12 Aprile 2012

Religione e Rivoluzione francese. Papa Benedetto: Gesu’ entra nei nostri cuori anche se le porte sono chiuse

Filed under: articoli,Religione — giacomo.campanile @ 09:04

Religione e Rivoluzione francese

Perché durante la Rivoluzione Francese i cattolici sono stati perseguitati?

Qual’è stata l’esperienza religiosa dei cattolici di fronte alla Rivoluzione francese? 

La Rivoluzione francese e la persecuzione alla Chiesa

Le idee e le mosse politiche che hanno guidato e fatto la Rivoluzione francese, considerate al di là del cieco positivismo dei libri di storia, si presentano come aberranti e criminali: odio, soppressioni, sacrilegi, massacri e genocidi… ecco la “libertà” che doveva esser inaugurata.

Sono soltanto di questi ultimi anni la mirabile sintesi di Jean de Viguerie, Christianisme et Révolution, comparsa nel 1986 (1), e il corposo volume documentario che io stesso ho pubblicato nel 1984 con il titolo La Révolution française ou les prodiges du sacrilège (2). Fino ad allora regnavano incontrastati sulla conoscenza cattolica della Rivoluzione un democratismo cristiano e un giacobinismo clericale gravemente deformanti, con conseguenze che sono state pesanti e che continuiamo a pagare.

I nostri libri di storia ci presentano la Rivoluzione francese del 1789 come un evento altamente positivo: avrebbe portato la “libertà”. Le cose non stanno, però, così. La Rivoluzione francese fu una delle più sanguinarie e anti-cattoliche di tutta la storia.
La Rivoluzione francese del 1789 non è stata solo anti-monarchica ma anche anti-cattolica. Anzi, diversi autori affermano che essa fu, fondamentalmente, anti-cattolica. Tanto quanto si è mossa per distruggere il Trono, si è anche scagliata per abbattere l’Altare. Detestando ogni gerarchia e ogni autorità nella sfera temporale, la Rivoluzione francese non poteva tollerarle in quella religiosa.

Il suo odio ugualitario procedeva, quindi, in modo del tutto logico dal secolare allo spirituale. Niente illustra meglio questo duplice odio che il grido di Hébert: «La pace non regnerà in Francia finché l’ultimo aristocratico non sarà stato impiccato con le budella dell’ultimo prete!». Nel Parlamento rivoluzionario era frequente sentire discorsi contro «la doppia tirannia dei re e dei sacerdoti».
Il primo passo dell’assalto rivoluzionario contro la Chiesa fu l’abolizione dei privilegi ecclesiastici, decretata dall’Assemblea Nazionale la notte del 4 agosto 1789. A ciò seguì la confisca dei beni della Chiesa il 2 novembre. Tre mesi dopo, l’Assemblea proibiva i voti monastici e sopprimeva gli Ordini religiosi, scardinando completamente la struttura della Chiesa. Commenta lo storico Adrien Dansette: «Nella storia religiosa di Francia, non vi era alcun precedente di una demolizione tanto brutale quanto completa». Conserviamo questa parola: demolizione. La Rivoluzione francese cercò di demolire la Chiesa. Altroché libertà…
Il peggio, però, stava ancora per arrivare. Il 12 luglio 1790, l’Assemblea votava la Costituzione civile del clero, una legge che intendeva rimodellare la Chiesa secondo i postulati della Rivoluzione. Il principio normativo era la dottrina della sovranità popolare, secondo cui, nella Chiesa come nella società, l’autorità viene dal popolo.

La Costituzione ristrutturava completamente le diocesi e le parrocchie, rilevava il clero da ogni obbedienza al Papa (il “Re” nella Chiesa), prescriveva che tutte le cariche ecclesiastiche fossero elettive e, in pratica, trasformava i preti in funzionari del governo rivoluzionario. Era la fine della Chiesa istituita da Nostro Signore Gesù Cristo.
L’Assemblea decretò inoltre che tutti i vescovi e sacerdoti dovevano giurare fedeltà alla Rivoluzione. Era il cosiddetto “giuramento costituzionale”. Mentre solo sette vescovi su centosessanta si piegarono alla prepotenza rivoluzionaria, una forte minoranza del clero inferiore prestò il giuramento. Gli storici concordano nell’indicare come un fattore importante di questo cedimento l’assenza di qualsiasi direttiva da parte del Vaticano.

Quando, tre mesi dopo, Pio VI finalmente si pronunciò, condannando con forza la Costituzione civile del clero, la stragrande maggioranza ritrattò il proprio giuramento, esponendosi perciò alla persecuzione.
Dodicimila preti furono uccisi, mentre trentamila dovettero prendere la via dell’esilio. A questi martiri vanno aggiunte le centinaia di religiose ghigliottinate, delle quali trentadue furono beatificate nel 1925 da Pio XI.

Il sangue scorreva così copiosamente che si dovette scavare un apposito canale dalla Place de la Révolution (attuale Place de la Concorde) fino al Sena, per farlo scolare.
Durante il Terrore (1792-1794), la Rivoluzione cercò di scristianizzare la Francia. Il clero fu sistematicamente perseguitato, ogni manifestazione religiosa fu proibita. Per sostituire il Culto cattolico, la Rivoluzione francese istituì il culto alla Dea Ragione e all’Essere Supremo. La Dea Ragione era una prostituta che veniva portata nuda su una lettiga per le vie di Parigi, finendo poi nella cattedrale di Notre Dame, dove era messa sopra un altare per ricevere l’omaggio dei rivoluzionari.
Perfino la ghigliottina aveva una sua “liturgia”. Incensate come se fossero il Santissimo, alle ghigliottine erano cantate “litanie”: «Santa Ghigliottina, protettrice dei patrioti: prega per noi! Santa Ghigliottina, terrore degli aristocratici, proteggici. Macchina amabile, prega per noi. Macchina ammirabile, abbi pietà di noi. Santa Ghigliottina, liberaci dai nostri nemici».
Niente, però, si può paragonare in ferocia alla persecuzione della Rivoluzione francese contro i cattolici vandeani.
Il primo genocidio dell’epoca moderna – ancora impunito ed ampiamente insabbiato dalla storiografia ufficiale – è stato quello dei vandeani. Uomini, donne, anziani, bambini sterminati senza nessuna pietà per il solo fatto di opporsi, in quanto cattolici, alle “nuove” idee illuministe.
Già nel 1792 si ebbero in molte zone dei moti popolari che si opponevano alla Rivoluzione. Nel gennaio 1793, l’ordine del governo di una leva di 300.000 uomini, unitamente alla notizia della morte del Re e il rifiuto della Costituzione civile del clero fece esplodere la situazione in Vandea.

Un gran numero di contadini si diede alla macchia e si creò spontaneamente un “esercito vandeano”. Questo improvvisato esercito sconfisse uno dopo l’altro i reparti dell’esercito repubblicano inviati dal governo di Parigi, e riconquistò per intero il proprio territorio, sottraendolo all’occupazione rivoluzionaria. Successivamente, però, le forze inviate da Parigi, numericamente molto superiori e meglio preparate, rovesciarono la situazione ed ottennero la vittoria.
Fu allora decisa dall’Assemblea la totale cancellazione della Vandea. Perciò, il governo rivoluzionario emanò, il 19 gennaio 1793, il seguente decreto: «Ogni capo di colonna dovrà perlustrare e poi bruciare tutti i boschi, villaggi, case e aziende agricole».

A questa seguiva, il 20 aprile, un’altra disposizione: «Ogni brigante trovato con le armi in mano sarà passato alla baionetta. Si farà lo stesso con le ragazze, donne e bambini. Le persone meramente sospette non saranno risparmiate».
Non paga, la Convenzione rincarò la dose con un decreto del 1° agosto 1793: «I materiali combustibili di qualsiasi tipo saranno confiscati e inviati al Ministero della guerra per bruciare i boschi, i boschetti e i cespugli. […] Le foreste saranno abbattute, i nascondigli dei ribelli saranno distrutti, le colture saranno devastate, il bestiame sarà confiscato. […] La proprietà dei ribelli della Vandea passerà al patrimonio della Repubblica».

Tra i sistemi impiegati per spegnere il seme vandeano, spiccarono gli annegamenti in massa nel fiume Loira e i rastrellamenti da parte di grandi colonne armate, le cosiddette “colonne infernali”, al comando di generali come Westermann, Kléber, Turreau e Hoche, che attraversavano il territorio da spopolare uccidendo qualsiasi essere vivente incontrassero. Alla fine, in nome della “liberté, egalité, fraternité”, più di trecentomila vandeani saranno stati massacrati. Nulla descrive meglio l’orrore di questo genocidio che il messaggio del generale Westermann al Comitato di salute pubblica di Parigi, il 23 dicembre 1793, in seguito alla battaglia di Savenay: «Cittadini repubblicani, non c’è più nessuna Vandea! È morta sotto la nostra sciabola libera, con le sue donne e i suoi bambini. L’abbiamo appena sepolta nelle paludi e nei boschi di Savenay. Secondo gli ordini che mi avete dato, ho schiacciato i bambini sotto gli zoccoli dei cavalli, e massacrato le donne che non partoriranno più briganti. Non ho un solo prigioniero da rimproverarmi. Li ho sterminati tutti… le strade sono seminate di cadaveri. Le fucilazioni continuano incessantemente».

Papa Benedetto: Gesu’ entra nei nostri cuori anche se le porte sono chiuse

Le paghiamo chiaramente in quel modo di concepire e di presentare il Concilio Ecumenico Vaticano II che ha fatto esclamare a Maurice Clavel, un “cristiano di sinistra”, che la “filosofia” rivoluzionaria aveva ispirato tale concilio e che si era impadronita della Chiesa. E questo modo di presentare questo concilio ha portato gli uni alla rottura in nome della Tradizione, gli altri all’avventura neo-rivoluzionaria.

Fra gli amici e gli ispiratori di questi ultimi si trovano Robert Christophe, prete e storico di Lilla, e soprattutto Bernard Plongeron e Pierre Pierrard, professori al molto progressista Institut Catholique di Parigi, propagandisti — con altri progressisti — del gallicanesimo giacobino, quindi della sua Chiesa Costituzionale del tempo della Rivoluzione, condannata da Papa Pio VI.

Citta’ del Vaticano, 11 apr – ”Anche oggi il Risorto entra nelle nostre case e nei nostri cuori, nonostante a volte le porte siano chiuse”. Lo ha detto papa Benedetto XVI nella catechesi dell’udienza generale di oggi in piazza San Pietro, soffermandosi sulla ”trasformazione che la Pasqua di Gesu’ ha provocato nei suoi discepoli”. Il pontefice e’ arrivato a Roma per l’udienza in elicottero da Castelgandolfo dove sta passando qualche giorno di riposo.

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di Giacomo Campanile
redazione@vivereroma.org

”Solo Lui – ha ammonito papa Ratzinger – puo’ ribaltare quelle pietre sepolcrali che l’uomo spesso pone sui propri sentimenti, sulle proprie relazioni, sui propri comportamenti; pietre che sanciscono la morte: divisioni, inimicizie, rancori, invidie, diffidenze, indifferenze. Solo Lui, il Vivente, puo’ dare senso all’esistenza e far riprendere il cammino a chi e’ stanco e triste, sfiduciato e privo di speranza”. E’ quanto hanno sperimentato non solo i discepoli riuniti nel Cenacolo, ma anche i due discepoli che il giorno di Pasqua erano in cammino da Gerusalemme verso Emmaus. Da allora in poi, il compito dei cristiani e’ testimoniare la ”novita’ di una vita che non muore”, portata dalla Pasqua, che ”va diffusa ovunque”.

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