresenta la più antica raffigurazione plastica della Crocifissione. Nel 1836 i pannelli furono restaurati e fu proprio in questa occasione che nel pannello raffigurante il “Passaggio del Mar Rosso” il restauratore modificò il volto del Faraone in procinto di annegare raffigurandovi quello di Napoleone Bonaparte, segno inequivocabile di un odio profondo per il generale francese, deceduto già 15 anni prima. L’interno della chiesa è a tre navate divise da 24 colonne corinzie scanalate sui cui capitelli poggiano archi: su essi corre un fregio di età romana ottenuto con marmi policromi. La luce oggi filtra dall’alto delle 29 vetrate del IX secolo (riaperte soltanto all’inizio del Novecento); le pareti un tempo erano rivestite da tarsie romane di cui oggi restano scarse tracce, mentre sulle pareti laterali sta un ornato floreale ad affresco del V secolo. Importante è la grande iscrizione metrica con l’affermazione del primato papale, Vescovo di Roma, che ricorda sia papa Celestino I sia S.Pietro d’Illiria: l’autore dei versi è ritenuto S.Paolino da Norcia. Ai lati sono situate due grandi figure femminili allegoriche, una rappresentante la Chiesa di Gerusalemme con l’Antico Testamento in mano e l’altra la Chiesa Romana con il Nuovo Testamento. Il tutto realizzato in uno splendido mosaico policromo che veniva completato, in origine, lungo le pareti della navata, dalle figure degli apostoli Pietro e Paolo e dagli Evangelisti, mentre sull’arco trionfale vi erano le figure della Gerusalemme terrena e celeste, del Cristo con gli Apostoli ed i quattro evangelisti: quest’ultima serie iconografica è stata ricostruita nei tempi moderni con affreschi.

3 Antica colonna romana

La navata destra presenta la Cappella di S.Giacinto con il “Trionfo ed episodi della vita del santo” di Federico Zuccari e conserva anche un’antica colonna romana che fuoriesce dal pavimento (nella foto 3), a testimonianza della fase più antica della chiesa.

4 Firma di Rufeno

La navata sinistra presenta invece la Cappella di S.Caterina con la “Madonna del Rosario” del Sassoferrato, mentre è da segnalare, sulla base della terza colonna, la firma di Rufeno (nella foto 4), molto probabilmente colui che eseguì materialmente il lavoro. Sull’altare è posta una tela con la “Madonna e S.Giacinto“, opera cinquecentesca di Lavinia Fontana.

5 Schola Cantorum

Nel presbiterio è stata ricostruita, usando i frammenti originali, l’antica “schola cantorum” (nella foto 5) dai plutei ornati da racemi e dalla Croce. Il catino absidale presenta un affresco raffigurante “Cristo tra gli apostoli” di Taddeo Zuccari.

6 Pietra tombale a mosaico

Al centro della navata centrale è posta una pietra tombale (nella foto 6) di uno dei primi generali dei domenicani, Muñoz de Zamora (1380), unica a Roma per le decorazioni a mosaico.

7 Pietra di basalto nera

Alla destra del bellissimo portale ligneo è situata una colonnina che indica il luogo dove, secondo la tradizione, S.Domenico passava le notti in preghiera: sopra vi è posta una pietra di basalto nero (nella foto 7), quasi certamente un peso di un’antica bilancia romana. La leggenda vuole che il diavolo, mal tollerando l’intensa pietà con cui S.Domenico pregava sul sepolcro contenente le ossa di alcuni martiri, gli scagliò contro questa pietra, che non colpì il santo ma infranse la lapide che copriva il sepolcro: le spaccature, sia sulla lapide che sulla pietra, sono ancora ben visibili. La verità probabilmente è che fu l’architetto Domenico Fontana, durante il restauro del 1587, a ridurre la lapide in frammenti, poi recuperati e ricomposti.

8 Base del campanile nella navata sinistra

Innalzato direttamente all’interno della navata sinistra, sacrificando un ingresso alla chiesa, è situato il campanile (nella foto 8), di struttura quadrata ed alto 25 metri: composto di materiale laterizio di recupero e lavorato a finta cortina, risale al XIII secolo. Originariamente era costituito da quattro piani, sormontato dalla cella campanaria a doppio ordine di trifore; nel XVII secolo furono amputati tre lati della cella campanaria, lasciando solo un lato a sorreggere il peso delle tre campane, risalenti al 1596, al 1843 e al 1946. Non si può certo dimenticare il chiostro, uno tra i più belli di Roma: molto ampio ed a pianta rettangolare, presenta le gallerie divise in campate da pilastrini quadrati in mattoni. Le campate, sette nei lati lunghi e sei nei lati corti, sono formate da quattro archetti sorretti da colonnine di marmo, in alternanza singole e binate, che poggiano sullo stilobate: quelle singole hanno capitelli a stampella, le altre a nenufari. La sopraelevazione cinquecentesca compromise la staticità delle gallerie, nonostante l’impiego delle volte che sostituirono l’antico tetto; fu quindi necessario incorporare alcune colonnine dentro i mattoni, per sostenerle, evitando che cedessero sotto il peso del piano superiore.

COS’E’ IL REGNO DI DIO?

COSA VUOL DIRE SEGUIRE GESU’?

COSA GUARDA GESU’ NELL’UOMO’?

CHI ATTUA IL REGNO DEI CIELI?

A CHI DA IL REGNO GESU’?

QUAL’E’ LA PREGHIERA CHE CI INSEGNA GESU’?

I MIRACOLI DI GESU’

Filed under: BIBBIA,CARTONI,Religione — giacomo.campanile @ 18:15

 

I MIRACOLI DI GESU’

DOVE SI TROVA IL LAGO DI TIBERIADE?

DOVE ABITAVA LA MADDALENA?

DOVE ABITAVANO FILIPPO E ANDREA?

SU QUALE LAGO GESU’ CAMMINO SULLE ACQUE’

COME MAI GESU’ OPERAVA MIRACOLI?

DA DOVE NASCEVONO I MIRACOLI?

COSA SIGNIFICA LA PAROLA MIRACOLO?

LA CONVERSIONE DI ZACCHEO

Filed under: BIBBIA,CARTONI,Religione — giacomo.campanile @ 18:12

 

LA CONVERSIONE NEL VANGELO

CHI ERA ZACCHEO?

CHI ERANO I PUBBLICANI?

COS’E’ LA CONVERSIONE’?

COS’E’ LA SALVEZZA?

I DEMONI NEL VANGELO

Filed under: BIBBIA,CARTONI,Religione — giacomo.campanile @ 18:09

 

DEMONI NEL VANGELO

RISPONDI A QUESTE DOMANDE:

COSA E’ L’ESORCISMO?

CHI E’ L’ESORCISTA?

CHI SONO I DEMONI?

L’UOMO PUO’ VINCERE IL DEMONIO?

CI PUO’ ESSERE CONCILIAZIONE TRA DIO E IL DEMONIO?

IL DIAVOLO E’ UNA CREATURA?

GLI APOSTOLI

Filed under: BIBBIA,CARTONI,Religione — giacomo.campanile @ 18:05

APOSTOLI

RISPONDI A QUESTE DOMANDE:

COSA SIGNIFICA IL TERMINE APOSTOLO?

COME SI CHIAMAVANO I 12 APOSTOLI?

DOVE MORIRONO GLI APOSTOLI?

CHI SOSTITUI GIUDA ISCARIOTA DOPO LA SUA MORTE’

AMA IL TUO NEMICO

Filed under: BIBBIA,CARTONI,Religione — giacomo.campanile @ 17:54

Come amare i propri nemici (Mt 5,43-48)

Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Ogni tanto penso a Sherlock Holmes e al suo «arcinemico», che è James Moriarty. Questa idea di una persona che rappresenta la nemesi di te stesso e che dà senso alla tua vita proprio perché ce l’hai contro mi ha fatto sempre riflettere. Certo, è terribile, ma, in un certo senso, rende la vita più semplice da capire. Io, più ci penso, più mi convinco che, di veri «nemici», non ne ho.

Però, se sono onesto con me stesso, mi accorgo che conosco persone che avverto più o meno moleste, noiose, giudicanti… persone con le quali la mia sensibilità non si incastra, non si sente a suo agio. Penso sia normale e reciproco: sicuramente anch’io non vado a genio a parecchia gente.

Il vangelo di oggi ci chiede di «amare» e «pregare» rivolti ai nostri nemici, piccoli o grandi, temporanei o permanenti che siano. Amare a comando è parecchio difficile, per questo ci viene consegnata la preghiera come “palestra” dell’amore: pregare per gli altri significa portarli nel cuore, comprenderli meglio, accettare che hanno ragioni e motivazioni profonde, anche se io non le capisco né le condivido.

Strada difficile, ma necessaria, per raggiungere la «perfezione» del Padre. Qui la nostra mentalità scientifica subito interpreta questo termine come “assenza di difetti”. E allora gettiamo la spugna prima ancora di cominciare.

In realtà, la «perfezione» di cui ci parla Matteo oggi (che si può tradurre «compiutezza» o «maturità») non è una statica indefettibilità, ma una dinamica, mai stanca, misericordia. Dio non è perfetto perché sa tutto e non ha difetti, ma perché ama tutti e non odia nessuno.

Non parliamo, quindi, di una sorta di compito in classe con zero errori, ma del tentativo di diventare davvero liberi nell’amore, al di là dei nostri mal di pancia, della differenza di opinioni e di sensibilità. Se sono schiavo del mio malessere o disagio quando incontro qualche «nemico», allora non sono libero di amare.

E una vita non libera diventa un po’ meno bella. Per lo meno diventa terribilmente faticosa. Come dice Philomena nel film omonimo all’amico giornalista Martin: vivere senza perdonare e amare i nemici «dev’essere estenuante».

Dio non ha atteso che noi lo amassimo. “Egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19). Ma non solo, ci ha amati anche dopo il peccato originale. Ci ama prima, durante e dopo ogni caduta. Ci ama nonostante noi stessi e, dopo la Croce ci guarda come coloro per i quali suo Figlio ha dato la vita. Valiamo tutto il sangue di Cristo. Vale a dire che, per Dio, valiamo tutto.

Il Signore agisce così e così vuole che ci comportiamo noi. Il problema, nel nostro caso, è che, subito, troviamo ogni scusa. Il vicino che mi è antipatico, perché una volta non mi ha salutato; la signora del negozio vicino che una volta mi ha servito senza neanche guardarmi; l’impiegato allo sportello della banca che non ha fatto nulla per risolvermi un problema; mia cognata che è impicciona; il mio capo che è insopportabile; i miei figli che non c’è come prenderli.

E, potremmo continuare con un elenco infinito. Di ciascuna persona che conosciamo, potremmo ricordare un difetto, un errore e, anche, un torto che ci ha fatto. Ma, Gesù, in questo brano del discorso della montagna, non ce le fa passare: non ci sono scuse che tengano. Il Signore ci ha amati per primo e ha dato la sua vita per tutti. Gesù non negò il suo saluto a nessuno, neanche a Giuda nell’Orto degli Ulivi.

In un mondo avvolto dall’oscurità, siamo noi cristiani i chiamati a portare la luce. In un mondo pieno di musi lunghi, siamo noi cristiani i chiamati a contagiare sorrisi. In un mondo pieno di sguardi rivolti a terra e orecchie tappate dagli auricolari, siamo noi cristiani i chiamati a dire sempre, nonostante tutto, buona giornata.

Le scoperte neuroscientifiche hanno fatto capire, sempre di più, che il sorriso è contagioso. Le spiegazioni sono molto profonde, ma quello che ci interessa ora è che confermano proprio il fatto che il sorriso è contagioso. Non sappiamo nulla di ciò che può succedere dopo un saluto: magari potrà essere il primo passo per cui il “fuoco di Cristo che portiamo nel cuore” (cfr. Cammino, n.1) comincia a riscaldare la vita di un altro. Se ti sembra che, attorno a te, nessuno sorride, comincia tu “affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli”.

Certamente, avrai più di una sorpresa

qual’è il cuore del vangelo?

qual’è il cuore del vangelo?

qual’è il cuore del vangelo?cosa significa amare i nemici?

secondo te è legittima la vendetta?

Perchè?

cosa significa il comandamento dell’amore?

LE PARABOLE DI GESÙ. Marzo 2019

Filed under: BIBBIA,LEZIONI DI RELIGIONE,Religione — giacomo.campanile @ 17:52

Le parabole di Gesù nel Nuovo Testamento.

Parabola della zizzania Matteo 13:24-53
24 Un’altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25 Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.26 Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. 27 Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? 28 Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? 29 No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30 Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».

Parabola del grano di senapa
31 Un’altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. 32 Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami».

Parabola del lievito
33 Un’altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».

Lc 15
Parabola del padre misericordioso
11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto.14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla.17Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». 20Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». 22Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso».31Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»».

Parabola del seminatore Lc 8
4 Poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, disse con una parabola: 5«Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. 6Un’altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. 7Un’altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono.8Un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!».

 

Pecorella smarrita Luca 15,1-7

1 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». 3 Allora egli disse loro questa parabola:
4 «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? 5 Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, 6 va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. 7 Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

LA PARABOLA DEL SEMINATORE (Mt. 13,3a-9.18-23)

[3b] E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. [4] Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e
la mangiarono. [5] Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non
era profondo, [6] ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. [7] Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi
crebbero e la soffocarono. [8] Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».

LE PARABOLE DEL TESORO (Mt. 13,44-53)
[44] Il regno dei cieli è simile a un tesoro
nascosto nel campo; un uomo lo trova e
lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende
tutti i suoi averi e compra quel campo.

LE PARABOLE DELLA PERLA

[45] Il regno dei cieli è simile anche a
un mercante che va in cerca di perle
preziose; [46] trovata una perla di
grande valore, va, vende tutti i suoi
averi e la compra.

LE PARABOLE DELLA RETE

[47] Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel
mare, che raccoglie ogni genere di pesci. [48] Quando è piena, i
pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i
pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. [49] Così sarà
alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi
dai buoni [50] e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà
pianto e stridore di denti.

Parabola del ricco stolto Luca 12:13-21

13 Uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14 Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15 E disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni». 16 Disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. 17 Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? 18 E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19 Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. 20 Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? 21 Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio».

Parabola dei Talenti Matteo 25,14-30

14 Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. 16 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. 17 Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19 Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. 20 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. 21 Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 22 Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. 23 Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 24 Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25 per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. 26 Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29 Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 30 E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

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Parabola delle dieci vergini
25 Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. 2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3 le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; 4 le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. 5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. 6 A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! 7 Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8 E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. 9 Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. 10 Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! 12 Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

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1.Cosa sono le parabole?

2.Quante sono le parabole più importanti?

3. Elenca quelle che ricordi?

INSEGNAMENTO DI GESU’

Filed under: BIBBIA,Religione — giacomo.campanile @ 17:48

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1.Cosa chiedeva Gesù a quelli che lo seguivano?

2.E’ possibile cambiare vita?

3.Cosa significa che i puri di cuore vedranno Dio?

4.cosa’è il Regno di Dio?

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