24 Febbraio 2012

Religione e architettura. Chiesa del Padre Misericordioso. Architetto Maier. VS Sant’Ivo alla sapienza architetto BorrominiNick si sposa

Filed under: articoli — giacomo.campanile @ 12:54

Religione e architettura.

Chiesa del Padre Misericordioso. Architetto Maier.

La chiesa di Dio Padre misericordioso, meglio nota come chiesa del Giubileo[1] o Dives in misericordia, è un luogo di culto cattolico sito a Roma, nel quartiere Alessandrino.[2] Su di essa insiste la diaconia di Dio Padre misericordioso, istituita nel 2001 da papa Giovanni Paolo II.

In vista del Giubileo del 2000, il Vicariato di Roma bandì nel 1995 un concorso internazionale di architettura: tra i progetti presentati vinse quello di Richard Meier, autore a Roma anche del nuovo edificio/bacheca che contiene l’Ara Pacis. Egli stesso presentò la sua opera davanti al papa Giovanni Paolo II in Vaticano affermando: «Le vele bianche ci condurranno verso un mondo nuovo».[3] Per realizzare il progetto venne scelta un’area periferica in un quartiere ancora in via di sviluppo, nel cui piano regolatore era già prevista la costruzione di una chiesa parrocchiale, che inizialmente doveva essere dedicata a san Silvestro Papa.

Nel marzo del 1998 venne posata la prima pietra, ma la complessità dell’opera la portò all’inaugurazione solo nell’ottobre del 2003.

Architettura
Come molte altre opere dell’architetto statunitense Richard Meier è cromaticamente bianca ed è composta da tre vele, la più alta delle quali raggiunge un’altezza di 26 metri. Le vele sono autoportanti, per realizzarle sono state suddivise in grandi pannelli prefabbricati a doppia curvatura, ciascuno del peso di 12 tonnellate. Successivamente, per montare e assemblare tali pannelli, è stata realizzata appositamente una sorta di gru specializzata alta 38 metri che sollevava il pannello e lo portava in posizione, all’altezza voluta.

La chiesa è stata costruita con uno speciale cemento, realizzato e brevettato da Italcementi, con la straordinaria capacità di autopulirsi grazie a un effetto di fotocatalisi, il cosiddetto cemento mangiasmog

Simbologia
La chiesa con le sue vele, con la navata che riprende l’idea di una barca, si rifà alla tradizione cristiana in cui la barca rappresenta la Chiesa come guida nell’impervio mare. Sin nelle prime idee dell’architetto questa chiesa doveva rappresentare la “barca della Chiesa” che solca i mari portando il suo popolo nel terzo millennio; allo stesso modo, questa parrocchia assume il ruolo di guida della zona di Tor Tre Teste in cui è costruita. Tale effetto viene accentuato dall’illuminazione: la luce delinea, nei volumi complessi, proprio l’effetto delle vele gonfiate dal vento.

Le vele sono tre, numero che simboleggia la Trinità, e sono posizionate in modo da sovrastare la chiesa comunicando un senso di protezione a chi sosta nella navata, la protezione di Dio sulla comunità Cristiana. Anche la luce è attentamente studiata dall’architetto, infatti nonostante l’intera struttura sia coperta in modo consistente da vetri la luce solare non entra mai direttamente in chiesa, tranne in un momento del pomeriggio in estate, quando da una piccola finestra la luce diretta illumina il crocifisso posto all’interno. Quest’ultimo è in cartapesta dipinta e risale al XVIII secolo.[5]

La chiesa di S.Ivo alla Sapienza

La chiesa di S.Ivo alla Sapienza (nella foto sopra) sorge all’interno del cortile del Palazzo della Sapienza, sede dell’antica Università di Roma, originariamente nata, per volontà di Papa Leone X, come cappella universitaria dedicata ai Ss.Leone papa e Fortunato martire.

A Roma la storia dell’Università ebbe inizio nel 1303 quando papa Bonifacio VIII emanò la bolla “In suprema praeminentia dignitatis” con la quale fondò lo Studium Urbis, con sede in Trastevere.

Nel 1431 Papa Eugenio IV volle dare all’Università una struttura più articolata e per questo motivo acquistò alcuni edifici nel rione S.Eustachio. Il nucleo originario di questo complesso era costituito da alcune sale del lato sud-occidentale realizzate tra il 1492 ed il 1497 su progetto di Andrea da Firenze.

Agli inizi del Cinquecento Papa Leone X, figlio di Lorenzo de’ Medici, diede un forte impulso all’Università, non soltanto fornendole una cappella e due cortili, ma soprattutto chiamando a Roma da tutta Europa studiosi famosi che conferirono prestigio all’Università. Pochi anni dopo Papa Pio IV commissionò la ricostruzione dell’edificio a Guido Guidetti, che progettò soltanto il portico del cortile perché fu sostituito, causa la sua morte, da Pirro Ligorio che iniziò l’emiciclo occidentale.

Il Palazzo della Sapienza si sviluppa nel grande isolato posto tra via dei Sediari, via del Teatro Valle, via degli Staderari, piazza di S.Eustachio ed il Corso del Rinascimento. La facciata di quest’ultimo (nella foto 1) è caratterizzata dagli angoli a bugne, da due ordini di finestre architravate o incorniciate, dall’orologio e dal campanile. Al centro della facciata di S.Ivo alla Sapienza si apre il portale sormontato da un elegante timpano triangolare e dalla seguente iscrizione: “XYSTUS V PONT MAX A II” (ovvero “Sisto V Pontefice Maximo nell’anno II del pontificato”, ossia nel 1587). Sopra il portale è situata la finestra centrale che reca la scritta da cui deriva il nome assegnato all’Università: “INITIUM SAPIENTIAE TIMOR DOMINI” (ovvero “L’inizio della sapienza è il timor di Dio”). Dal portale si accede al magnifico cortile porticato, costituito da cinque arcate sul lato breve e nove arcate più due architravate sui lati lunghi, separate da pilastri dorici con lesene ioniche addossate, tutte egregiamente in travertino.

2 Lanterna di S.Ivo

Anche l’altro lato breve, concavo, presenta cinque arcate, ma chiuse, con finestre su pilastri dorici: qui, nell’arcata centrale, si apre l’ingresso della chiesa di S.Ivo alla Sapienza, mentre sopra svetta maestosa la grande cupola del Borromini. L’intervento del grande architetto iniziò proprio su questa facciata, già esistente, con l’aggiunta dell’attico, decorato con i simboli araldici dei Chigi, le stelle ad 8 raggi e le 6 cime, in onore di papa Alessandro VII, il quale completò il palazzo dotandolo di un orto botanico e soprattutto della grandiosa Biblioteca Alessandrina, come ricorda l’iscrizione posta al centro dell’attico stesso: “ALEXANDRO VII PONT MAX OB AEDEM SAPIENTIAE TOTO AMBITU PERFECTAM ET BIBLIOTHECA HORTOQUE MEDICO INSTRUCTAM SACRI CONSISTORII ADVOCATI POSS MDCLX”, ovvero “Ad Alessandro VII Pontefice Maximo per aver portato completamente a termine il Palazzo della Sapienza e per averlo fornito di biblioteca ed orto botanico, gli avvocati del Sacro Concistoro posero (nell’anno) 1660”.

Sopra l’attico si innalza il tiburio esagonale polilobato della cupola, diviso da paraste corinzie e con grandi finestroni, sopra il quale si innalza la calotta formata da una serie di 10 gradoni, rivestiti in piombo, spezzati da eleganti contrafforti radiali, sui quali si trova una specie di voluta che termina con una sfera. Il pezzo forte è sicuramente la lanterna, con doppie colonne che la dividono in 6 sezioni concave, nelle quali si apre una finestra rettangolare, ed infine, tra fiaccole di travertino, si innalza una meravigliosa cuspide a spirale monolitica, riccamente decorata a stucchi, che termina in una fiamma, sopra la quale, in ferro battuto, vi sono una sfera, la croce e la colomba dello Spirito Santo con il ramoscello d’ulivo nel becco.

3 Api dei Barberini

L’emblema araldico di casa Barberini, l’ape, si ripete ovunque nella chiesa: la pianta stessa ha la forma di un’ape, tutto il suo corpo è una grossa ape e la spirale, originalissima, della lanterna è il pungiglione dell’ape barberiniana. S.Ivo alla Sapienza, una delle più belle chiese barocche di Roma, assunse tale nome perché gli avvocati concistoriali, che ne avevano patrocinata la costruzione, vollero fosse dedicata anche al loro santo protettore e di conseguenza il nome intero della chiesa divenne dei Ss.Leone, Ivo e Pantaleo, quest’ultimo aggiunto in un secondo momento.

Chiusa nel 1870, la chiesa fu ridotta a magazzino di libri della Biblioteca Alessandrina finché nel 1926 fu riaperta al culto e solennemente riconsacrata. Mancavano però i “babuini“, ossia le dodici statue degli Apostoli poste in origine nei nicchioni interni e che furono deposte alla metà del 1700, così brutte da meritare ampiamente il soprannome dato loro dai romani, sempre pronti a rimarcare la più piccola inezia.

Splendida è anche la pavimentazione del cortile, con grandi fasce geometriche a segnare le linee di pendenza (visibile nella foto in alto sotto il titolo), che si raccordano con due grandi chiusini (anche questi con la stella dei Chigi) per il deflusso delle acque piovane. Dal centro del cortile, ovunque si volga lo sguardo, vediamo simboli araldici: i draghi dei Boncompagni, le api dei Barberini , le aquile dei Borghese, nonché le già citate stelle e cime dei Chigi.

http://attualissimo.it/nato-

senza-gambe-e-braccia-oggi-si-sposa-la-storia-del-trascinatore-nick-vujicic/

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