19 Settembre 2013

I COSIDDETTI “PROGRESSISTI” VOGLIONO ABOLIRE “PADRE” E “MADRE”. TRE PASSI NEL RIDICOLO (E VERSO IL BARATRO).

Filed under: OMOFOBIA — giacomo.campanile @ 20:55

Quasi cent’anni fa il grande Gilbert K. Chesterton prevedeva che la deriva della moderna mentalità nichilista sarebbe stata – di lì a poco – il ridicolo. Cioè la guerra contro la realtà.
Intendeva dire che ciò che fino ad allora era stata un’affermazione di buon senso e di razionalità – per esempio che tutti nasciamo da un uomo e da una donna – in futuro sarebbe diventata una tesi da bigotti, un dogmatismo da condannare e sanzionare. Sosteneva che ci dovevamo preparare alla grande battaglia in difesa del buon senso.
Chesterton infatti scriveva:
“La grande marcia della distruzione culturale proseguirà. Tutto verrà negato. Tutto diventerà un credo… Accenderemo fuochi per testimoniare che due più due fa quattro. Sguaineremo spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Non ci resterà quindi che difendere non solo le incredibili virtù e saggezze della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile: questo immenso, impossibile universo che ci guarda dritto negli occhi. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Saremo tra coloro che hanno visto eppure hanno creduto”.

SPREZZO DEL RIDICOLO

Viene da ricordarlo con una certa tristezza in questi giorni nei quali – seguendo la bislacca trovata del governo francese – anche in Italia sta cominciando a dilagare l’idea di sostituire, nella modulistica della burocrazia scolastica, le categorie “padre” e “madre” con la formula “genitore 1” e “genitore 2”.
Tutto questo perché – secondo l’ideologia “politically correct” – si deve “desessualizzare la genitorialità”. Cioè perché la dizione “padre” e “madre” potrebbe essere sentita come discriminatoria da qualcuno.
Resistendo allo sconcerto e al ridere vorrei provare a ragionare pacatamente con chi si fa alfiere di questo tipo di trovate. Anzitutto va sottolineato che “i fatti hanno la testa dura” e – con buona pace di certi opinionisti – tutti sulla terra siamo stati generati da un uomo e da una donna. In qualunque modo sia avvenuto il concepimento.
Quindi la realtà contraddice le opinioni e soprattutto mostra che nessuno può sentirsi “discriminato” da quella formulazione perché tutti, proprio tutti, siamo stati generati da un padre e da una madre e dunque siamo loro figli.
Ma oggi purtroppo la mentalità dominante afferma che se i fatti contraddicono le opinioni, tanto peggio per i fatti. Così, non potendo “abolire” la natura per legge, si decide di abolire le parole che “dicono” la natura delle cose (domani si potrà decretare per legge che due più due fa sette e che si deve chiamare notte il giorno e giorno la notte).

DISCRIMINAZIONE PEGGIORE

Torniamo al genitore 1 e al genitore 2. Il fatto è che con questa formula i “politicamente corretti” finiscono pure per creare discriminazioni peggiori.
Anzitutto discriminano la stragrande maggioranza delle persone che continuano a sentirsi padri e madri – e non genitore 1 e genitore 2 – e continuano farsi chiamare dai figli “papà” e “mamma” (finché non verrà proibito).
In secondo luogo con la nuova formulazione si discrimina il “genitore 2” che inevitabilmente diventerà secondario.
Infatti per ovviare a questo problema al Comune di Bologna pare abbiano pensato di adottare un’altra dizione: “genitore” e “altro genitore”.
Vorrei sommessamente notare che è egualmente discriminatoria verso uno dei genitori. E che entrambe poi sono formule fortemente sessiste, perché sia la “soluzione” veneziana che quella bolognese, usano il termine genitore al maschile, mentre la madre – se vogliamo usare un linguaggio non discriminatorio – è casomai “genitrice”.
Ma, a quanto pare, in questo caso la discriminazione contro le donne viene ignorata e tenuta in non cale. Alla fine della fiera è evidente che i soli termini che non discriminano nessuno sarebbero “padre” e “madre”.
Ma ormai l’ideologia dominante ha dichiarato guerra a padri e madri, alla famiglia naturale, alla realtà. E quindi dovremo subire la loro progressiva cancellazione linguistica.
Non solo. L’epurazione del linguaggio andrà avanti (per esempio la parola “matrimonio”, che rimanda evidentemente alla mater, quindi alla generazione) e si dovrà estendere alla letteratura.

DESESSUALIZZARE TUTTO

Si dovrà censurare quasi tutto, dall’Odissea, dove Telemaco ha la sfrontatezza di aspettare il padre anziché il genitore 1, all’Amleto dove il protagonista vive anch’esso il dramma della morte del padre.
Dalla Bibbia, dove la paternità di Abramo dà inizio all’Alleanza e dove Gesù insegna a pregare col “Padre nostro”, indicando in Maria la Madre, fino alla psicoanalisi.
Anche la psicoanalisi dovrà cadere sotto i colpi del politically correct.
Sigmund Freud nella “Prefazione alla seconda edizione” di “L’interpretazione dei sogni” scrive testualmente: “Questo libro ha infatti per me anche un altro significato soggettivo, che mi è riuscito chiaro solo dopo averlo portato a termine. Esso mi è apparso come un brano della mia autobiografia, come la mia reazione alla morte di mio padre, dunque all’avvenimento più importante, alla perdita più straziante nella vita di un uomo”.
Come ha notato Hermann Lang “se Freud è da considerare il padre della psicanalisi” da questa citazione “risulterebbe che questa psicanalisi la deve essenzialmente alla relazione con il padre”.
La psicoanalisi infatti ci spiega che il “padre” e la “madre” non sono soltanto l’ineludibile realtà umana da cui tutti siamo nati e nasciamo, coloro che hanno generato il nostro corpo biologico: essa ci svela che le loro diverse figure permeano pure la nostra psiche, fondano, in modo complementare, la nostra identità profonda e la nostra relazione con tutte le cose. Abolire il padre e la madre dunque rischia di portare all’abolizione (psicologica) dei figli.
Ricordo solo un pensiero di Freud: “Non saprei indicare un bisogno infantile di intensità pari al bisogno che i bambini hanno di essere protetti dal padre” (da “Il disagio della civiltà”, in Opere, X, Boringhieri, Torino 1978, p. 565).
Qua, come pure dove parla della madre, come si può “correggere” Freud? Non si può sostituire padre e madre con genitore 1 o genitore 2. Perché non sono intercambiabili. Padre e madre sono complementari. E ineliminabili.
Ma tutto questo sembra non importare a questo o quell’assessore o politico o ministro o opinionista. Pare che nemmeno ci si accorga dell’enormità e della delicatezza di ciò che si va a spazzar via. Cosa volete che sia la cancellazione di una civiltà millenaria e della stessa natura umana. Basta una delibera del sindaco.

Antonio Socci

30 Luglio 2013

DIFENDERE LA FAMIGLIA NON È OMOFOBIA

Filed under: OMOFOBIA — giacomo.campanile @ 07:28

http://www.famigliacristiana.it/articolo/lotta-contro-l-omofobia-non-contro-il-diritto-di-esprimersi-liberamente.aspx

Le conseguenze paradossali e assurde della legge sull’omofobia attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera.

Rendere più severe le pene per chi commette atti violenti a carattere omofobico, non è affatto in discussione. Anzi! C’è piena approvazione. Ciò che crea grande perplessità, invece, è il voler penalizzare a tutti i costi (mettendola a tacere) la libertà di pensiero e di opinione, ponendo sullo stesso piano coloro che compiono discriminazioni e abusi con chi, per ragioni di fede e/o di principi morali, vede nella famiglia tradizionale, costituita dall’unione tra un uomo e una donna, un modello valido da seguire e proporre alla società intera. O con chi, per gli stessi motivi, non condivide la possibilità di far adottare i bambini da parte di coppie gay. Questa, in sintesi, la motivazione che ha spinto numerosi esponenti di tutti i gruppi politici (cattolici e non) a depositare circa 350 emendamentiper riconsiderare alcuni aspetti nevralgici del ddl contro l’omofobia. Nei giorni scorsi, di questa proposta di legge è stata avviata la fase di analisi e discussione da parte della Commissione Giustizia di Montecitorio. In questi giorni è prevista l’approvazione in aula.

Hanno generato seria preoccupazione anche altri aspetti. Innanzitutto, il contenuto dell’articolo 1della proposta di legge. Esso affronta la questione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, intesa come la «percezione che una persona ha di sé come appartenente al genere femminile o maschile, anche se opposto al proprio sesso biologico». Il rischio insito in una simile definizione è legato, secondo quanto denunciato dall’associazione “Giuristi per la vita” (che raccoglie avvocati ed esperti di diritto impegnati a difendere e tutelare la vita e la famiglia), al fatto di vedere la volontà individuale imporsi irrimediabilmente sulla realtà, per cui «non si è uomo o donna secondo il dato oggettivo derivante dalla natura, ma secondo il pensiero soggettivo capace di determinare ciò che si vuole essere». In altre parole, viene ad affermarsi in modo incondizionato la teoria del gender. Pericoloso ed estremamente ambiguo, inoltre, il risvolto che tale posizione eserciterebbe all’interno del mondo del lavoro. Da un lato, infatti, è chiaro che l’orientamento sessuale non possa costituire in sé stesso un elemento di discriminazione. Ma, d’altro lato, il ddl non potrà in alcun modo impedire agli enti o agli istituti religiosi di prediligere, per ruoli legati specificamente alla formazione, all’insegnamento o all’educazione, persone fedeli alle indicazioni morali che portano avanti le stesse istituzioni.

A tal proposito, gli emendamenti proposti da alcuni esponenti del Pdl (come Roccella, Costa e altri ancora), di Scelta Civica (Binetti, Marazziti, etc.), della Lega e del Pd (Preziosi, Bobba, Fioroni, etc.) sono nati con uno scopo ben preciso: ovvero non trasformare la legge da valido mezzo di tutela a favore delle persone divenute vittime di violenza e discriminazione a “strumento a buon mercato” per imporre modelli culturali, credenze e ideologie non accolte o condivise da tutti. Non si può, infatti, ritenere colpevole di un reato chi, per esempio, ritiene l’atteggiamento omosessuale una forma di peccato.
O ancora, una cosa è «combattere le associazioni razziste, un’altra è chiedere lo scioglimento forzato per associazioni che si battono contro il matrimonio gay», spiega Eugenia Roccella del Pdl.

Un ultimo punto controverso corrisponde a quella sezione della legge che intende punire con la reclusione fino a un anno e sei mesi chi incita a commettere oppure commette di sua iniziativa atti discriminatori a causa dell’orientamento o dell’identità di genere della vittima. In questo modo, sottolineano i “giuristi per la vita”, «non sarà più lecito sollecitare i parlamentari della Repubblica a non introdurre nella legislazione il “matrimonio” gay, o a escludere la facoltà di adottare un bambino a coppie omosessuali, né sarà più lecito organizzare una campagna di opinione per contrastare l’approvazione di una legge sul “matrimonio” gay o sull’adozione dei minori agli omosessuali». In sostanza, lo sfondo teorico di questo ddl si abbevera alla fonte di alcune ideologie, come quella del gender e del “matrimonio per tutti”.

Questo “ingombro”, tuttavia, rischia di oscurare l’obiettivo principale della proposta di legge contro l’omofobia: tutelare le vittime oggetto di discriminazione e favorire un percorso di maggiore tolleranza e rispetto. A conti fatti, si è ben lontani da questa prospettiva.

17 luglio 2013

Meluzzi sulla legge contro l’omofobia: “Mi ricorda tanto i regimi totalitari del secolo passato”

Filed under: OMOFOBIA — giacomo.campanile @ 07:24

http://www.nocristianofobia.org/meluzzi-sulla-legge-contro-lomofobia-mi-ricorda-tanto-i-regimi-totalitari-del-secolo-passato/

Alessandro MeluzziSe domani io sosterrò che dei bambini hanno indispensabilmente bisogno per il loro sviluppo di una figura materna e paterna, rischio di essere processato come omofobo. Non solo mi viene impedito di sostenere legittimamente una posizione che io considero giusta e irrinunciabile, ma il mio lavoro mi espone ad un giudizio penale”. Così Alessandro Meluzzi, celebre psichiatra e psicoterapeuta, in un’intervista in cui non cela il suo scetticismo verso una legge che rischia di essere un piano inclinato.
La sua è anche una critica contro la diffusione del relativismo. Siamo in una società in cui si può dire o sostenere qualsiasi cosa, anche la più incredibile, senza che nessuno limiti questa libertà di espressione. Eppure si vogliono creare delle zone d’ombra in cui il proprio punto di vista deve essere limitato. La legge sull’omofobia è uno di questi casi, nei quali “
introduciamo una sorta di dogma e sfido chiunque a trovarne di simili”. “Credo che per contenere dei fenomeni degenerativi come l’intolleranza,” continua Meluzzi “si stia forzando con i concetti la natura delle cose e stiamo rischiando di produrre una società di tipo orwelliano”.
E per chi non crede che tutto questo possa diventare una realtà, conclude: “Ne riparleremo quando ci saranno i primi processi”.
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22 luglio 2013
Meluzzi: «Ddl anti-omofobia? Da medico potrei essere radiato. Droghe leggere? Rischierà più un padre per un bicchiere di vino»

«Con questa legge contro l’omofobia il mio lavoro mi espone al rischio di essere processato come omofobo. E quindi a un giudizio penale». Non parla tanto Alessandro Meluzzi, quanto lo psichiatra e psicoterapeuta, criminologo e docente di psichiatria forense, che intervistato da IntelligoNews, dice la sua sul ddl anti-omofobia che sta per arrivare in Aula a Montecitorio. E ne evidenzia tutte le contraddizioni oltre che gli eccessi di una legge «che mi ricorda tanto i regimi totalitari del secolo passato».

«Se domani, di fronte ad un bambino che deve essere dato in adozione, sosterrò da medico l’opportunità che venga dato ad una coppia dove ci sia una mamma e un papà, rischierò di essere espulso dall’ordine dei medici»: aggiunge Meluzzi, che è anche il fondatore della Comunità Agape, Madre dell’Accoglienza.

E sull’eventuale riforma sulla droga che mira ad alleviare le pene è drastico, siamo alla follia: « Se un padre di famiglia alla fine di una cena a base di fritto misto ha bevuto un quarto di vino, e viene fermato e accertato il superamento del tasso alcolico consentito, gli ritirano la patente per 6 mesi oltre a incorrere nel penale. Al contrario, con questa riforma, a un giovane che si fa di canne gli diamo la medaglia, e dopo che lo abbiamo sorpreso a guidare in condizioni di grave alterazione della percezione spazio-temporale, quale quella prodotta dal tetraidrocannabinolo, lo lasciamo andare».

Legge contro l’omofobia.  Diverse le resistenze e le obiezioni al ddl, il 26 luglio approderà nell’Aula di Montecitorio con il progetto di approvarla prima delle ferie. Qual è la sua opinione?
«Si inserisce forzosamente il concetto di reato di opinione. Se domani io sosterrò che dei bambini hanno indispensabilmente bisogno per il loro sviluppo, psicologico, identitario, psicosessuale, di una figura materna e paterna, quindi di genere diverso, rischio di essere processato come omofobo. Non solo mi viene impedito di sostenere legittimamente una posizione che io considero giusta e irrinunciabile, ma il mio lavoro mi espone ad un giudizio penale. Un modo di pensare così, mi ricorda tanto i regimi totalitari del secolo passato».

Quindi c’è anche un problema professionale per voi medici se verrà approvato il testo base?
«Se un domani, di fronte ad un bambino che deve essere dato in adozione, sosterrò da medico l’opportunità che venga dato ad una coppia dove ci sia una mamma e un papà, rischierò di essere espulso dall’ordine dei medici. Ma mi sarà vietato di esprimere un’opinione così in qualsiasi sede. Tanto più l’analisi è tecnica, penso ad una valutazione peritale per esempio, tanto più il rischio per me è alto».

Cosa risponde a chi dice che questi sono esempi paradossali?
«Che hanno una strana idea del paradosso. I miei esempi hanno un contenuto reale. Noi viviamo in un mondo dove si può sostenere qualsiasi cosa, si può sostenere che esiste Dio o che non esiste senza correre rischi, si può sostenere che si può mangiare carne o vegetariano senza che questo rappresenti un pericolo per la salute, si può sostenere che si devono abolire i motori a scoppio perché producono anidride carbonica… Ma ora, e questo è il caso, introduciamo una sorta di dogma e sfido chiunque a trovarne di simili».

Scalfarotto afferma che questo è uno dei casi in cui la norma ha un effetto simbolico. E’ d’accordo?
«Ne riparleremo quando ci saranno i primi processi. La trovo una cosa di una pericolosità estrema, che crea, tra l’altro, un precedente che domani potrebbe essere applicato a qualsiasi cosa».

Si prevedono campi di rieducazione per gli omofobi. Che ne pensa?
«In questa vicenda, siamo alle estreme conseguenze della dittatura culturale del politicamente corretto. Lo dico senza alcun livore: credo che per una serie di meccanismi psicologico-sociali -per contenere sicuramente dei fenomeni degenerativi come l’ìntolleranza- si stia forzando con i concetti la natura delle cose e stiamo rischiando di produrre una società di tipo orwelliano».

La riforma sulla droga mirerà ad allievare le pene. Da medico ha qualcosa da obiettare?
«Qui siamo alla follia nella follia. Non solo si incentiva il consumo, ma si sdrammatizza una situazione tutt’altro che irrilevante. Anche perché i derivati della canna indiana hanno un’azione psicodislettica, che soprattutto nei cervelli in via di sviluppo, favorisce psicosi latenti. Qui mi pare che ci troviamo di fronte a qualcosa di molto pericoloso. Mi sorprende che con lo stato in cui è ridotto questo Paese anziché pensare di rilanciare economia, lavoro e produzione, il Parlamento si occupi di queste questioni che sono discutibilissime e, rispetto alla drammaticità della situazione, assolutamente marginali. Io non credo che la grande preoccupazione delle famiglie sia che i loro figli possano coltivarsi la marijuana sul balcone, né credo che il problema principale dei bambini sia di avere la libertà di poter essere adottati da una coppia gay».

Ci può portare un’esperienza che dimostri quanto una legge del genere sia pericolosa per i giovani?
«Ma sappiamo tutti che il tetraidrocannabinolo (THC) è uno psicodislettico. Tanto che viene usato nella terapia del dolore per i malati terminali. Non credo che possiamo assimilare un adolescente ad una malato di cancro o con un glaucoma inguaribile. Se è così, anche la morfina fa bene ai malati terminali, solo per questo può essere somministrata nella scuola media, perché tutto sommato può essere utile contro il mal di denti? E’ una distorsione, retorica e totale, della realtà».

Se si mette mano alla parte penalistica, alleggerendola o eliminandola, i ragazzi si sentiranno più incentivati a fare uso di droghe leggere?
«Certo. I ragazzi hanno molta paura del ritiro delle patente, così come della segnalazione alla Prefettura. Io sono allibito: da una parte diventiamo draconiani sull’uso dell’alcol il sabato sera, per esempio se uno beve due birre viene arrestato e gli viene ritirata la patente, e dall’altra parte permettiamo che sostanze -secondo me più pericolose dell’alcol- vengano liberamente consumate. Se un padre di famiglia alla fine di una cena a base di fritto misto ha bevuto un quarto di vino e viene fermato e accertato il superamento del tasso alcolico consentito, gli ritirano la patente per 6 mesi oltre a incorrere nel penale. Al contrario, con questa riforma, a un giovane che si fa di canne gli diamo la medaglia, e dopo che lo abbiamo sorpreso a guidare in condizioni di grave alterazione della percezione spazio-temporale, quale quella prodotta dal tetraidrocannabinolo, lo lasciamo andare. Mi domando se stiamo impazzendo».

Marta Moriconi

26 Luglio 2013

Legge omofobia, si va verso il totalitarismo

Filed under: OMOFOBIA — giacomo.campanile @ 11:37

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-negri-legge-omofobia-si-va-verso-il-totalitarismo-6952.htm

«Questo della legge sull’omofobia è un fatto gravissimo, è la sconfitta dello Stato laico e l’affermarsi di una nuova tendenza totalitaria. E in tutto questo la cristianità sembra assente». E’ quanto afferma monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio in questa intervista a La Nuova Bussola Quotidiana, primo pastore italiano a prendere chiaramente posizione su questo tentativo di far passare con una procedura d’urgenza la legge anti-omofobia che – come La Nuova BQ sta documentando da settimane –  è una legge contro la libertà di espressione e contro la libertà religiosa.

Monsignor Negri, perché una legge sull’omofobia è un fatto gravissimo?
Intanto questa legge è un’ammissione di impotenza da parte dello Stato.

In che senso?
In tutta questa vicenda ci sono delle questioni sostanziali che vengono ridotte o addirittura dimenticate. La prima è che alla coscienza dell’uomo della strada – quale io sono – non è affatto chiaro perché lo Stato abbia bisogno di difendere particolarmente una certa categoria di cittadini. Questa legge in sostanza dice che ci sono dei cittadini che devono essere difesi nei loro diritti al di là dei diritti che ogni cittadino italiano gode per il fatto che è parte della società italiana. E’ evidente allora che c’è una debolezza dello Stato: è come se lo stato dicesse che c’è bisogno di qualcosa di eccezionale per consentire a questi cittadini italiani di vivere adeguatamente i loro diritti di cittadini. Il che mi sembra obiettivamente una cosa assurda.
In ogni caso nessuna spiega in che cosa questi cittadini omosessuali – pratici o teorici che siano – devono essere particolarmente difesi. E vorremmo sapere quali sono le ragioni di necessità obiettiva, culturale, storica e sociale per cui si invoca questa situazione di eccezionalità. Perché anche situazioni di fatto, retaggio del passato e che comunque in Italia sono un fenomeno abbastanza ridotto, sono più che altro segno di inciviltà e di barbarie che si aiuta a risolvere con l’educazione e non con le leggi.

Peraltro lo si fa con una procedura d’urgenza, lasciando indietro situazioni che ogni cittadino può giudicare ben più importanti: la crisi economica, il lavoro, la lentezza della giustizia.
E infatti non si comprende questo carattere di urgenza, un’urgenza tale da autorizzare la presentazione di un disegno di legge che – lo si vede dalle reazioni –  apre scenari impegnativi. E qui entra un secondo punto di estrema gravità, ovvero la strada che si è scelta per questa difesa di una categoria particolare.

Si riferisce al reato d’opinione?
Esattamente. Perché la strada che si è scelta poco o tanto finirà per adombrare nel nostro paese il reato di opinione. E qualsiasi, pur frettoloso, studioso della realtà sociale e politica dell’Europa sa che il reato di opinione non è un segno né di democrazia né di una concezione ampia e seria della vita sociale. Nel caso specifico, accadrà che il solo esplicitare le ragioni per cui in forza di precise convinzioni di carattere personale, sociale, culturale, religioso si ritiene che l’omosessualità sia una realtà non condivisibile, metterà in una posizione di discriminazione. Il cattolico, per esempio, che ritiene in perfetta buona fede sul piano della sua esperienza personale di appartenenza alla grande tradizione della Chiesa cattolica che l’omosessualità sia un fatto di disordine, potrà essere addirittura inquisito perché metterebbe in crisi i diritti della minoranza-maggioranza omosessuale.

In sostanza lei dice che a essere discriminati sarebbero coloro che, ad esempio, ritengono ingiusto il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Si aprirebbe una discriminazione gravissima di carattere teorico ancorché pratico fra le varie opinioni presenti nel nostro paese. E questo ci riporterebbe a una situazione più o meno implicita di dittatura. Ricordo che la laicità della nostra vita sociale è ribadita in maniera esplicita dalla Carta Costituzionale che ha messo fine a un periodo di dittatura dove i delitti di opinione erano all’ordine del giorno. Ora si vorrebbe  che una opinione, che delle opzioni di carattere sociale vengano di fatto privilegiate dallo Stato al punto che chi in qualche modo ha delle obiezioni di carattere culturale e religioso su queste posizione corre il rischio di essere considerato reo di delitti o di reati di opposizione a una convinzione che non può e non deve essere messa in discussione. In una situazione autenticamente laica e democratica non ci devono essere posizioni che non possano essere discusse, che non possano essere accettate e che possano essere vissute con piena libertà in una vita sociale che proprio nella diversità delle posizioni trova la sua ricchezza.

Però la Costituzione vieta anche delle opinioni.
Certo, la Costituzione ha stabilito ben prima di questo disegno di legge che ci sono delle opinioni che possono e debbono essere contestate dallo Stato, ma si tratta di quelle che mettono tra i loro principi fondamentali e i loro obiettivi la distruzione della situazione culturale e sociale che caratterizza il nostro paese. Non è certo questo il caso. Pare evidente quindi che questi iper-apostoli – se può essere usata questa espressione – questi cittadini le cui convinzioni non possono e non debbono essere messe in discussione, rappresentano un fatto di anomalia e quasi una metastasi nella vita della nostra società. La nostra società vive se tutti i nostri cittadini italiani possono essere veramente liberi di vivere, di esplicitare, di attuare nella vita sociale quelle convinzioni – anche le più diverse – che hanno raggiunto per un cammino personale di coscienza, di approfondimento, di educazione, in cui consiste la loro identità profonda.

Insomma lei ritiene che questa legge, se passasse, ci farebbe scivolare verso una nuova forma di totalitarismo.
Mi pare oggettivo che si stia risvegliando una tendenza totalitaria nella vita sociale dello Stato, perché tutte le volte che in una situazione sociale e politica si privilegia una posizione a danno delle altre, che vengono in qualche modo ridotte quando non negate, si crea una ferita nella vita democratica e laica del paese. Vorrei ricordare a quei signori che hanno presentato questo disegno di legge e a maggior ragione a tutti quelli che si preparano a discuterne che il Novecento, il XX secolo, è terribilmente ricco di esperienze sociali in cui dei cittadini sono stati privati della loro libertà di vivere esplicitamente le convinzioni profonde della loro esistenza e sono stati addirittura privati della vita perché le loro convinzioni erano considerate negative o minacciose per lo stato, fascista o comunista che fosse.

Oggi domina il laicismo…
…Che ha una doppia faccia: la faccia di una realtà che ha intrapreso una battaglia anche lunga per l’affermazione dei principi fondamentali della laicità del paese, della società e dello Stato; ma – e questo è innegabile storicamente a meno di negare l’evidenza – dal laicismo è sorta anche quella tendenza di carattere totalitario sul piano ideologico e politico per cui la gente è stata privata crudelmente della propria possibilità di esprimere i propri diritti. Questo semplicemente perché le loro convinzioni non coincidevano con le convinzioni di taluni che lo Stato o il Partito aveva fatto proprie e riteneva assolutamente indiscutibili. E tali convinzioni si imponevano a tutti i cittadini con la forza della violenza di stato.

C’è però da dire che anche tra i cattolici non pare esserci un giudizio chiaro e univoco.
E’ indubbio che mentre il Paese è impegnato per volontà dei legislatori e del Parlamento in uno snodo difficilissimo della sua vita sociale sembra che la cristianità italiana non sia presente. E per cristianità intendo la realtà istituzionale della Chiesa, le realtà laicali, le realtà associative, tutto il complesso del popolo di Dio che vive oggi in Italia, senza evidenziare maggiori o minori responsabilità. La cristianità non è presente con una chiarezza di motivazioni, con una chiarezza di identità. La libertà è un valore assolutamente unico e indivisibile, bisogna lavorare per la propria libertà – ci invitava Giovanni Paolo II – perché lavorare per la propria libertà è lavorare per la libertà di tutti, accettare di ridurre o perdere la propria libertà è perdere e ridurre la libertà di tutta la società.

Lei dice che non c’è una chiarezza di motivazioni, eppure la Dottrina sociale della Chiesa è molto chiara su questi punti.
Avremmo infatti tutta la forza del Magistero sociale che non ha mai fatto sconti di fronte alle pretese delle istituzioni, qualunque esse siano, di intervenire nello spazio della libertà di coscienza personale.  Le proprie preferenze culturali, le proprie preferenze sessuali, le proprie pratiche sessuali sono un fatto che attiene alla libertà della coscienza individuale, personale, di gruppo, non sono una competenza dello Stato. Se lo Stato interviene non importa se per difendere o attaccare le concezioni e pratiche di carattere personale o sessuale, compie lo stesso errore di identificare la sua azione in campi in cui non può e non deve intervenire.
In questa vicenda della legge sull’omofobia c’è dunque in gioco la libertà della coscienza personale e sociale, c’è in gioco la laicità dello Stato. Per la cristianità italiana è una grande occasione per una testimonianza corale.

Intende la necessità di una battaglia?
Non si devono scomodare termini verso i quali c’è una assoluta e motivata idiosincrasia – battaglia, confronto, e così via – ma certamente è necessaria una testimonianza corale della cristianità. Proprio la passione per la nostra identità di fede ci rende appassionati per la vita e la democraticità del paese. Come ricordava Giovanni Paolo II nella terza, straordinaria, parte della Redemptor Hominis, proprio per l’esperienza di fede ecclesiale che viviamo noi siamo buoni cristiani e autentici cittadini del nostro paese, senza nessuna riduzione e senza nessuna discriminazione.

Lei crede che un ripensamento del Parlamento sia ancora possibile?
Quello che è in gioco è sostanziale, per cui mi auguro che prevalga quella famosa cosa che Manzoni diceva essersi perduta o essersi nascosta durante la grande querelle sulla peste di Milano: il buon senso. Mi pare che ci voglia una grande iniezione di buon senso da parte di tutti quelli che intervengono in questa vicenda, che non ci siano scompensi di carattere demagogico, populistico, che non fanno bene al nostro paese, già così provato dal punto di vista della identità culturale e sociale.

26 Giugno 2013

MATRIMONI GAY/ I vescovi Usa: giorno tragico per la Nazione

Filed under: OMOFOBIA — giacomo.campanile @ 18:16

Con un comunicato ufficiale i vescovi americani esprimono il loro disappunto per la decisione della Corte suprema in merito ai matrimoni. Come si sa, oggi la Corte con una maggioranza di cinque voti contro quattro ha definito anticostituzionale l’attuale ordinamento che sostiene che l’unico matrimonio sia quello tra uomo e donna, una decisione che apre ovviamente le porte ai matrimoni gay riconosciuti per legge. I vescovi definiscono quella di oggi una giornata tragica per gli Stati Uniti: la Corte suprema ha sbagliato, aggiungono. A dirlo è l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, a cui si aggiunge quello di San Francisco: “Il governo federale dovrebbe rispettare la verità che il matrimonio è l’unione di un uomo e di una donna anche quando gli stati non lo fanno”. Il bene di tutti, si legge ancora nella nota, soprattutto dei nostri figli, “dipende da una società che si sforza di rispettare la verità del matrimonio. Ora è arrivato il momento di raddoppiare gli sforzi per rendere testimonianza a questa verità”.

2 Giugno 2013

Gay Day nel parco per famiglie più famoso del mondo

Filed under: OMOFOBIA — giacomo.campanile @ 05:44

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-gay-day-nel-parco-per-famiglie-pi-famoso-del-mondo-6590.htm

Topolino e Minnie che folleggiano per le strade con un trans o un bisex. Hanno visto questo le centinaia di bimbi e di adolescenti cui tante mamme e tanti papà hanno deciso di regalare, dopo i sacrifici da formichine fatti per mettere via i dollari necessari, uno splendido biglietto all-inclusive per un primo week-end di giugno davvero speciale, nel fantasmagorico Disneyworld di Orlando, Florida. Sì, perché ieri sabato 1° giugno a Disneyworld i lustrini e i festoni sono stati tutti per il “Gay Day”, la giornata della sfacciataggine omosessuale che la “comunità” considera oggi uno dei più importanti appuntamenti mondiali del proprio calendario alternativo. Tant’è che li hanno subito imitati i cugini californiani di Disneyland, dove il “Gay Day” viene puntualmente celebrato ogni ottobre.

Tutto è cominciato nel 1991, un po’ sommessamente, quando 3mila fra gay e lesbiche hanno espropriato un intero giorno (accade sempre il primo sabato di giugno) del famoso parco dei divertimenti, mettendosi a girare per mano o a braccetto agghindati con magliette rosse griffate omosex per farsi pubblicità. Negli anni la cosa è cresciuta enormemente, arrivando a contare 150mila presenze per una kermesse che adesso occupa una settimana intera. Questa pagliacciata, che si è aperta martedì 28 maggio e che si chiuderà lunedì 3 giugno, è culminata con la programmazione di sabato 1° giungo. Spettacoli, feste, party in piscina, concerti, mostre a tema e persino manifestazioni pensate appositamente per i più piccoli. Da settimane i tour operator propagandano pacchetti predisposti ad hoc per i gruppi, ci sono sconti per le comitive e le agenzie di viaggio organizzano trasferte tutto compreso.

L’hotel ufficiale della manifestazione è il Doubletree by Hilton di Orlando at Seaworld (nome lungo e pomposo per un resort da mille e una notte), trasformato per l’occasione in un quartier generale dell’omosessualismo. Bene inteso, l’etichetta di “hotel ufficiale” del “Gay Day” se l’è creata e data il management stesso dell’albergo, fiero di servire anche da biglietteria per la Disneyworld diversa di sabato alla reception, benché tutto sia comunque comodamente prenotabile online.

Perché questa “Occupy Disney”? Perché così, dicono organizzatori e partecipanti, omosessuali e travestiti possono finalmente riappropriarsi di quelle gioie della fanciullezza che sono state negate loro da bambini per colpa di genitori e di una società “omofobi”. E poi si tratta di far vedere a tutti che la “famiglia gay” è una cosa normale, di educare i bambini alla banalità di sesso e omosessualismo, di dimostrare che l’essere gay o lesbica, bisessuale o transgender è solo un festoso spettacolo adatto a tutti.

Certo, se di tutto questo chiedete conto, come ovviamente è stato fatto, alla direzione di Disneyworld (nome ufficiale The Walt Disney World Resort)) quelli vi diranno che loro non c’entrano, che non ne sono gli organizzatori, che è solo una manifestazione privata. Formalmente vero: ma nessuno di quella direzione ha mai protestato per un tale vistoso sequestro di spazi e di giornate; e ovviamente questo è un understatement.

Qualche mese fa, infatti, Disneyworld ha enfaticamente e pubblicamente salutato l’insediamento del suo nuovo presidente, il quinto della sua storia, George A. Kalogridis, 59 anni, già presidente di Disneyland in California dal 2009. Come? Presentandolo con orgoglio come il primo presidente apertamente omosessuale di Disneyworld. Pare che Kalogridis stia mettendo su casa a Golden Oak, la nuova community abitativa di lusso di Disneyworld, con il suo partner Andrew Hardy, uno dei manager finanziari della Disneyland californiana. Secondo il South Florida Gay News (perché esistono anche autorevoli fonti d’informazione così), Kalogridis è con la Disney sin dal lontano 1971 e oggi si trova ai suoi massimi livelli dopo una dura gavetta. E, secondo l’Orlando Business Journal (perché esistono altre autorevoli fonti d’informazione così), Kalogridis è uno che «respira Disney». Difficile insomma pensare che la sua vita personale sia una cosa e gli affari un’altra, che Disneyworld non sappia nulla del “Gay Day”, che lui ed Andy non c’entrino niente con le politiche della “comunità” GLBT. Del resto, secondo l’informatissimo Huffington Post, che pubblica regolarmente pure una sezione intitolata Huffpost Gay Voices, Disneyworld, «ovviamente, fa da tempo la corte al codazzo gay» e ora, con il suo nuovo presidente omosessuale, «sta facendo un passo avanti».

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