9 Gennaio 2012

La Basilica di Santa Maria Maggiore

Filed under: ARTE,CHIESE — giacomo.campanile @ 00:15

S.Maria Maggiore video i tesori di Roma

video lezione del prof. Giacomo Campanile

Oggi andremo alla scoperta della Basilica Papale di S. Maria Maggiore ,il cuore mariano della Città Eterna, consacrata alla Madre di Dio e considerata da sempre la Betlemme di Roma per le memorie e reliquie collegate alla vita della Vergine ed alla nascita di Gesù che essa racchiude. A questa Basilica dedicheremo più puntate tenuto conto delle meraviglie spirituali artistiche e storiche che essa contiene.

 

 

La Basilica di S.Maria Maggiore, situata nella piazza omonima sulla sommità del Cispio, una delle tre cime del colle Esquilino, è detta anche “Liberiana” dalla leggenda che tradizionalmente la collega a papa Liberio e secondo la quale, nel 352, il pontefice sognò la Madonna che gli indicava di costruire una chiesa là dove avesse trovato la neve. Quando il mattino del 5 agosto, nel mezzo di una torrida estate romana, nevicò sull’ Esquilino, il papa ubbidì e fece costruire la chiesa appunto detta “S.Maria della Neve”. Il miracolo della neve viene ricordato ogni anno, il 5 agosto, in una funzione durante la quale petali bianchi vengono fatti cadere dal soffitto della Cappella Paolina.

1 Altare della Confessione

In realtà, di questa chiesa, non vi è nessun resto materiale, tanto che la si crede mai esistita o forse molto piccola, situata nei pressi della basilica attuale. Scavi archeologici effettuati sotto il pavimento della basilica hanno restituito invece un edificio composto da vari ambienti intorno ad un grande cortile porticato lungo 37 metri e largo 30, molto probabilmente una costruzione romana la cui struttura muraria, i pavimenti e le basi delle colonne ritrovate permettono di attribuire all’età tardoimperiale. S.Maria Maggiore fu costruita da Sisto III (432-440) per celebrare Maria “madre di Dio”, secondo quanto proclamato dal concilio di Efeso nel 431: lo stesso pontefice commissionò i 42 pannelli raffiguranti “Scene Bibliche” che ancora ornano la navata centrale e l’arco trionfale e che rappresentano la più importante documentazione di arte musiva del Basso Impero. La basilica assunse anche il nome di “Sancta Maria ad praesepe” perchè per onorare e celebrare meglio la Vergine Maria si trasferirono qui alcune reliquie della grotta di Betlemme, come alcuni pezzi della mangiatoia dove fu deposto il Bambino Gesù, oggi conservate in un’urna di argento e cristallo (nella foto 1), opera di Luigi Valadier, presso l’Altare della Confessione: dinanzi vi è la statua di Pio IX raccolto in preghiera, scolpita nel 1883 da Ignazio Iacometti. La basilica si ingrandì nel XIII secolo con Niccolò IV che fece ricostruire più arretrata l’abside, arricchita di mosaici, e creare una nuova facciata con i mosaici di Filippo Risuti.

2 Porta Santa

I successivi cambiamenti avvennero nel XV secolo, quando il cardinale d’Estouteville fece coprire con volte le navate laterali, aprire le due porte laterali e commissionò a Mino del Reame un lussuoso ciborio, poi smantellato dal Fuga; nel 1500 Alessandro VI, ancora cardinale, fece completare il meraviglioso soffitto a cassettoni, opera di Giuliano da Sangallo, con il primo oro arrivato dall’America appena scoperta, dono dei re cattolici Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia; inoltre, nel XVII secolo, Clemente X incaricò Carlo Rainaldi di curare la parte absidale, anche se in questa occasione furono distrutti i mosaici che ornavano la calotta esterna dell’abside duecentesca. Benedetto XIV, nel 1743, commissionò a Ferdinando Fuga la facciata attuale con la “Loggia delle Benedizioni” (nella foto sotto il titolo), che, purtroppo, copre alla vista i bellissimi mosaici del Risuti, anche se ciò ha contribuito a preservarli. La facciata odierna, preceduta da un’ampia scalinata e racchiusa tra due palazzi gemelli scanditi da piatte lesene, stemmi e balaustre finali, è costituita da un portico a cinque ingressi con 8 colonne antiche sostenenti una trabeazione sulla quale vi sono due timpani triangolari ed uno centrale curvilineo, ornati da angioletti con al centro le statue della Verginità e dell’Umiltà. Sopra il portico è situata una grande loggia a tre arcate scandite da 6 colonne e conclusa da una balaustra con statue di Santi, pontefici e la statua centrale della “Madonna con il piccolo Gesù”. Sotto il portico, al centro, vi è una porta del 1937 con rilievi bronzei raffiguranti l’Incarnazione, mentre a sinistra è situata la Porta Santa (nella foto 2).

3 Cappella Sistina

L’interno della chiesa, lungo 85 metri, è a tre navate scandite da 42 colonne con capitelli ionici e moderni. Numerose le sepolture importanti qui conservate: nella navata destra vi è la Cappella Sistina (nella foto 3), costruita nel 1587 da Domenico Fontana e Carlo Maderno per Sisto V. I marmi policromi e le colonne furono ricavati dal “Septizodium“; al centro è situato un altare in marmi e pietre dure con quattro angeli dorati sostenenti il ciborio in bronzo dorato, mentre alle pareti vi sono il monumento funebre di Sisto V (nella foto 4) e quello di Pio V.

4 Monumento funebre di Sisto V

Nel battistero possiamo ammirare la tazza di porfido rosso ed il rilievo dell’Assunta, opera di Pietro Bernini del 1610. In questa cappella si trova la singolare tomba di Antonio Emanuele Funta, soprannominato “Nigrita”, ambasciatore di Alvarez II, re del Congo, che nel 1604 lo inviò a Roma per ottenere l’invio di missionari nelle sue terre. Paolo V lo accolse con grandi festeggiamenti, ma il povero Nigrita morì prima di essere ricevuto dal papa; il monumento reca la testa del Nigrita in pietra nera sulla quale spiccano due bianchissimi occhi ed una falsa epigrafe: il monumento fu fatto per ordine di Paolo V, ma l’epigrafe fu fatta cambiare, più tardi, da Urbano VIII, per arrogarsi il merito di aver onorato il congolese.

5 Lastra tombale dei Bernini

Poco distante dalla Cappella ed accanto all’altare maggiore è situata, sul pavimento, la lastra tombale della famiglia Bernini (nella foto 5), dove vi sono sepolti sia Gianlorenzo che suo padre Pietro. Da questo punto si può ammirare anche uno dei più bei mosaici absidali, eseguito da Jacopo Torriti nel 1295 su commissione di Niccolò IV e Giacomo Colonna. Sullo sfondo del firmamento, entro un’aureola stellata, siedono Cristo e la Vergine; il Figlio con una mano incorona la Madre e nell’altra regge un libro sul quale si legge “Veni Electa Mea Et Ponam In Te Thronum Meum“. Al di sotto del nimbo convergono, da entrambi i lati, due schiere angeliche; sullo stesso piano trovano spazio a sinistra S.Francesco, S.Paolo e S.Pietro, davanti ai quali vi è la figura molto più piccola di Niccolò IV, a destra invece S.Giovanni Battista, S.Giovanni Evangelista e S.Antonio da Padova, con la piccola figura del cardinale Colonna. Bellissima è anche la Cappella del Crocefisso, ornata da 10 colonne di rosso porfido, dove, oltre al pregevole Crocefisso del Quattrocento, vi sono conservate molte reliquie. Nella navata sinistra si può ammirare la Cappella Paolina, eretta per volontà di Paolo V Borghese da Flaminio Ponzio, tra il 1605 ed il 1615.

6 Salus Populi Romani

La Cappella, ornata con marmi antichi di diversa provenienza, custodisce il monumento funebre di Paolo V, quello di Clemente VIII e la Sacra Immagine della Madonna più cara ai romani, la “Salus Populi Romani” (nella foto 6), ovvero la “Salvezza del Popolo Romano”. Si tratta di un’icona bizantina, ospitata in questa Cappella fin dal 1611 espressamente per volere di Paolo V e rappresenta Maria che reca in braccio il Bambino Gesù, il quale con una mano benedice e con l’altra sorregge un libro, probabilmente quello dei Vangeli. La Madre è raffigurata nel compimento dello stesso gesto, con la mano destra che tuttavia non è sollevata, ma si ricongiunge all’altra, nella quale tiene una pergamena arrotolata, incrociando le braccia sulle piccole ginocchia del Figlio. L’opera è di datazione incerta, collocabile tra l’VIII ed il XII secolo ed è considerata la principale patrona di Roma; il suo nome deriva dalla consuetudine di portarla in processione per le vie romane per scongiurare pericoli e disgrazie, o per porvi fine, come nel caso delle pestilenze. Un documento del 1240 attesta che essa era nota in passato con il titolo di Regina Coeli. Degne di nota anche la Cappella Sforza, costruita nel 1573 da Giacomo Della Porta su disegno di Michelangelo e la Cappella Cesi, con i bellissimi affreschi del Sermoneta e di Guidetto Guidetti. Il campanile, il più alto di Roma (75 metri), fu costruito nel 1370 per volontà di Gregorio XI, anche se fu portato a termine grazie ai finanziamenti del cardinale d’Estouteville quasi un secolo dopo, mentre a Giulio II si deve la copertura piramidale sulla quale svetta la croce infissa in una palla di rame dorato. I primi due piani presentano doppie monofore mentre i tre piani successivi bifore binate su colonnine marmoree inscritte in una monofora; dischi concavi di maiolica verde, associati a liste di marmo bianco, completano la decorazione delle facciate.

7 Colonna della Pace

Nel XVI secolo vi era collocato un orologio per le ore latine, poi sostituito da quello attuale dalle dodici ore in occasione della ricostruzione del Fuga. Fino al secolo scorso la cella campanaria ospitava una campana chiamata “la Sperduta”, perché si racconta che una pellegrina, venendo a Roma a piedi, avesse perso la strada e che si fosse raccomandata alla Vergine per essere aiutata. Subito udì i rintocchi della campana, seguendo i quali raggiunse la basilica di S.Maria Maggiore e quindi la salvezza. In ricordo del fatto la pellegrina lasciò una rendita affinché alle 2 di notte (oggi alle 21) venisse perpetuamente suonata la campana: la Sperduta, realizzata da Guidotto ed Andrea Pisano nel 1289, dalla fine del 1800 si trova nella Galleria di Urbano VIII presso i Musei Vaticani, sostituita da un’altra campana, altrettanto antica in quanto risale al XIII secolo, donata da Leone XIII. Sulla piazza antistante l’ingresso della basilica, in piazza S.Maria Maggiore, sorge (nella foto 7) l’unica colonna di marmo rinvenuta integra nella basilica di Massenzio e che sorreggeva, insieme ad altre sette, la grandiosa volta centrale. La “Colonna della Pace” (così fu nominato il monumento) fu eretta da Carlo Maderno nel 1614 per volontà di Paolo V, il quale volle porvi sopra la statua bronzea della “Vergine con Bambino” di Guillaume Berthélot ed Orazio Censore. Si racconta che tale opera fu compiuta in tale brevissimo tempo e senz’altro danno che la caduta, senza conseguenze, di una guardia svizzera dall’alto di un’impalcatura, che il pontefice, entusiasta, elargì grandi premi ai lavoratori che avevano preso parte ai lavori.

8 Fontana

Ai piedi della Colonna è situata una fontana (nella foto 8) costituita da una grossa vasca oblunga di travertino, modanata, rialzata dal livello stradale tramite quattro gradini di graniglia ed un gradone che la elevano di circa due metri. Al centro della vasca, sollevato su un balaustro, s’innalza un catino circolare dal quale si diparte un breve zampillo d’acqua. Oggi la fontana è priva dei due draghi araldici dei Borghese che gettavano acqua e che il Maderno pose sui lati lunghi, mentre le aquile, altro emblema della famiglia Borghese, versano ancora acqua nelle vaschette dei lati brevi. Forse i draghi andarono perduti durante i lavori di sistemazione del livello stradale eseguiti nell’Ottocento: fu probabilmente sempre in questa occasione che il catino venne sostituito e che scomparve la fontana-abbeveratoio posta a ridosso della Colonna, ma dalla parte opposta.

9 Obelisco Esquilino

La sistemazione della retrostante piazza dell’Esquilino (nella foto 9), dove si affaccia l’abside della basilica alla quale si accede tramite una bella scalinata, si deve a papa Sisto V e risulta dall’unione delle due antichissime piazzette “del Pozzo Roncone” e “delle Case d’Orlando”; qui il pontefice fece erigere un obelisco di granito, alto 14,75 metri, privo di geroglifici, quindi non databile e d’ignota provenienza. Il monolite, collocato originariamente dinanzi all’ingresso del Mausoleo di Augusto, insieme all’altro obelisco che si trova oggi in piazza del Quirinale, fu rinvenuto nel 1519 nei pressi della chiesa di S.Rocco, sepolto e spezzato in tre parti. Recuperato, fu abbandonato in quella zona per vari anni, finché nel 1587 papa Sisto V incaricò Domenico Fontana di collocarlo nella sede attuale, in piazza dell’Esquilino, ma in pratica lungo la cosiddetta “strada Felice”, il lungo rettifilo ancora oggi visibile, seppur frazionato, nelle via Sistinavia delle Quattro Fontane, via Agostino Depretis, via Carlo Alberto, via Conte Verde e via di S.Croce in Gerusalemme e che congiungeva Trinità dei Monti a S.Croce in Gerusalemme: Felice è il nome di battesimo di papa Sisto V Peretti che commissionò l’opera.

La Basilica di Santa Maria Maggiore, situata sulla sommità del colle Esquilino, è una delle quattro Basiliche Papali di Roma ed è la sola che abbia conservato le strutture paleocristiane. Una nota tradizione vuole che sia stata la Vergine ad indicare ed ispirare la costruzione della sua dimora sull’Esquilino. Apparendo in sogno al patrizio Giovanni ed al papa Liberio, chiese la costruzione di una chiesa in suo onore, in un luogo che Essa avrebbe miracolosamente indicato. La mattina del 5 agosto, il colle Esquilino apparve ammantato di neve. Il papa tracciò il perimetro della nuova chiesa e Giovanni provvide al suo finanziamento. Di questa chiesa non ci resta nulla se non un passo del Liber Pontificalis dove si afferma che papa Liberio “Fecit basilicam nomini suo iuxta Macellum Liviae”. Anche i recenti scavi effettuati sotto l’attuale basilica, pur portando alla luce importanti testimonianze archeologiche come lo stupendo calendario del II-III secolo d.C. e come i resti di mura romane parzialmente visibili visitando il museo, non ci hanno restituito nulla dell’antica costruzione. Il campanile, in stile romanico rinascimentale, si staglia per 75 metri ed è il più alto di Roma. É stato costruito da Gregorio XI al suo ritorno a Roma da Avignone e ospita alla sommità cinque campane. Una di esse, “la sperduta”, ripete ogni sera alle ventuno, con suono inconfondibile, un richiamo per tutti i fedeli. Entrando nel portico, a destra, è situata la statua di Filippo IV di Spagna, benefattore della Basilica. Il bozzetto dell’opera, realizzata da Girolamo Lucenti nel XIII secolo, è di Gian Lorenzo Bernini.

Al centro la grande porta di bronzo realizzata da Ludovico Pogliaghi nel 1949, con episodi della vita della Vergine, i profeti, gli Evangelisti e le quattro donne che nell’Antico Testamento prefigurarono la Madonna. A sinistra la Porta Santa, benedetta da Giovanni Paolo II l’8 dicembre del 2001, portata a compimento dallo scultore Luigi Mattei e offerta alla basilica dall’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Al centro Cristo risorto, il modello è l’uomo della Sindone, che appare a Maria, rappresentata come la Salus Populi Romani. In alto a sinistra l’Annunciazione al pozzo, episodio tratto dai Vangeli apocrifi, a destra la Pentecoste.

In basso nel lato sinistro, il Concilio di Efeso, che stabilì Maria quale THEOTÒKOS, a destra il Concilio Vaticano II che La volle Mater Ecclesiae.

Lo stemma di Giovanni Paolo II e il suo motto sono rappresentati nella parte alta, mentre i due in basso appartengono al Cardinale Furno, che fu arciprete della Basilica, e all’Ordine del Santo Sepolcro. L’attuale basilica risale essenzialmente al V secolo d.C.. La sua costruzione è legata al Concilio di Efeso del 431 d.C. che proclamò Maria Theotòkos, Madre di Dio, e fu voluta e finanziata da Sisto III quale Vescovo di Roma. Entrando si prova una viva impressione nel vedere la sua vastità, lo splendore dei suoi marmi e la ricchezza della decorazione; l’effetto monumentale e grandioso è dovuto principalmente alla forma della struttura della basilica e all’armonia che regna nei principali elementi della sua architettura. Costruita secondo i canoni del “ritmo elegante” di Vitruvio, la basilica è divisa in tre navate da due file di preziose colonne sulle quali corre un’artistica trabeazione ora interrotta verso l’abside da due arcate realizzate per la costruzione della Cappella Sistina e Paolina. Tra i colonnati ed il soffitto, le pareti erano in origine traforate da ampie finestre delle quali se ne conservano solo metà essendo state murate le altre. Dove erano le finestre, oggi è possibile ammirare una serie di affreschi che rappresentano “Storie della vita di Maria”. Al di sopra delle finestre e degli affreschi, un fregio ligneo decorato da squisiti intagli rappresentanti una serie di tori cavalcati da amorini si unisce alla cornice del soffitto. I tori sono il simbolo dei Borgia e gli stemmi di Callisto III e Alessandro VI, i due papi Borgia, spiccano al centro del soffitto. Non è ben chiaro quale fu il contributo di Callisto III alla realizzazione di quest’opera, certo è che chi la realizzò fu Alessandro VI che vi pose mano quando era ancora arciprete della Basilica: il soffitto venne disegnato da Giuliano da Sangallo e completato da suo fratello Antonio. La tradizione vuole che la doratura sia stata realizzata con il primo oro proveniente delle Americhe che Isabella e Ferdinando di Spagna offrirono ad Alessandro VI. Come uno splendido tappeto, si stende ai nostri piedi il pavimento a mosaico realizzato dai mastri marmorari Cosma e offerto ad Eugenio III nel XII secolo, da Scoto Paparoni e suo figlio Giovanni, due nobili romani. L’unicità di Santa Maria Maggiore è dovuta però agli splendidi mosaici del V secolo, voluti da Sisto III che si snodano lungo la navata centrale e sull’arco trionfale. I mosaici della navata centrale riassumono quattro cicli di Storia Sacra i cui protagonisti sono Abramo, Giacobbe, Mosè e Giosuè e nel loro insieme, vogliono testimoniare la promessa di Dio al popolo ebraico di una terra e il suo aiuto per raggiungerla. Il racconto, che non segue un ordine cronologico, inizia sulla parete sinistra presso l’arco trionfale con il sacrificio incruento di Melchisedek, re-sacerdote. In questo riquadro è evidente l’influenza iconografica romana. Melchisedek, rappresentato nella posa dell’offerente, ed Abramo, in toga senatoria, ricordano il gruppo equestre del Marco Aurelio. I pannelli successivi illustrano episodi della vita di Abramo anteriori al primo riquadro. Ciò ha fatto a lungo credere che ogni riquadro fosse fine a se stesso fino a quando, approfondendo lo studio dei mosaici, non si è capito che la decorazione fu studiata e voluta. Il pannello con Melchisedek serve a raccordare i mosaici della navata con quelli dell’arco trionfale dove viene raccontata l’infanzia di Cristo re e sacerdote.

Poi inizia il racconto con Abramo, il personaggio più importante dell’Antico Testamento, colui al quale Dio promette una “nazione grande e potente”; con Giacobbe, a cui il Signore rinnova la promessa fatta ad Abramo; con Mosè che libererà il popolo dalla schiavitù in cui era nato rendendolo “popolo eletto”; con Giosuè che lo condurrà nella terra promessa. Il cammino si conclude con due pannelli, realizzati ad affresco al tempo dei restauri voluti dal Cardinal Pinelli, che rappresentano Davide che conduce l’Arca dell’Alleanza in Gerusalemme e il Tempio di Gerusalemme edificato da Salomone. È dalla stirpe di Davide che nascerà Cristo la cui infanzia è illustrata, attraverso episodi tratti dai Vangeli apocrifi, nell’arco trionfale.

Nel 1995 Giovanni Hajnal realizzò una nuova vetrata nel rosone della facciata principale. In essa è raffigurata l’affermazione del Concilio Vaticano II, dove Maria, eccelsa figlia di Sion, è l’anello di congiunzione tra la Chiesa del Vecchio Testamento, rappresentata dal candelabro a sette braccia, e quella del Nuovo simboleggiata dal calice con l’Eucaristia.

L’arco trionfale si compone di quattro registri: in alto da sinistra l’Annunciazione, in cui Maria è rappresentata vestita come una principessa romana, con in mano il fuso con cui tesse un velo di porpora destinato al tempio di cui era inserviente. Il racconto prosegue con l’annuncio a Giuseppe, l’adorazione dei Magi, la strage degli innocenti. In questo riquadro è da osservare la figura con il manto azzurro che dà le spalle alle altre donne: è Santa Elisabetta che fugge con S. Giovanni fra le braccia. A destra la presentazione al Tempio, la fuga in Egitto, l’incontro della Sacra Famiglia con Afrodisio, governatore della città di Sotine. Secondo un Vangelo apocrifo, quando Gesù giunge fuggiasco a Sotine, in Egitto, i 365 idoli del capitolium cadono. Afrodisio atterrito dal prodigio e memore della fine del Faraone, va con il suo esercito incontro alla Sacra Famiglia e adora il Bambino riconoscendone la divinità. L’ultimo riquadro rappresenta i Magi al cospetto di Erode. Ai piedi dell’arco le due città di Betlemme a sinistra e Gerusalemme a destra. Se Betlemme è il luogo dove Gesù nasce e dove avviene la sua prima Epifania, Gerusalemme è la città dove Egli muore e risorge (c’è un legame con il tema apocalittico della sua definitiva venuta alla fine dei tempi, evidenziato dal trono vuoto al centro dell’arco, trono affiancato da Pietro e Paolo, il primo chiamato da Cristo a diffondere la “Buona notizia” fra gli ebrei, l’altro fra i Gentili, i pagani). Tutti insieme formeranno la Chiesa di cui Pietro è guida e Sisto III suo successore. In quanto tale e come “episcopus plebi Dei” spetta a lui condurre il popolo di Dio verso la Gerusalemme celeste. Nel XIII secolo Niccolò IV, primo Papa francescano, decise di abbattere l’abside originale e di costruire l’attuale arretrandola di qualche metro, ricavando così tra essa e l’arco un transetto per il coro. La decorazione dell’abside fu eseguita dal francescano Jacopo Torriti e i lavori furono pagati dai Cardinali Giacomo e Pietro Colonna.

Il mosaico di Torriti si divide in due parti distinte: nella conca absidale c’è l’Incoronazione della Vergine, nella fascia sottostante sono rappresentati i momenti più importanti della Sua vita. Al centro della conca, racchiusi in un grande cerchio, Cristo e Maria sono seduti su di un grande trono raffigurato come un divano orientale. Il Figlio sta ponendo sul capo della Madre la corona gemmata.

Nel mosaico Maria non è vista solo come la Madre, ma piuttosto come la Chiesa Madre, sposa del Figlio.

Ai loro piedi il sole e la luna e intorno cori di angeli adoranti a cui si aggiungono S. Pietro, S. Paolo, S. Francesco d’Assisi e il papa Niccolo IV a sinistra; Giovanni Battista, Giovanni Evangelista, Sant’Antonio e il donatore Cardinal Colonna a destra.

Nel resto dell’abside una decorazione a racemi germoglia da due tronchi posti all’estrema destra e all’estrema sinistra del mosaico. Nella fascia alla base dell’abside le scene della vita della Madonna sono disposte a destra e a sinistra della “Dormitio” collocata proprio sotto l’Incoronazione. Questo modo di descrivere la morte della Vergine è tipico dell’iconografia bizantina, ma si diffuse anche in Occidente dopo le Crociate. La Vergine è sdraiata sul letto e, mentre gli angeli si preparano a togliere dallo sguardo attonito degli Apostoli il suo corpo, Cristo prende tra le braccia la sua “anima” bianca, attesa in cielo. Torriti arricchisce la scena con due piccole figure di francescani e di un laico con il berretto duecentesco. Al di sotto della “Dormitio” papa Benedetto XIV collocò la splendida “Natività di Cristo” del Mancini. Tra i pilastri ionici sotto i mosaici, sono stati collocati da Fuga i bassorilievi di Mino del Reame che rappresentano la Nascita di Gesù, il miracolo della neve e la fondazione della basilica da parte di papa Liberio, l’Assunzione di Maria e l’Adorazione dei Magi. Sempre di Fuga è il baldacchino che sovrasta l’altare centrale davanti al quale si apre la Confessione, voluta da Pio IX e realizzata da Vespignani, dove è collocato il reliquiario della Culla. Il reliquiario è in cristallo, a forma di culla, e contiene pezzi di legno che la tradizione vuole appartenere alla mangiatoia su cui fu deposto Gesù Bambino. Fu eseguito da Valadier e donato dall’ambasciatrice del Portogallo. La statua di Pio IX, il papa del dogma dell’Immacolata Concezione è opera di Ignazio Jacometti e fu collocato nell’ipogeo per volontà di Leone XIII.

IL Pavimento
Entrando nella Basilica si rimane ammirati dalla particolarità del pavimento a mosaico dei maestri marmorari Cosma detti “cosmateschi” (sec. XIII).

Cappella Cesi
Voluta dal Cardinale Paolo Emilio Cesi e dal fratello Federico fu realizzata intorno al 1560 e non se ne conosce l’autore, anche se si ritiene che sia stata progettata da Guidetto Guidetti, in collaborazione con Giacomo Della Porta.

Regina Pacis
La statua della Regina Pacis, voluta da Benedetto XV in ringraziamento per la fine della prima guerra mondiale, è stata realizzata da Guido Galli. Sul volto della Madonna, seduta in trono “Regina Pacis e Sovrana dell’universo”, si nota un senso di tristezza.

La Cappella Sforza
A fianco dell’ingresso due lapidi ricordano che la cappella fu realizzata grazie al cardinale Guido Ascanio Sforza di Santafiora, arciprete della basilica, e suo fratello, il cardinale Alessandro Sforza Cesarini, che ne curò la decorazione eseguita nel 1573. Secondo il Vasari, autore del progetto era stato Michelangelo Buonarroti, il quale ci ha lasciato due schizzi ad esso relativi, dove è ben visibile l’originale pianta con ellissi sui lati ed un vano rettangolare che accoglie l’altare. I ritratti inseriti nei monumenti funebri e la pala d’altare (1573) sono stati attribuiti a Gerolamo Siciolante da Sermoneta (1521-1580). La tavola quadrata sull’altare è del Siciolante e rappresenta l’Assunzione della Vergine la cui scansione dei piani è ben organizzata per passare senza scosse dall’ambiente terreno a quello celeste, dove la figura di Maria siede discreta in atto di preghiera.

La tomba del Bernini
“Nobile famiglia Bernini qui aspetta la Resurrezione”. Di lato all’altare maggiore, la semplicità della lastra tombale di uno dei più grandi artisti del ‘600.

La «Custodia della Sacra Culla di Nostro Signore Gesù Cristo»

Il reliquiario opera di Giuseppe Valadier del 1802.

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