26 Ottobre 2011

Chiesa Nuova.

Filed under: ARTE — giacomo.campanile @ 08:47

Piazza della Chiesa Nuova

La piazza (nella foto sopra) prende il nome dall’omonima chiesa, che, pur avendo ormai quasi quattro secoli di vita, rimane tuttavia la “Chiesa Nuova”. Questo appellativo le deriva dal fatto che la chiesa venne eretta al posto di una vecchia chiesa medioevale, “S.Maria in Vallicella“, incorporandone, in verità, anche altre due, “S.Elisabetta a Pozzo Bianco” e “S.Cecilia a Monte Giordano“. La chiesa medioevale, ricordata fin dal XII secolo, era detta “in Vallicella” perché il terreno circostante formava un piccolo avvallamento. Fondata probabilmente da Gregorio Magno alla fine del VI secolo, conservava la miracolosa immagine della Vergine col Bambino, conosciuta anche come “Madonna Vallicelliana“, precedentemente posta su un muro di una “stufa”, o bagno pubblico, che sanguinò per essere stata colpita da un sasso. Nel periodo in cui la chiesa era in demolizione, la Vergine compì un secondo miracolo, sostenendo una parte del tetto che rischiò di crollare sui fedeli che assistevano alla S.Messa. Nel 1575 la chiesa fu donata da Gregorio XIII a S.Filippo Neri, il quale, con l’aiuto tangibile dello stesso papa e del cardinal Cesi, fece edificare la nuova chiesa da Matteo da Città di Castello e da Martino Longhi il Vecchio, che fu consacrata nel 1599.

1 S.Maria in Vallicella o Chiesa Nuova

La facciata (nella foto 1), compiuta da Fausto Rughesi e terminata nel 1606, si presenta a due ordini di lesene, coronata da un timpano triangolare. Nell’ordine inferiore si apre un bel portale con un architrave coronato da un festone e dallo stemma di Angelo e Pier Donato Cesi (un albero su un monte a sei cime), i quali contribuirono alle spese per la costruzione dell’edificio, mentre sopra il timpano spezzato vi è posta una targa con l’iscrizione “DEIPARAE VIRGINI (et) S.GREGORIO MAGNO“, ovvero “Alla Vergine Maria ed a S.Gregorio Magno”. Il portale è fiancheggiato da due coppie di colonne che sostengono la trabeazione sulla quale vi è la seguente iscrizione: “ANGELUS CAESIUS EPISC TUDERTINUS FECIT ANNO DOM MDCV“, ovvero “Angelo Cesi vescovo di Todi fece nell’Anno del Signore 1605”. Infine, sul timpano che sovrasta il portale e l’iscrizione, è posta la Vergine col Bambino tra due angeli. Nel secondo ordine, al centro, si apre una finestra con balaustra, fiancheggiata da due nicchie all’interno delle quali sono poste le statue di S.Gregorio Magno (a sinistra) e di S.Girolamo (a destra). In alto, al centro del grande timpano triangolare che conclude la facciata, svetta un grande stemma dei Cesi.

2 Altare maggiore con la Madonna Vallicelliana

L’interno, a tre navate, contro l’esplicito desiderio di S.Filippo, venne decorato dopo la sua morte: Pietro da Cortona affrescò la volta, con il “Miracolo della Madonna che resse il tetto cadente“, la cupola con il “Trionfo della Trinità” e l’abside con l’Assunta con i Santi; di Pier Paolo Rubens sono le due tele ai lati dell’abside e la grande pala sull’altare maggiore dove, tra Angeli e Cherubini adoranti, fu posta l’antica immagine della “Madonna Vallicelliana” (nella foto 2); di Carlo Rainaldi è la Cappella Spada con la “Madonna in trono tra i Ss.Carlo Borromeo e Ignazio di Loyola“, opera del Maratta.

3 Cappella di S.Filippo Neri

A sinistra dell’altare si trova infine la meravigliosa Cappella di S.Filippo Neri (nella foto 3), dove riposa la salma dell’apostolo di Roma, affettuosamente ricordato dai romani come “Pippo bbono“: si dice che uno dei muri della Cappella sia quello della stanza dove il santo morì, risparmiato dal fuoco che vi scoppiò nel 1620 e dal piccone demolitore che demolì la vecchia casa in occasione dei lavori per l’apertura del Corso Vittorio Emanuele II.

4 Oratorio dei Filippini

A fianco della chiesa vi è l’Oratorio dei Filippini (nella foto 4), i membri dell’Ordine di S.Filippo Neri, costruito nel 1575. Il genio del Borromini realizzò la bella facciata leggermente concava e riccamente ornata, la volta piana ed i giochi prospettici all’interno, tra il 1637 ed il 1643. Il termine “oratorio” si riferisce alla funzione svolta dal luogo, dove S.Filippo faceva eseguire composizioni musicali. Dopo il 1870 parte del convento e l’oratorio furono espropriati dallo Stato italiano e destinati a sede della Corte d’Assise: l’aula borrominiana divenne così un’aula di tribunale, mentre i piani superiori divennero la sede degli uffici giudiziari. Tutto ciò provocò lo sdegno di quanti ricordavano il rispetto in cui era tenuto il luogo sacro, denso di memorie di S.Filippo: difatti, per quanto si cercasse di tramutare il sacro in profano, non fu possibile rimuovere il pulpito di legno destinato “per li sermoni” e neppure la statua di S.Filippo, che rimase al suo posto. Il sacro complesso vide per una quarantina d’anni (sino al 1911) sfilare personaggi d’ogni genere e risma, anche i protagonisti dei più celebri processi della Roma fine Ottocento: l’on. Giuseppe Luciani, processato per l’omicidio di Raffaele Sonzogno, direttore del quotidiano “La Capitale”; il sen. Bernardo Tanlongo, governatore della Banca Romana, il cui dissesto finanziario del 1893 minacciò di travolgere un uomo della statura di Giovanni Giolitti; il pittore Giuseppe Pierantoni, processato per l’uccisione, il 30 settembre 1906, di Evelina Cattermole Mancini, detta la Contessa Lara, poetessa e scrittrice di una certa notorietà. Nel 1911 il convento fu restituito ai Filippini, mentre l’oratorio rimase allo Stato: in particolare qui, al secondo piano dello stabile, risiede la Biblioteca Vallicelliana, appartenente al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dove sono conservate, tra le altre cose, raccolte riguardanti la storia della Chiesa, in particolare Riforma e Controriforma, e testi inerenti la cultura e la storia di Roma e del Lazio, presenti soprattutto nei fondi della Società Romana di Storia Patria, consultabili presso la Biblioteca.

5 Monumento a Metastasio

A decorare la piazza fu sistemata, nel 1910, la statua in marmo dedicata a Pietro Trapassi (nella foto 5), meglio conosciuto con il nome grecizzato di Metastasio (1698-1782), drammaturgo e poeta eccelso, forse il più grande del Settecento, nato nella vicina via dei Cappellari. La statua, firmata dal fiorentino Emilio Gallori, originariamente fu collocata in piazza di S.Silvestro, dove fu inaugurata il 21 aprile 1886 e da dove traslocò per motivi di intralcio al traffico. Ma gli spostamenti non finiscono qui.

6 Fontana delle Terrina

Infatti nel 1924 piazza della Chiesa Nuova fu ornata con una fontana che, in passato, era situata a Campo de’ Fiori. La fontana (nella foto 6), eseguita su disegno di Giacomo Della Porta nel 1581, originariamente era costituita da una tazza ovale di marmo bianco e decorata con quattro delfini bronzei (quelli preparati e mai utilizzati per la Fontana delle Tartarughe). Nel 1622 papa Gregorio XV fece apporre sopra la fontana un coperchio di travertino, con al centro una palla, molto probabilmente per evitare che la fontana continuasse ad essere un ricettacolo di immondizia. Il risultato fu che la fontana risultò talmente somigliante ad una zuppiera che i romani la battezzarono “la Terrina”: in questa occasione furono anche tolti i quattro delfini ornamentali, poi scomparsi. Sul coperchio vi è una strana iscrizione: “Ama Dio e non fallire, fa del bene e lascia dire“, con la data MDCXXII (1622), probabilmente ispirata ai condannati al patibolo che sorgeva permanentemente vicino alla fontana quando questa si trovava a Campo de’ Fiori.

Basilica di San Lorenzo in Damaso. ROMA

Filed under: ARTE — giacomo.campanile @ 08:41

Piazza della Cancelleria

La piazza prende il nome dal Palazzo della Cancelleria (nella foto sopra), un eccellente esempio di architettura del primo Rinascimento, che fu edificato tra il 1486 ed il 1513. La prima struttura risale al IV secolo, quando papa Damaso costruì un palazzo cardinalizio con funzione di archivio dell’attigua chiesa di S.Lorenzo in Damaso. L’edificio fu restaurato nel Quattrocento dal cardinale Ludovico Scarampi Mezzarota, ma nel 1483 il cardinale Raffaele Riario, nipote di Sisto IV Della Rovere, fece demolire il palazzo e ne fece costruire uno nuovo, finanziando l’opera in grande stile, in seguito, si dice, ad una forte vincita al gioco.

1 Stemma Della Rovere

I lavori si protrassero fino al 1495 e richiesero ulteriori spese sostenute da papa Giulio II Della Rovere: sull’angolo dell’edificio con via del Pellegrino si può notare infatti lo stemma dei Della Rovere con la sottostante scritta “IULIO II PONT MAX” (nella foto 1). Il nome dell’architetto rimane sconosciuto, anche se si propende ad identificarlo con Antonio da Montecavallo. Nel XVI secolo il palazzo divenne la sede della Cancelleria Apostolica, detta “Nuova” per distinguerla da quella “Vecchia” che invece si trovava nel palazzo Sforza Cesarini: papa Leone X Medici lo confiscò in seguito al grave scandalo che coinvolse il cardinale Riario, coinvolto, insieme ai cardinali Petrucci e Saulis, nella congiura contro lo stesso Leone X. Il palazzo divenne dimora stabile del Cancelliere di Santa Romana Chiesa e dei vice-cancellieri. Qui il cardinale Colonna firmò la resa a Carlo V, con le note conseguenze del Sacco di Roma, durante il quale il palazzo fu bruciato ed andò perduto l’archivio: il restauro si ebbe sotto Sisto V e fu compiuto da Domenico Fontana. Nel 1798 l’edificio fu sede del Tribunale della Repubblica Romana e nel 1810 della Corte Imperiale napoleonica, come si legge nella scritta posta sopra la finestra del balcone sovrastante l’ingresso. Nel 1848 vi risiedette la Camera dei Deputati dello Stato Pontificio e fu proprio in questa occasione che, sulla scalinata del palazzo, venne pugnalato a morte il primo ministro di Pio IX, Pellegrino Rossi, mentre si recava ad una seduta del Consiglio. Dopo il 1870 l’edificio rimase sede del Cardinale Cancelliere di Santa Romana Chiesa col privilegio di extraterritorialità, confermato poi dai Patti Lateranensi nel 1929. L’edificio, molto danneggiato nei secoli XVII e XVIII, venne restaurato dall’architetto Vespignani quando fu aperto Corso Vittorio Emanuele II. Scaduta d’importanza ed infine soppressa, la Cancelleria cedette il palazzo ai Tribunali del Vaticano: attualmente è sede infatti della Sacra Rota, famosa per le cause di annullamento dei matrimoni, e della Segnatura Apostolica, funzionante come tribunale supremo. La facciata principale sulla piazza (nella foto in alto sotto il titolo) si compone di uno zoccolo a bugne lisce in travertino e tre piani con finestre arcuate e riquadrate, graziosamente incorniciate. Nella fascia più in alto vi è la seguente iscrizione: “RAPHAEL RIARIUS SAVONENSIS SANCTI GEORGII DIACONUS SANCTAE ROMANAE ECCLESIAE CAMERARIUS A SIXTO IIII PONTIFICE MAXIMO HONORIBUS AC FORTUNIS HONESTATUS TEMPLUM DIVO LAURENTIO MARTYRI DICATUM ET AEDIS A FUNDAMENTIS SUA IMPENSA FECIT MCCCCLCCCCV ALEXANDRO VI P.M.“; ossia “Il savonese Raffaele Riario, cardinale diacono di S.Giorgio e Camerlengo di Santa Romana Chiesa, colmato di onori e di ricchezze da Sisto IV, costruì a proprie spese dalle fondamenta il tempio dedicato a S.Lorenzo martire e il palazzo nel 1495 sotto il pontificato di Alessandro VI Pontefice Maximo”. L’edificio fu edificato con il bianco travertino proveniente dal Colosseo e dal vicino Teatro di Pompeo, da cui derivano anche le colonne che ornano il bellissimo cortile interno, opera del Bramante. Le rose, emblema della famiglia Riario, ornano le finestre più alte e le volte ed i capitelli delle colonne del cortile. Imponente il portale barocco, affiancato da due colonne di granito provenienti dal Septizodium, sulle quali poggia l’architrave con la scritta “AN SALUT MDLXXXIX SIXTI V PONTIF ANN V”, ovvero “Nell’anno di Redenzione 1589, quinto del pontificato di Sisto V”; sopra il portale è situato un balcone con finestra, aggiunto nel restauro cinquecentesco del Fontana. L’arco di ingresso è ornato da due leoni con il ramo di pere, elementi dello stemma di Alessandro Peretti, cardinale vice-cancelliere e pronipote di Sisto V, che lo fece eseguire.

2 Cortile del palazzo della Cancelleria

Oltrepassato il portale si accede al cortile bramantesco (nella foto 2), a tre ordini, di cui i primi due ad arcate aperte poggianti su colonne di granito appartenute all’antica chiesa di S.Lorenzo in Damaso e su quattro pilastri di marmo e granito, il terzo a parete di laterizio scandita da lesene con capitelli compositi tra le quali si aprono finestre architravate ed arcuate. I pennacchi delle arcate al pianterreno presentano scudi con la rosa dei Riario; al piano nobile si alternano semplici rose a stemmi del cardinale Riario. Dal grandioso scalone che porta al piano del loggiato, con un bel portale quattrocentesco in marmo, si arriva alla “Sala Regia” ed al “Salone dei 100 giorni”, cosiddetto perché Giorgio Vasari si vantò di aver affrescato in soli 100 giorni la grande sala al primo piano con il celebre incontro fra Paolo III Farnese, Carlo V e Francesco I avvenuto a Nizza nel 1538: altrettanto celebre fu la risposta di Michelangelo che disse: “Si vede!”. L’altro portale, opera del Vignola, consente l’accesso alla basilica di S.Lorenzo in Damaso, fondata da papa Damaso nel IV secolo. Originariamente la sua facciata era su via del Pellegrino ma fu demolita nel 1484 per la ricostruzione del palazzo, nel quale, poi ricostruita, venne incorporata: l’artefice fu Donato Bramante. Nel 1640 il Bernini trasformò il presbiterio con un’abside a due ordini di paraste. La chiesa fu sconsacrata in epoca napoleonica, quando fu ridotta a scuderia e stalla, ma fu poi ristrutturata dal Valadier, con l’avanzamento del presbiterio di due campate e la riduzione della navata centrale. L’incendio del 31 dicembre 1939 provocò gravi danni per cui Pio XII fece ristrutturare completamente l’edificio da Virginio Vespignani, cancellando così sia i cambiamenti del Bernini che quelli del Valadier.

3 Interno di S.Lorenzo in Damaso

L’interno (nella foto 3) conserva la struttura tardo-quattrocentesca a tre navate, preceduto da un vestibolo con volta a crociera. Numerose le opere d’arte ivi custodite, come la tomba del Primo Ministro Pellegrino Rossi (opera del Tenerani nel 1854) e quella di Annibal Caro (opera del Dosio nel 1597), il traduttore dell’Eneide di Virgilio. Nel vestibolo è situata la statua di “S.Carlo Borromeo” di Stefano Maderno, mentre sull’altare maggiore, sotto il quale sono custoditi i corpi dei santi Damaso e Eutichiano, è situata la pala d’altare raffigurante l’Incoronazione di Maria, opera di Federico Zuccari. Degna di menzione la Cappella Ruffo, progettata da Nicola Salvi, che disegnò anche la fontana di Trevi, su incarico del cardinale Tommaso Ruffo, con la pala d’altare opera di Sebastiano Conca del 1743.

4 Vergine di Grottapinta

Nella navata sinistra è situata la Cappella della Ss.Concezione, opera di Pietro da Cortona, nella quale è custodita la “Madonna Avvocata“, conosciuta anche come la “Vergine di Grottapinta” (nella foto 4), una tavola del XII secolo di ambito bizantino, un tempo situata nella chiesa di S.Maria di Grottapinta. Piazza della Cancelleria fu l’antenata dell’attuale “mercato delle pulci” di Porta Portese, perché un mercato simile si tenne in questa piazza fino agli inizi del ‘900. Vale la pena ricordare due osterie che sorgevano qui nell’Ottocento: al civico 64 l’Osteria dei Beccamorti ed al civico 84 quella del Trapasso.

5 Fontana

Nel quadro della ricostruzione delle antiche fontane rionali di Roma a cura del Comune, fu realizzata, nel 1930, una fontana (nella foto 5) su disegno di Publio Morbiducci e posta nella rientranza della piazza, di fronte al palazzo della Cancelleria. L’ovale al centro della fontana si riferisce allo stemma cardinalizio del cardinale Ludovico Scarampi Mezzarota (l’antico proprietario del Palazzo della Cancelleria), inscritto in un triangolo, con la base poggiante su due cippi marmorei, il cui vertice è sovrastato da una sfera cuneata. Un cappello cardinalizio con nappi e cordoni completa la figurazione interna del triangolo che contiene, nella parte inferiore dell’ovale, un piccolo rosone al centro del quale è inserita una cannella da cui esce l’acqua che si raccoglie entro una vasca di forma rettangolare, sollevata su due alti sostegni, che presenta sul fronte la sigla del Comune di Roma e ai lati due pilastrini cilindrici.

Chiesa di Sant’Agnese in Agone

Filed under: ARTE,LEZIONI DI RELIGIONE — giacomo.campanile @ 08:40

Sant’ Agnese Vergine e martire. 21 gennaio

Roma, fine sec. III, o inizio IV

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Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, di una illustre famiglia patrizia, nel III secolo.

Quando era ancora dodicenne, scoppiò una persecuzione e molti furono i fedeli che s’abbandonavano alla defezione. Agnese, che aveva deciso di offrire al Signore la sua verginità, fu denunciata come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di lei ma respinto.

Fu esposta nuda al Circo Agonale, nei pressi dell’attuale piazza Navona. Un uomo che cercò di avvicinarla cadde morto prima di poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per intercessione della santa.

Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue orazioni, fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli. Per questo nell’iconografia è raffigurata spesso con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio.

La data della morte non è certa, qualcuno la colloca tra il 249 e il 251 durante la persecuzione voluta dall’imperatore Decio, altri nel 304 durante la persecuzione di Diocleziano.

Patronato: Ragazze

Etimologia: Agnese = pura, casta, dal greco

Emblema: Agnello, Giglio, Palma

Martirologio Romano: Memoria di sant’Agnese, vergine e martire, che, ancora fanciulla, diede a Roma la suprema testimonianza di fede e consacrò con il martirio la fama della sua castità; vinse, così, sia la sua tenera età che il tiranno, acquisendo una vastissima ammirazione presso le genti e ottenendo presso Dio una gloria ancor più grande; in questo giorno si celebra la deposizione del suo corpo.

Breve Video   Chiesa di Sant’Agnese in Agone

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«Una piccola chiesa meravigliosa: la facciata, con i suoi avancorpi e le sue rientranze, è tanto bella quanto singolare»
(Montesquieu)
La chiesa di Sant’Agnese in Agone (latino: Ecclesia Sanctæ Agnetis in Agone) si trova al centro del lato occidentale di Piazza Navona, a Roma. È intitolata a sant’Agnese, una fanciulla che secondo la tradizione cattolica fu martirizzata all’età di dodici anni durante la persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano nello stadio di Domiziano, che si trovava esattamente sullo stesso posto occupato ora dalla piazza e del quale la piazza ricalca la forma. Nell’VIII secolo il posto divenne un luogo di culto.

S.Cecilia in Trastevere. ROMA

Filed under: ARTE — giacomo.campanile @ 08:39

S.Cecilia in Trastevere

La Basilica di S.Cecilia (nella foto sopra), situata nella piazza omonima, sorge sulla casa della martire romana Cecilia e di suo marito Valeriano. Gli scavi sotto la chiesa, effettuati durante il restauro del 1899, evidenziarono effettivamente un gruppo di antichi edifici di età repubblicana con muri in opera quadrata di tufo ed una colonna dorica. In fondo ad una nicchia vi è un rilievo in tufo rappresentante “Minerva” davanti ad un altare. L’edificio mostra restauri e rifacimenti di età successiva, dal II al IV secolo d.C., quando venne unificato con altre costruzioni già esistenti e risalenti all’età repubblicana. Oltre a diversi ambienti costruiti in opera laterizia e con resti di mosaici pavimentali, vi è anche una grande stanza caratterizzata dalla presenza nel pavimento di sette vasche cilindriche in mattoni, forse utilizzate per la concia delle pelli: ciò fa supporre che possa trattarsi dei “Coraria Septimiana“, una manifattura per la lavorazione delle pelli che sappiamo essere stata in questa regio XIV. La casa fu trasformata in “titulus“, denominato “Caeciliae“, già nel V secolo finché S.Gregorio Magno fece costruire la basilica primitiva nel VI secolo. La Passio di S.Cecilia narra che la giovane fosse stata data in sposa al nobile Valeriano, che convertì nel giorno del matrimonio comunicandogli il suo voto di castità. Valeriano ed il fratello Tiburzio, anch’esso convertito al cristianesimo, si dedicavano alla sepoltura dei corpi dei martiri cristiani che incontravano lungo la strada, contravvenendo ad un ordine del prefetto Almachio e per questo motivo vennero arrestati e, dopo atroci torture, decapitati. Cecilia, che pregava sulla tomba del marito e del cognato, venne chiamata davanti al prefetto che ne ordinò la morte per soffocamento nella sua stessa camera da bagno (oggi i sotterranei della chiesa, dove tuttora si trova il “calidarium“). Dopo un giorno ed una notte, però, la giovane non era ancora stata soffocata dai vapori caldissimi ed allora il prefetto ordinò che venisse decapitata: tre colpi di spada non riuscirono a staccarle la testa dal collo ed il boia la lasciò sul patibolo nel suo sangue. Cecilia morì dopo tre giorni di agonia duranti i quali convertì tutti i suoi familiari al cristianesimo.

1 Statua di S.Cecilia

Per molto tempo il corpo della santa non fu trovato, finché nell’820 venne rinvenuto nelle catacombe di S.Callisto, miracolosamente intatto ed avvolto in una veste candida trapuntata d’oro. Nell’821 papa Pasquale I fece trasportare il corpo della santa nella chiesa di S.Cecilia e fu in questa occasione che ne ordinò la ricostruzione. Nel corso dei restauri avvenuti fra i secoli XII e XIII furono costruiti il portico, il campanile ed il chiostro; nel 1540 fu aggiunto il coro e nel 1600 furono realizzati la nuova confessione, il rialzamento del presbiterio e gli altari laterali. Nel 1599 il cardinale Sfondrati, nel corso di ulteriori restauri, fece riesumare anche il corpo della santa per valutarne lo stato di conservazione: questo fu rinvenuto, ancora in perfetto stato, in una cassa di cipresso contenuta a sua volta entro un’urna di marmo, “con la veste di seta intarsiata con fili d’oro, scalza, con un velo rivolto intorno alli capelli, giacendo con la faccia rivolta in terra, con li segni del sangue e di tre ferite sul collo“.

2 Ingresso barocco

Il corpo, esposto per un mese alla venerazione dei fedeli “sopra un ricchissimo talamo, in una stanza munita di grosse inferriate e vigilata continuamente dalla Guardia Svizzera e per impedire la folla di carrozze furono sbarrate tutte le strade di Trastevere” e poi venne sepolto nella cripta all’interno di una sfarzosa cassa di 254 libbre d’argento. In questa occasione il cardinale Sfondrati commissionò a Stefano Maderno la celebre statua marmorea della santa (nella foto 1), situata di fronte all’altare e riprodotta nella medesima posizione in cui fu ritrovata: è interessante osservare la posizione delle dita che indicano la Trinità, ovvero l’indice alzato della mano sinistra ed il pollice, l’indice ed il medio alzati della mano destra. Una copia della scultura (effettuata da Mc Bride di New York) fu deposta anche nelle catacombe di S.Callisto, nella cripta dove fu rinvenuto il corpo. Il 22 novembre 1740 (giorno della festa di S.Cecilia) papa Benedetto XIV venne in visita privata in questa basilica e le monache regalarono al pontefice un reliquario d’oro contenente un piccolo pezzo di pannolino intriso nel sangue della santa. Ulteriori restauri avvennero nel XVIII secolo per volontà dei cardinali Troiano Acquaviva e Giacomo Doria: proprio a questi lavori si deve il monumentale prospetto barocco (nella foto 2), opera di Ferdinando Fuga, costituito da quattro colonne sulle quali poggia una lunga trabeazione ed un timpano spezzato che reca lo stemma del cardinale Acquaviva, ovvero due leoni rampanti, alcuni gigli di Francia e croci a due bracci trasversali.

3 Cantharus paleocristiano

Il portale immette in un vasto cortile in mezzo al quale si trova una vasca quadrata sormontata da una grande anfora in pietra (nella foto 3), di origine paleocristiana, ricavata da un antico “cantharus“, ovvero un vaso per le abluzioni rituali che i fedeli utilizzavano prima di entrare in chiesa, il cui ricordo resta nel nostro uso di bagnare le dita nella vasca dell’acqua benedetta. Il giardino è chiuso sui due lati dal monastero delle suore francescane a destra e da quello delle suore benedettine a sinistra. La facciata della basilica, anch’essa opera del Fuga, è semplice, preceduta da un portico a quattro colonne ioniche con architrave, decorato da un mosaico del XII secolo in cui vi sono alcuni dischi con effigie di santi e dalla soprastante iscrizione “FRANCISCUS TITU SANCTA CAECILIA CAR DE ACQUAVIVA“, ulteriore riferimento al cardinale Acquaviva. Nelle pareti del portico sono murati frammenti di tombe e lapidi: sulla destra è situato il monumento funebre del cardinale Sfondrati.

4 Campanile

Il campanile (nella foto 4) è composto di cinque ordini: i primi due sono a bifora a pilastro, gli ultimi tre a trifora con colonnine, capitelli a stampella ed archetti a doppia ghiera. La cella campanaria ospita una piccola campana del XIII secolo ed altre due donate nel 1344 dal cardinale titolare della chiesa Guido de Boulogne. L’interno è diviso in tre navate da massicci pilastri quadrati che inglobano le antiche colonne della basilica. Nell’abside vi è il grande mosaico raffigurante il “Redentore con i Ss.Agata, Paolo, Pasquale I, Pietro, Valeriano e Cecilia”. Nel presbiterio si trova la grande opera in stile gotico di Arnoldo di Cambio risalente al XIII secolo, mentre nella volta campeggia il grandioso affresco di Sebastiano Conca, “Il Trionfo di S.Cecilia”, realizzato nel 1724.

17 Ottobre 2011

Sant’ Ignazio di Antiochia

Filed under: articoli,SANTI — giacomo.campanile @ 08:05

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Sant’Ignazio, vescovo e martire, discepolo di san Giovanni Apostolo, resse per secondo dopo san Pietro la Chiesa di Antiochia, muorì nel 107.

Terzo vescovo di Antiochia, in Siria, terza metropoli del mondo antico dopo Roma e Alessandria d’Egitto. Non era cittadino romano, convertendosi in età non più giovanissima. Mentre era vescovo ad Antiochia, l’Imperatore Traiano dette inizio alla sua persecuzione. Arrestato e condannato, Ignazio fu condotto, in catene, da Antiochia a Roma dove si allestivano feste in onore dell’Imperatore e i cristiani dovevano servire da spettacolo, nel circo, sbranati dalle belve. Durante il viaggio da Antiochia a Roma, Ignazio scrisse sette lettere, in cui raccomandava di guardarsi dagli errori degli Gnostici, di mantenere l’unità della Chiesa. Di un’altra cosa poi si raccomandava, soprattutto ai cristiani di Roma: di non intervenire in suo favore e di non salvarlo dal martirio. Nell’anno 107 fu dunque sbranato dalle belve verso le quali dimostrò grande tenerezza. «Accarezzatele ” scriveva ” affinché siano la mia tomba e non faccian restare nulla del mio corpo, e i miei funerali non siano a carico di nessuno»

Le sue lettere esprimono calde parole d’amore a Cristo e alla Chiesa. Appaiono per la prima volta le espressioni “Chiesa cattolica” e “Cristianesimo”, che sono ritenuti neologismi creati da lui. Le Lettere di Ignazio sono una finestra aperta per conoscere le condizioni e la vita della chiesa del suo tempo. In particolare appare per la prima volta nelle sue lettere la concezione tripartita del ministero cristiano: vescovo, presbiteri, diaconi. Altro tema significativo è la confessione della vera umanità di Cristo contro i docetisti, i quali sostenevano che l’incarnazione del Figlio di Dio fosse stata solo apparente.

13 Ottobre 2011

COLORARE LA BIBBIA

Filed under: Senza Categoria — giacomo.campanile @ 08:59

DISEGNI DA COLORARE SUI PERSONAGGI DELLA BIBBIA

6 Ottobre 2011

Festa di San Francesco d’Assisi Patrono d’Italia

Filed under: articoli,MONTALE,SANTI — giacomo.campanile @ 09:14
immagineFrancesco nacque ad Assisi nel 1181, nel pieno del fermento dell’età comunale. Figlio di mercante, da giovane aspirava a entrare nella cerchia della piccola nobiltà cittadina.

Di qui la partecipazione alla guerra contro Perugia e il tentativo di avviarsi verso la Puglia per partecipare alla crociata. Il suo viaggio, tuttavia, fu interrotto da una voce divina che lo invitò a ricostruire la Chiesa. E Francesco obbedì: abbandonati la famiglia e gli amici, condusse per alcuni anni una vita di penitenza e solitudine in totale povertà. Nel 1209, in seguito a nuova ispirazione, iniziò a predicare il Vangelo nelle città mentre si univano a lui i primi discepoli insieme ai quali si recò a Roma per avere dal Papa l’approvazione della sua scelta di vita. Dal 1210 al 1224 peregrinò per le strade e le piazze d’Italia e dovunque accorrevano a lui folle numerose e schiere di discepoli che egli chiamava frati, fratelli. Accolse poi la giovane Chiara che diede inizio al secondo ordine francescano, e fondò un terzo ordine per quanti desideravano vivere da penitenti, con regole adatte per i laici. Morì nella notte tra il 3 e il 4 ottobre del 1228. Francesco è una delle grandi figure dell’umanità che parla a ogni generazione. Il suo fascino deriva dal grande amore per Gesù di cui, per primo, ricevette le stimmate, segno dell’amore di Cristo per gli uomini e per l’intera creazione di Dio.

Scrisse il “Cantico delle creature” primo capolavoro della letteratura italiana.

PER L’OTTIMO RACCONTA UN EPISODIO DELLA VITA DI S.FRANCESCO CHE TI HA COLPITO.

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